MESSINA. Un anno fa esatto, ad una domanda di un giornalista di questa testata all’assessore alle Infrastrutture Salvatore Mondello, nell’ambito di una conferenza stampa del “Riparte Messina” (investimenti e finanziamenti futuri del comune di Messina), sul perché non fosse presente tra le opere previste il secondo palazzo di Giustizia, il sindaco Cateno De Luca interrompeva bruscamente il suo assessore (dopo essere rientrato di corsa nel Salone delle Bandiere), affermando, in una conferenza stampa, “non voglio che si risponda sul Palagiustizia“, e che “ognuno dovrà rispondere delle vergogne di questa storia”. Era il 6 luglio del 2020.

La risposta alla domanda alla quale il sindaco non voleva si rispondesse arriva un anno dopo: il protocollo d’intesa tra il comune di Messina, l’agenzia del Demanio ed i ministeri di Giustizia e Difesa per realizzare il secondo tribunale nell’area dell’ex ospedale militare di viale Italia, firmato a febbraio del 2017, e della durata di quattro anni, è scaduto l’8 febbraio di quest’anno, perché, si legge in una delibera, “nel periodo di validità del protocollo d’intesa non sono state poste in essere dalle parti le attività che erano previste, fatta eccezione per il solo avvio del rilievo della struttura ex magazzini generali Gazzi da parte dell’agenzia del Demanio e la redazione dello studio di fattibilità”.

Il protocollo prevedeva lo spostamento di tutti gli uffici giudiziari nei 35mila metri quadrati della caserma “Scagliosi”, che avrebbe evitato il milione e mezzo di affitti per uffici che ogni anno il comune di Messina anticipa (con rimborso da parte del ministero della Giustizia), con in cambio una sede, ai Magazzini generali Gazzi, per il dipartimento Medicina Militare del Lavoro. Oltre 18 milioni di euro di finanziamenti, quindi, sono rimasti nei cassetti, dopo quattro anni trascorsi invano.

Cosa è successo in quattro anni, e perché  si è lasciato che scadesse il protocollo d’intesa? Nel corpo della delibera si fa riferimento a sollecitazioni di convocazione di tavoli tecnici da parte dell’amministrazione (l’ultimo ad agosto 2020), e di una riunione presso il ministero della Giustizia “in ordine alla realizzazione del nuovo Palagiustizia” del gennaio 2020: non si fa mai riferimento, né nel deliberato né nelle conclusioni, a quanto ha spiegato in commissione consiliare De Luca dopo la riunione, e cioè che il secondo tribunale all’ospedale militare sarebbe costato 40 milioni e ci sarebbero voluti dieci anni per costruirlo, ma si cita una nota del ministero della Difesa (firmatario del protocollo d’intesa) nel quale si esprimono perplessità circa il temporaneo trasferimento degli uffici giudiziari” nella caserma Scagliosi.

Anzi, nella delibera si legge che il 23 luglio 2019, l’amministrazione ha partecipato ad un incontro con tutte le parti “in cui si è stabilito che sarebbe stato approvato un nuovo cronoprogramma delle attività per velocizzare l’iter, secondo quanto previsto dal protocollo d’intesa“. Non è bastata nemmeno un’interrogazione parlamentare da parte della senatrice del Movimento 5 stelle Grazia D’Angelo, secondo cui la soluzione si sarebbe dovuta trovare entro il 30 settembre 2019.

Che l’attuale amministrazione di costruire il secondo palazzo di Giustizia seguendo l’accordo preso tra i ministeri ed il Comune non ne avesse manifestata troppa intenzione, non era un mistero. Anzi. Nel 2018, l’amministrazione De Luca aveva tirato fuori un piano (non è chiaro a che stadio progettuale) per costruire il secondo tribunale nell’area del parcheggio “fosso” di via La Farina, al costo di 40 milioni di euro, anche questi nettamente superiori ai 18 disponibili per il finanziamento. Di questo progetto non se ne è saputo più nulla (De Luca aveva annunciato di averlo ritirato), e la delibera fa pensare che sia stato accantonato, perché si dà mandato al dipartimento Servizi tecnici di “avviare una manifestazione d’interesse finalizzata ad acquisire proposte di aree da destinare alla realizzazione del secondo palazzo di Giustizia o di immobili da destinare alla stessa finalità”, e perchè “non è pervenuto alcun assenso alla proposta formulata da questa amministrazione da parte degli enti ministeriali”.

Si è tornati praticamente al punto di partenza, come trentaquattro anni fa.

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