MESSINA. È bastata meno di una settimana per mandare in fumo, in tutta la provincia di Messina, poco meno di 4500 ettari di boschi, campagne e macchia mediterranea (oltre a strade, qualche casa e un’area di servizio): quasi tremila di questi localizzati nell’area del solo comune di Messina. È il risultato della settimana di fuoco che dal 21 al 27 luglio ha visto Messina, ma in genere la Sicilia (e tutto il sud Europa) bruciare letteralmente a causa di oltre un centinaio di incendi, e figurativamente con un soffocante vento di scirocco e temperature costantemente (e a volte di molto) sopra i 40 gradi: circostanza questa che ha fatto di luglio 2023 il mese più caldo mai registrato. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: un territorio ancora fumante che si lecca le ferite e spera per il meglio in vista dell’autunno che verrà.

 

Si inizia il 21 luglio, con 150 ettari, localizzati perlopiù in città: brucia, a più riprese, la collina e la vallata del torrente Trapani, con fuochi che continuano per tutta la giornata, uno via l’altro, mentre sulle montagne sopra Giampilieri vanno in fumo una sessantina di ettari di bosco. È l’inizio di una settimana di fuoco, letteralmente.

 

Il fuoco grazia Messina per tre giorni, ma il 25 luglio si riprende con gli interessi quello che aveva risparmiato: in una sola giornata finiscono in cenere 10 ettari a Furci, 60 accanto all’abitato di Mandanici, altrettanti sopra Terme Vigliatore, 120 sopra Torrenova e San Marco d’Alunzio, In città invece bruciano 110 nelle colline di Galati, altrettanti a Santo Stefano, quasi 300 sopra Ortoliuzzo, proprio a ridosso dell’autostrada A20, prima del casello di Ponte Gallo in due roghi appiccati uno dopo l’altro.

Il vero dramma, però, si compie mercoledì 26, ultimo giorno di caldo asfissiante e di scirocco dirompente, combinazione letale che provoca la carbonizzazione di 1200 ettari a ridosso di Tindari, con una stazione di servizio cancellata dal fuoco e l’autostrada interrotta e soprattutto l’immenso rogo da quasi 1600 ettari che per tutto il giorno e la notte ha bruciato le colline della zona nord di Messina, dall’Annunziata a Tono, da Castanea alla statale 113. Non sono gli unici fuochi: a Santa Stefano di Camastra bruciano 80 ettari, tra il mare e le colline, a Mandanici riprende il rogo di tre giorni prima, stavolta incenerendo 210 ettari di collina, mentre tra Taormina e Letojanni da un giorno ci sono fuochi su 230 ettari che provocano la chiusura dell’autostrada. È la giornata peggiore, con Messina praticamente isolata dai collegamenti via terra, con le autostrade chiuse, la statale 113 interrotta dopo Granatari per le fiamme di Tono, e i colli San Rizzo dilaniati dalle fiamme.

Il 27 arriva un po’ di refrigerio, il vento si placa, e in città rimane il fumo, ma niente più roghi attivi, se non qualche focolaio che non desta eccessiva preoccupazione in città, ma con un incendio piuttosto importante da 213 ettari sopra Santa Teresa di Riva.

(tutti i dati sono tratti dal portale Copernicus Emergency Management Service della Commissione europea)

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