MESSINA. «Sono tutto: scienza, arte e sport». O ancora: «Sono il gioco più violento che esista». Basterebbero queste due frasi, pronunciate da due fra i grandi campioni della storia,  Anatoly KarpovGarry Kasparov, per comprendere la complessità, la bellezza e il fascino millenario di uno dei giochi da tavolo più diffusi e famosi al mondo, il gioco degli scacchi, che nei secoli ha ammaliato centinaia di pittori e scrittori, artisti e matematici, da Jorge Luis Borges a Marcel Duchamp (che fece a lungo parte della nazionale francese).

Per tutti coloro che volessero conoscerne i rudimenti, o approfondire la conoscenza del gioco, prenderà il via alle 18 di mercoledì 6 novembre, nei locali della Stanza dello Scirocco, un corso rivolto a principianti e amatori che consentirà di imparare gradualmente tutti gli aspetti fondamentali degli scacchi, con un excursus storico, un’appendice sul campionato del mondo dalle origini (1886) a oggi, l’analisi di partite di giocatori celebri e un torneo finale fra i partecipanti.

Cadenzato in 10 appuntamenti settimanali da due ore ciascuno, il corso ha un costo di 60 euro (la prima lezione è gratuita) e sarà incentrato in particolare sulle tecniche di gioco: dai concetti di base alle strategie e tattiche avanzate (qui il programma nel dettaglio).

 

 

«Personalmente – racconta il docente del corso Andrea Aliferopulos (Candidato Maestro, Elo FIDE 2022), messinese classe 1985 – ho imparato le regole del gioco tra gli otto e i nove anni, ma ho cominciato a giocare più seriamente (e a frequentare il circolo cittadino, che ai tempi aveva sede in Via del Vespro, non lontano dalla stazione) nel 2000, a 14 anni; mi sono poi dedicato in maniera consistente all’agonismo tra il 2000 e il 2003, e poi nel biennio 2005-2006. Non molto, se si considera che ci sono scacchisti che partecipano senza sosta a tornei per 15 o 20 anni o più. In ogni caso, ho ottenuto qualche buon risultato: sono diventato Candidato Maestro nel 2006 e, soprattutto, sono stato Campione Regionale Toscano Assoluto sempre nel 2006. Mi fa piacere ricordare, poi, che, quando ero studente al Maurolico, vincemmo, con i miei compagni di squadra, il titolo di Campioni Italiani Scolastici a squadre nel 2002, e per un soffio non bissammo il titolo l’anno seguente. Negli ultimi anni, infine, ho ripreso in maniera sistematica il gioco e, nell’attesa di ridedicarmi all’agonismo, ho maturato anche al riguardo un forte interesse storico e, in senso lato, “culturale”».

Ma cos’è che rende unico il gioco degli scacchi?  «Si tratta di un’attività abbastanza peculiare, al punto che è difficile menzionarne altre che presentino simultaneamente le medesime caratteristiche. Anzitutto, anche se si tratta di un gioco – spiega Aliferopulos – l’elemento aleatorio è pressoché tendente allo zero: vince, se non il giocatore più forte, perlomeno quello che ha commesso meno errori, o comunque errori meno gravi nelle fasi decisive del gioco. Inoltre, la componente dell’esattezza è molto rilevante: in molte situazioni, vi sono sequenze di mosse precise e “inevitabili” che portano a determinati esiti e che i giocatori possono prevedere completamente con il calcolo. In particolare tale aspetto “matematico”  diventa dominante in finale, ovvero nella fase conclusiva della partita, quando sulla scacchiera sono rimasti pochi pezzi».

«In secondo luogo – spiega ancora – benché la componente del calcolo sia nel complesso fondamentale, vi sono molte situazioni in cui non occorre calcolare nulla: in tali situazioni, dunque, la scelta della mossa si fonda perlopiù su considerazioni che riguardano la coordinazione, direi proprio l’armonia fra i pezzi (in gergo si dice che si opera una valutazione “posizionale”). È una cosa un po’ difficile da spiegare a parole: a presiedere alla scelta della mossa è una sorta di intuizione visiva, di riconoscimento della “bellezza” di una certa disposizione dei pezzi; quindi, si può tranquillamente dire che in molte situazioni la valutazione ha proprio un carattere prettamente “estetico”. È un po’ – faccio un paragone con un altro ambito – come quando un musicista sceglie le note di una scala mentre sta improvvisando: non c’è nulla su cui ragionare, lui “sa” intuitivamente – perlomeno se è un musicista di valore – che quelle note suonate in quel momento e in quel modo stanno bene, funzionano (anche se, talvolta, come negli scacchi del resto, può capitare di prendere delle stecche!), che è giusto che siano state selezionate quelle, fra le molte possibili, visto che la resa complessiva è più “bella”. Ecco, con la valutazione posizionale accade più o meno una cosa del genere. In fin dei conti, direi che è probabilmente questo connubio di esattezza e di estetica ciò che mi affascina di più del gioco».

 

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