Di Cristina De Luca

AGRIGENTO. Un museo a cielo aperto, un giardino di teste scolpite dappertutto; sulle rocce, sui tronchi degli alberi sui rami. Ci troviamo a Sciacca, comune agrigentino, alle pendici del Monte Kronio. Parliamo del Giardino Incantato o Castello Incantato, opera dell’artista Filippo Bentivegna, detto “Filippu di li testi”. Nato a Sciacca nel 1888 da una famiglia di umili pescatori, Filippo, dopo una serie di eventi che l’hanno portato a lasciare la sua terra d’origine, decide di tornarci e di acquistare un appezzamento di terra ai piedi del monte Kronio- conosciuto, oggi, come il monte di San Calogero- di fronte al canale di Sicilia. Qui inizia la sua passione per l’arte, fino a quel momento del tutto ignorata dal futuro scultore. Tira fuori un talento intrinseco, una dote innata: nasce il Giardino Incantato. La passione si fa sempre più forte, talmente tanto da portarlo a scavare lui stesso, da solo, le caverne dalle quali avrebbe estratto il tufo, la pietra da lavorare.  Diventa la sua unica ragione di vita, le teste rappresentano la sua ricchezza. Un luogo ricco di volti e i soggetti di ogni sua opera, le teste umane, sono di ogni forma e dimensione, in ogni loro espressione. Circa 3000 volti che osservano il visitatore, tristi, allegri, con sguardi persi nel vuoto, che vogliono raccontare pensieri nascosti del loro creatore. A pochi metri dal giardino, la casa in cui vive, altro piccolo capolavoro artistico del quale Filippo dipinse le pareti con file di grattacieli a decorarle, a ricordargli il periodo della sua vita che aveva trascorso in America. Dopo aver dedicato la sua vita, in solitudine, al lavoro, Filippo Bentivegna muore nel 1967 lasciando un capolavoro non subito apprezzato, ma che col tempo ha oltrepassato i confini non solo locali ma anche nazionali. Un anno dopo la sua dipartita, arrivato a Sciacca un assistente di Jean Dubufett– pittore francese, fondatore del concetto di Art Brut, cioè arte spontanea, “grezza” – avendo visto la bizzarra opera di Filippo ne resta così tanto entusiasta da convincere la sua famiglia a farsi donare alcune teste di pietra da portare al suo maestro Dubuffet. Oggi, queste teste, si trovano esposte al Museo di Art Brut di Losanna, istituito in memoria del fondatore Jean Dubuffet, secondo il quale l’arte grezza deve “naître du matériau […] se nourrir des inscriptions, des tracés instinctifs”, cioè “nascere dal materiale […] nutrirsi delle iscrizioni, delle disposizioni istintive”. Nel 2015 il giardino riceve il vincolo d’interesse storico-artistico dell’assessorato regionale ai Beni culturali, su iniziativa della Soprintendenza di Agrigento. Il decreto porta la data dell’11 febbraio 2015, e costituisce un unicum per la Sicilia.

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