MESSINA. La conferenza stampa di domenica sera del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è portata dietro un (prevedibile) strascico di polemiche, con varie prese di posizione da parte dei primi cittadini (da Cateno De Luca a Leoluca Orlando), alimentando al contempo il malcontento di chi avrebbe preteso misure più rigide e di chi, al contrario, non si aspettava ulteriori restrizioni (con particolare riferimento alla movida e alle attività sportive)

L’Italia tuttavia non è solo l’unico Paese ad aver intrapreso una stretta alla vita notturna, ma è anche uno degli stati europei in cui vigono provvedimenti meno restrittivi (in linea con l’andamento della curva epidemiologica).

Soltanto negli ultimi sette giorni, in tutto il mondo, sono stati registrati più di 2 milioni e mezzo di casi: il numero settimanale più consistente dall’inizio della pandemia, che ha fatto registrare oltre 40 milioni di contagi a livello globale. Una crescita, da mettere in correlazione con l’aumento dei tamponi, che ha costretto numerosi Paesi a correre ai ripari.

A prendere la decisione più drastica, nelle ultime ore, è stato il Galles, tornato parzialmente in lockdown. Da venerdì prossimo, e fino al 9 novembre, infatti, agli oltre 3 milioni di cittadini gallesi sarà chiesto di rimanere a casa, mentre i negozi non essenziali saranno chiusi. Lo ha annunciato il primo ministro Mark Drakefors, annunciando misure più severe di tutto il Regno Unito.

Sulla stessa falsariga anche l’Irlanda, il primo Paese europeo a ripristinare il lockdown (sebbene le scuole resteranno aperte): le nuove misure – che entreranno in vigore per sei settimane dalla mezzanotte di mercoledì – includono anche la chiusura di tutte le attività commerciali non essenziali e limitano le attività di bar e ristoranti al solo servizio da asporto.

Il Regno Unito sembra aver raggiunto il suo picco lo scorso 4 ottobre, con oltre 22mila casi, e da avantieri chi arriva sul territorio dall’Italia deve sottoporsi a quarantena obbligatoria di due settimane. Nel frattempo gli esperti reclamano un nuovo lockdown nazionale e in alcune città sono vietati gli incontri al chiuso tra persone non appartenenti allo stesso nucleo familiare. L’Irlanda del Nord ha chiuso pub e ristoranti e prolungato di un mese le vacanze scolastiche.

Più “morbido” l’approccio della Francia, che a fronte di oltre 30mila contagi al giorno ha adottato un coprifuoco dalle 21:00 alle 6:00 che durerà almeno un mese. Sulla stessa linea anche il Belgio, che ha chiuso bar e ristoranti e imposto un coprifuoco da mezzanotte alle cinque del mattino. «Siamo molto vicini a uno tsunami, a una situazione in cui non si controlla più quello che succede», ha annunciato il ministro della Sanità Frank Vandenbroucke, commentando il numero di infezioni, cresciute con una media di quasi 8.000 contagi giornalieri nell’ultima settimana.

Così anche la Germania, il cui governo ha imposto il limite di uscita, che dopo le 23:00 ha messo “in pausa” la movida in tutto lo stato (con l’eccezione di Berlino).

Anche la Repubblica Ceca ha attuato una stretta su bar e ristoranti, che possono restare aperti fino alle 20:00 contrariamente a club e discoteche che invece devono restare chiusi. Il Governo ha deciso poi di chiudere le scuole dal 14 ottobre al  2 novembre.

Il tanto temuto lockdown è stato invece attuato in modo parziale in Olanda, insieme alla chiusura di bar, ristoranti e caffetterie. Un approccio molto più duro rispetto alla prima ondata, gestita dal Governo in modo molto più leggero (approccio che sembra che l’ Olanda stia pagando adesso).
In generale in tutte le regioni dei Paesi Bassi è comunque consigliato dal Governo di limitare gli spostamenti. Sono stati annullati i festival e gli eventi ed è entrato in atto il divieto di vendere alcolici tra le 20:00 e le 7:00. Teatri, musei, monumenti e cinema sono aperti, ma si può accedere solo  su prenotazione, i coffee shop invece possono fornire solo servizi da asporto e devono chiudere alle 20:00. Infine in ambito casalingo, si possono ospitare fino a tre visitatori esclusi i minori di 13 anni. Il telelavoro da casa è fortemente consigliato.

Due gli scenari in Spagna: da un lato l’area di Madrid, completamente sigillata perché “in stato di allarme”, dall’altra la Catalogna, dove dal 14 ottobre vige la chiusura di bar e ristoranti.

Anche in Portogallo è stata attuata una stretta sugli incontri (limitati a cinque persone) e sono state vietate le feste universitarie, mentre in Polonia si sta pensando di istituire alcune zone rosse e si è vicini alla chiusura delle palestre. Intanto il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha annunciato che a partire dal venerdì gli incontri al chiuso potranno essere massimo tra sei persone, all’aperto massimo tra 12. Inoltre in occasione di eventi ufficiali non possono essere serviti cibi e bevande e il numero massimo di persone che potranno presenziare sarà ridotto a 1000 al coperto e 1500 all’aperto.

In Slovenia le autorità hanno dichiarato lo stato di epidemia della durata di un mese, imponendo il coprifuoco notturno dalle 21 alle 6. In crescita i contagi anche in Russia, dove di sono stati registrati quasi 16.000 nuovi casi in 24 ore, il numero più alto dall’inizio dell’epidemia.

Il coronavirus continua a correre anche nei Balcani, con la Romania che resta il Paese della regione maggiormente colpito dall’epidemia. Nelle ultime 24 ore i nuovi contagi sono stati in Romania 3.920, con 60 decessi: numeri che portano i totali a 180.388 e 5.872. Su quasi 10mila pazienti in ospedale, 749 sono in terapia intensiva. Il Paese ha effettuato più di 2,8 milioni di test, il numero più alto fra i Paesi della regione.

Per chi invece rientra dai paesi dell’Unione, fino al 13 novembre vige l’obbligo, per chi entra in territorio nazionale dopo aver soggiornato o transitato in Belgio, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Repubblica Ceca e Spagna nei 14 giorni antecedenti, di sottoporsi ad un test molecolare o antigenico nelle 72 ore antecedenti all’ingresso (esibendo il risultato negativo) oppure entro 48 ore dall’ingresso nel territorio nazionale (nel posto di frontiera di arrivo oppure presso l’azienda sanitaria locale di riferimento).

 

 

 

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