MESSINA. È uno dei giochi da tavolo più diffusi e famosi al mondo, con una una discreta tradizione anche nella città dello Stretto, malgrado la sua posizione “periferica”. A fare un breve excursus sulla storia degli scacchi a Messina, in una breve intervista, è Andrea Aliferopulos, docente del corso di scacchi rivolto a principianti e amatori in corso alla Stanza dello Scirocco.

Quali sono i campioni messinesi più rappresentativi? «Due giocatori che si possono menzionare, dato che fanno senza dubbio parte della storia degli scacchi in Italia (benché in decenni piuttosto lontani) sono Vincenzo Nestler (due volte campione italiano: nel 1943 e nel 1954) e Remo Calapso (che nel 1967 a Venezia pattò, all’età di 62 anni, con il Campione del mondo in carica Tigran Petrosian) figlio del noto matematico Pasquale. A onor del vero – racconta – né Nestler né Calapso erano messinesi di nascita, ma in ogni caso vissero entrambi da giovani e per un lungo periodo in città, quindi credo li si possa considerare in una certa misura messinesi».

E in tempi più recenti? «Credo ci siano stati numerosi giocatori di buon livello, ma, come si suole fare in questi casi, proprio perché sono numerosi, per evitare di correre il rischio di dimenticare qualcuno, non nominerò nessuno. Si può menzionare, però, per il lavoro svolto nell’ultima dozzina d’anni, l’associazione Kodokan, impegnata soprattutto nel settore giovanile, e che proprio da qualche settimana ha una nuova sede in centro, in via Santa Marta, nei pressi di Piazza del Popolo; mi auguro davvero che tale sede possa diventare un sicuro punto di ritrovo  per gli scacchisti messinesi, così come era il circolo in Via del Vespro quando ho cominciato a giocare io (anche se, va detto, negli ultimi 15 anni, visto il rigoglio degli scacchi online, i circoli si sono parzialmente spopolati un po’ ovunque). Dal vivaio della Kodokan, peraltro, proviene un giovane giocatore, Andrea Favaloro, che in tempi recenti ha conseguito il secondo titolo (in ordine crescente) riconosciuto dalla Federazione Internazionale, quello di Maestro Fide (i titoli magistrali internazionali, in ordine crescente di importanza, sono quattro: Candidato Maestro Fide, Maestro F., Maestro internazionale, Grande Maestro). Non ho ancora avuto l’occasione di conoscere questo ragazzo, né evidentemente di giocarci, ma è sicuramente un risultato degno di nota». 

Fra le tante storie legate agli scacchi, una in particolare ha tratti quasi romanzeschi, quella di Emilio Stassi, scomparso non molto tempo fa, alla cui memoria l’associazione Kodokan vorrebbe dedicare nei prossimi mesi una giornata.

«Ho avuto il piacere di conoscerlo e di giocare con lui piuttosto spesso tra il 2001 e il 2003», ricorda Aliferopulos. «La sua – racconta – è una storia veramente speciale: di nascita non era messinese, ma fiumano, tant’è che, quando, dopo la seconda guerra mondiale, l’Istria e Fiume vennero annesse alla Jugoslavia titina, si ritrovò (era nato nel 1931), lui italiano, in territorio non italiano e senza cittadinanza italiana. Cercò allora, assieme ad altre persone, di espatriare illegalmente in Italia attraverso le montagne, ma il loro progetto venne scoperto e furono arrestati. Stassi venne condannato ai lavori forzati nel sistema di campi di concentramento jugoslavo dell’epoca; in quella condizione disumana, gli scacchi gli vennero incontro: in uno dei campi, giocava alla cieca (cioè senza la scacchiera, ma tenendo tutto a mente) contro uno scacchista jugoslavo, anch’egli prigioniero. Precisamente, si comunicavano reciprocamente le mosse nel momento in cui si incrociavano durante il turno di lavoro (carico e scarico di materiali). Ricordo che il maestro Stassi mi raccontò di persona questo episodio, ma, ai tempi, da adolescente, non ci avevo fatto troppo caso: oggi invece devo ammettere che una storia del genere mi fa venire la pelle d’oca».

Stassi venne poi scarcerato e infine giunse a Messina con la famiglia nel 1951. Il maestro ha poi pubblicato, qualche anno fa, un libro di memorie su quegli anni, “Giocando a scacchi nei Gulag di Tito: l’Odissea di un giovane fiumano”.

«Per il momento ho solo potuto sfogliarlo, ma mi sembra davvero degno di essere letto», commenta Aliferopulos, che ricorda Stassi da un punto di vista “strettamente scacchistico”: «Se il giocatore che ho conosciuto io era, per via dell’età (nel 2000 aveva quasi 70 anni), sicuramente rispettabile, ma non trascendentale, alcuni anni fa ho avuto la fortuna di ritrovare alcune sue partite giocate negli anni ’80, e non ho potuto che riconoscere delle gemme assolute, delle vere perle scacchistiche che mostrano la forza di un giocatore fuori dal comune (mi auguro prima o poi di avere il tempo di commentarle con dovizia e, magari, di scrivere un articolo su Stassi per proporlo a una testata scacchistica internazionale, visto che la combinazione fra la peculiarità della sua storia personale e la qualità delle sue partite penso meriti davvero di essere conosciuta). Insomma, credo che una giornata dedicata alla memoria del Maestro Stassi sia proprio ben spesa e mi auguro davvero che il progetto si concretizzi».

 

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