MESSINA. Dopo le recenti dichiarazioni di Luigi Genovese (“Il primo passo è mandare a casa Accorinti, poi si vedrà”), arriva immediata la replica di Ketty Bertuccelli, candidata all’Ars per la lista “Cento Passi per la Sicilia – Claudio Fava Presidente”, che risponde per le rime. «Le sue sono parole inequivocabili, che strappano oggi un sorriso amaro – scrive l’attivista di Cambiamo Messina dal Basso –  Viene da chiedersi da dove abbia desunto che un deputato alla Regione ha facoltà di destituire un Sindaco, ma lasciando da parte la facile ironia che una pretesa tanto insolente e illegittima suscita, bisogna affrontare politicamente la questione, essere capaci di leggere in cosa si traduce concretamente questo sfoggio gratuito di potere».
«La grammatica politica che mi appartiene si rivela subito distante, opposta: per me, per noi, un Sindaco, qualsiasi Sindaco – prosegue la Bertuccelli –  va destituito o confermato dalle/dagli abitanti di una città e non da chi ha trattato e continua a trattare Messina come un feudo. Dalle parole del candidato di Forza Italia si evince l’acredine di tutto un ceto politico, di un potentato economico, che non accetta ancora oggi di aver perso il 24 giugno 2013, a cui risulta in definitiva inaccettabile non avere più le mani sulla città. Perché a Messina, prima della magistratura, aveva deciso la città; una città che ha avuto il coraggio di iniziare a sognare una storia diversa. Che ha bisogno di essere umanamente portata avanti lontano dall’arroganza politica di chi non si vergogna a proporsi, a presentarsi, una volta cambiata casacca, convinto di trasportare voti qui e lì all’occorrenza. Penso ai manifesti attaccati negli spazi elettorali, al mio volto spesso accanto al suo, all’ilarità che questo ha generato in me e nei ragazzi che in questi giorni si sono dedicati al posizionamento negli spazi elettorali appositi», si legge nella nota.
«La Sicilia, quella che Genovese Jr., dislocato a Roma in una prestigiosa facoltà privata, finge di non conoscere – conclude la Bertuccelli –  è una terra con il tasso di dispersione scolastica molto più alto della media nazionale, con picchi preoccupanti a Palermo e Catania,  ed è l’unica regione in Italia priva di una legge sul diritto allo studio: questo crea un’inevitabile ed inammissibile divisione in classi, tra chi può permettersi di studiare e chi non può, uno squilibrio da cui Genovese Jr. e quelli come lui traggono la propria forza. Rendere effettivo il diritto allo studio, liberare la fruizione del sapere, dovrebbe essere il primo punto di ogni lotta politica perché la cultura e l’istruzione sono beni comuni da tutelare, ossatura politica che permette a tutte le cittadine ed i cittadini di elevarsi, di sfuggire alla categoria dell’oggetto e farsi soggetti coscienti e attivi. Perché la cultura serve a non servire».
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