MESSINA. Il comune di Messina “secreta” gli allegati alla variante di salvaguardia approvata in giunta e parcheggiata in consiglio, appellandosi ad un appiglio normativo sotto forma di circolare regionale. Il dirigente del dipartimento regionale Territorio ed Ambiente Salvatore Giglione interviene sull’argomento con rara tempestività e scaglia fulmini e saette all’indirizzo del segretario generale Antonio Le Donne. I consiglieri comunali prendono atto, e chiedono al presidente del consiglio comunale Emilia Barrile come intenda comportarsi durante la discussione in aula.

La tempesta è uscita dal bicchiere d’acqua ed è diventata una bufera che coinvolge enti e personaggi tra Messina e Palermo, monopolizzando il discorso politico. Il punto di partenza è la dura reprimenda di Giglione, datata 8 marzo: “E’ di assoluta evidenza che della Delibera consiliare di Adozione dela variante  e di tutti gli elaborati ed atti complementari obbligatori della stessa, ivi compreso il Rapporto Ambientale, debba essere data ostensione al pubblico (comma 1) con ampia ed obbligatoria pubblicità (comma 2) onde consentire eventuali osservazioni (comma 3) e/o opposizioni (comma 4) ai sensi del disposto di cui all’art. 3 della legge regionale 71/78 e ss.mm.ii.”.

Sulla scorta di questa, i consiglieri comunali interrogano Emilia Barrile “in merito alle determinazioni che il Sig. Segretario Generale intenderà assumere per poter avviare la trattazione della Variante di Salvaguardia”. Compito al quale il presidente del consiglio non si sottrae, gettando un ulteriore carico: L’assessorato regionale, scrive la Barrile, richiede esaurienti ed aggiornate informazioni sullo stato delle procedure di revisione del piano regolatore generale effettuate dagli uffici comunali evidenziando, nel contempo, che il procedimento sulla variante di tutela ambientale allo stato attuale risulta insufficiente all’assolvimento degli obblighi di revisione previsti dall’articolo 3 della legge ragionale 15/1991. L’invio di tali informazioni da parte degli uffici comunali preposti, riveste carattere di assoluta urgenza”, conclude il presidente del consiglio, avvertendo che in mancanza di riscontro da parte dell’amministrazione comunale, la regione invierà un commissario ad acta.

A “mettere in mora” il Comune, è stato di nuovo Giglione, in un’altra circolare di un giorno fa. Secondo il dirigente regionale, la variante di salvaguardia, pur condivisibile, non ottempera agli obblighi di revisione del piano regolatore di cui il comune di Messina avrebbe bisogno (l’attuale variante sarebbe “scaduta” nel 2012): in pratica, la Salvacolline, scrive Giglione, non risulta sufficiente perchè “tratta il territorio comunale per aree limitate, non entrando nel merito dell’attività edilizia sulle restanti aree e del sistema dei vincoli discendenti dall’obbligo di reperimento delle attrezzature necessarie al Piano”.

Quindici giorni di tempo per risposte certe, altrimenti arriverà un commissario. Esattamente quello che si è verificato nel 1998, agli albori della disastrosa variante poi approvata nel 2002, che diede il via alla sistematica distruzione del territorio cittadino: anche allora a Messina arrivò un commissario, Salvatore Fazio, che riscrisse con cento emendamenti il lavoro fatti fino a quel momento dagli uffici comunali e lo inviò all’aula. Che fece il resto.

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