Domenica scorsa Lettera Emme ha compiuto 5 anni. “I migliori anni della nostra vita”, vorremmo dirvi. Ma vi diremmo una bugia, e noi non pubblichiamo fake news. La verità è che non c’è molto da festeggiare. Stiamo affrontando (tutti quanti) uno dei periodi più difficili di sempre, che ha condizionato e continua a condizionare la vita di milioni di persone, e ancora non riusciamo a vedere la luce in fondo al tunnel. Anche per l’editoria non è un bel momento. I soldi sono sempre meno (scherziamo, in realtà abbiamo in tasca i milioni di euro sotto banco che abbiamo ricevuto da Bill Gates, big pharma, i teorici del 5g e le forze occulte) e si fa francamente fatica ad andare avanti con l’energia e l’entusiasmo necessari a non annegare nella palude del “minimo indispensabile”. Soprattutto se si ha l’intenzione di fare vero giornalismo, senza compromessi. Soprattutto in una realtà complessa e disgraziata come quella messinese. Ciò nonostante andiamo avanti, confortati dai numeri in continua crescita e dai tanti riconoscimenti da parte dei lettori e degli enti, organismi e fondazioni che si occupano di giornalismo.
Tante cose sono cambiate da quel “lontano” 16 gennaio 2017. Sono cambiati gli assetti politici, è mutata la città, abbiamo dovuto fare i conti con una pandemia mondiale e ci siamo ritrovati tutti più cattivi e astiosi dopo aver tirato lo sciacquone sugli “andrà tutto bene” e sulla convinzione che ne saremmo usciti migliori. Ciò che non è mutato è la passione per questo mestiere, che ci dà la forza di andare avanti nonostante tutte le difficoltà. In questi cinque anni crediamo (no, “siamo convinti”, anche con un pizzico di presunzione) di aver offerto una voce alternativa, autorevole e soprattutto attendibile nel panorama informativo locale: è costato sudore, ore piccole, molti sacrifici e pressochè totale annientamento della vita sociale, ma con sangue, sudore e lacrime si è vinta la seconda guerra mondiale, quindi va bene così. “No pain, no gain”, dicono gli americani, che sulla competitività e la retorica del lavorare sodo ci hanno costruito sopra l’epica di una nazione.
Ecco, dopo i piagnistei passiamo alle buone notizie.
Oggi come non mai, visto anche lo stato miserevole del panorama informativo in genere, che in questi sventurati due anni di pandemia pare aver deciso in scienza e coscienza di offrire il peggio di sè, siamo sempre più convinti dell’importanza di fare questo mestiere, e di farlo bene, l’unico modo in cui sappiamo e vogliamo farlo, nonostante ci sia un forte bisogno di armarsi della pazienza di Giobbe e di un autocontrollo da monaco shaolin, e la mattina sia necessario indossare una corazza bella spessa, per far fronte a chi è convinto che internet sia una specie di selvaggia prateria del west dove tutto è lecito, tutto è concesso e chiunque abbia qualcosa da dire, pure se di quella cosa non ne ha la più pallida idea, sia titolato a gridarla. Anche per questo abbiamo scelto un approccio non ortodosso al rapporto col lettore, anche conflittuale, a volte: non abbiamo un bersaglio sul petto e non porgiamo l’altra guancia, giusto per essere chiari, anche se abbiamo spesso fatto tesoro di critiche e segnalazioni, e abbiamo imparato dagli errori che ci sono stati rimarcati (sottolineandoli, quegli errori, perché ammettere di aver sbagliato, e spiegare perché non accadrà più, è una bandiera di cui facciamo vanto sin dal primo giorno).
Il quinto compleanno di LetteraEmme non è un’occasione per tirare le somme, quanto piuttosto per dare una sbirciatina a quello che saranno i prossimi cinque, di anni. Abbiamo in mente tanti progetti, ma tanti davvero. Il primo, in ordine di tempo, sarà una newsletter dedicata ai lettori (sì, ve l’avevamo già promessa l’anno scorso, ma non ci siamo riusciti) in cui, una volta alla settimana (almeno all’inizio), vi raccontiamo quello che è successo e cosa succederà, come si farebbe ad un amico davanti ad un paio di drink a suggellare la fine della settimana lavorativa, con la cravatta slacciata e le maniche della camicia arrotolate. E coi piedi sul tavolino, se del caso. Poi, siccome con le mani in mano non ci sappiamo stare, c’è in cantiere anche qualcosa di più grosso, ma lo annunceremo a tempo debito, se tutti i pezzi del puzzle andranno nel posto giusto.
Nel frattempo andiamo avanti a darvi ogni giorno un nuovo e più valido motivo, ogni mattina, per cliccare su quell’iconcina rossa con una lettera bianca in mezzo, cercando di guadagnarci la fiducia di chi ancora non ce l’ha accordata, e facendo in modo che chi già ci segue, ci apprezza, ci legge e ci tiene in considerazione, abbia sempre bene in mente perché lo ha fatto. E quindi, ben distanti e vaccinati, brindiamo: non ai cinque anni che sono trascorsi. A quelli che verranno.