MESSINA. Per Cateno De Luca, “alla luce della riduzione della massa debitoria censita nel piano di riequilibrio ed in considerazione del mantenimento della azioni poste in essere, si ipotizza di potersi definire le azioni per uscire dalla procedure di riequilibrio entro il 2023“. E’ quanto risponde il comune di Messina al Ministero dell’Interno, che chiede lumi sull’avanzamento delle misure previste per far rientrare il comune di Messina dai suoi debiti.

Numeri che il Comune mette nero su bianco, e che spiegano che “alla data del 31.12.2020 l’effettiva massa passiva da trattare (ivi comprese le voci  legate ai debiti potenziali ) è pari ad € 165.204.165,72″. Un primo punto fermo asseverato, oltre che da De Luca, che è assessore al Bilancio, anche dal direttore generale Federico Basile (ex revisore dei conti) e dal ragioniere generale Antonino Cama.

Come ci si è arrivati, e da dove si partiva, è oggetto di numerosissime spiegazioni durante le 34 pagine di risposta al Ministero.  Inizialmente si parla di iniziale massa censita di € 552.209.432,29 oggi è pari ad € 303.713.578,38″: numeri a suffragare i quali, il Comune posta una tabella.

Come si passa dai 303 milioni di massa debitoria residua che si leggono nella tabella ai di 165 da trattare? “Preme evidenziare che sull’importo complessivo di € 303.713.578,38 l’importo di € 138.509.412,66 attiene a poste di accantonamento “tecniche” e/o precauzionali come la voce del Fondo rischi straordinari a supporto delle misure del piano di riequilibrio”, spiega la relazione.

Come sono stati abbattuti i debiti (112 milioni derivanti da sentenze esecutive, 56 milioni da acquisizione di beni e servizi senza impegno di spesa)? Lo spiega un’altra tabella.

 

“Negli anni 2018 e 2019 , sull’importo complessivo censito è stato trattato, nell’arco dei due anni contabili, il 50,46 % dell’intera massa debitoria e si sono attivate procedure di sottoscrizione e/o definizione globale per una massa passiva di  € 56.692.955,31″, si legge nella relazione

Come si è proceduto all’abbattimento dei debiti fuori bilancio? “Applicando una complessiva strategia che ha portato, nel corso di soli 24 mesi, all’abbattimento della stessa per il 50% del valore nominale del debito“, dice la relazione. Cioè definire, sulle 17.150 sentenze esecutive (15mila dei quali sotto i mille euro) che formano il debito, accordi per l’abbattimento del 50% degli importi da pagare o per rateizzazione a 13 anni. (chi sono i creditori del comune di Messina)

Al 31 dicembre 2020, “tra l’abbattimento della massa debitoria dei debiti fuori bilancio e le azioni di eliminazione  delle poste debitorie (procedure fallimentare e/o messa in liquidazione) delle società partecipate indicate nel piano di riequilibrio, si è raggiunta la percentuale del 79,73% della complessiva riduzione della massa debitoria censita”. Alla stessa data, “l’entità della massa passiva gestita nei 24 mesi del piano di riequilibrio è stata pari a  € 56.692.955,31, ovvero il 50,46 % dell’intero importo censito“, si legge, con riferimento agli accordi coi creditori. Questa lettura delle cifre da parte di De Luca è stata contestata sia dall’ex consigliere comunale Gino Sturniolo, in autunno, che dalla relazione del gruppo di studio “Reazione a Cateno”, ieri.

Non è chiaro perchè De Luca fornisca quella cifra, dato che qualche pagina dopo spiega che i debiti oggetto di abbattimento sono stati “solo” 14 milioni, più tre milioni stralciati perchè prescritti, e 16 sono stati rateizzati fino al 2033. Non solo: Cateno De luca aveva stabilito di proporre al consiglio comunale di dichiarare il dissesto finanziario se entro il 31 dicembre 2018 non fossero stati sottoscritti gli accordi con numero di creditori di almeno il 70% dell’intera massa debitoria. Cosa che ovviamente non è avvenuta. Ma nemmeno lontanamente. La giustificazione è che “stante il perdurare del silenzio istituzionale legato alla trattazione istruttoria del piano di riequilibrio 2014-2033 del Comune di Messina, hanno determinato una nuova necessaria strategia temporale per la conclusione delle citate attività”.

Per quanto riguarda la finanza derivata, secondo la tabella la situazione si è risolta con l’accordo con la banca Dexia, anche se c’è chi pensa che la scelta di andare a transazione è stata sbagliata: si tratta di Giuseppe Cannizzaro, esperto in derivati, che nel 2016 aveva trionfalmente chiuso un contratto “gemello” con Bnl, a condizioni molto migliori.

Poi ci sono i 132.351.958,58 derivanti dalle partecipate. Che tanti erano e tali sono rimasti, perchè, spiega la relazione, “l’Ente non ha l’obbligo di farvi fronte in costanza delle procedure previste dalla normativa societaria”. Non solo. “Si può affermare che l’entità della massa debitoria riconducibile ai debiti delle società partecipate e censita nel PRFP deve essere considerata espunta poiché non costituisce massa passiva per l’Ente proprio a seguito delle attività svolte da questa amministrazione. A ciò si aggiunge, alla luce della normativa vigente, che il Comune non deve pagare i debiti delle società partecipate in considerazione degli acclarati orientamenti giurisprudenziali  in merito all’ormai sancito divieto di soccorso finanziario dell’ente nei confronti delle sue società partecipata”.

Traduzione, il comune abbatte la massa debitoria delle partecipate semplicemente con un colpo di penna.

Infine, una mossa di lungimiranza: il comune di Messina ha chiesto di poter usufruire del “fondo di rotazione”, riservato agli enti in stato di predissesto, che per Messina coincidono con un “prestito” da poco meno di 70 milioni: a ottobre del 2019 il Governo ha erogato la prima tranche da 50%, cioè 34 milioni e 636mila euro. Somma che, spiega De Luca, “non è stata ancora utilizzata dall’Ente ed appositamente vincolata nell’attesa che si abbia la conferma definitiva che si potrà far fronte al pagamento dell’intera massa debitoria con entrate di cassa proprie ed evitare di lasciare ulteriori debiti alle future generazioni”.

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