MESSINA. Il lavoro a Messina? Una chimera. Soprattutto per chi ha un’istruzione elevata. Perchè nonostante una “mini ripresa”, il panorama è tutt’altro che confortante: ma ci sono alcuni particolari, nell’analisi dell’occupazione in provincia di Messina, che spiegano drammaticamente come il mercato del lavoro, in riva allo Stretto, respinga i “cervelli” e le eccellenze. E privilegi invece precariato e bassa specializzazione.

Il particolare emerge all’interno della relazione del segretario generale Tonino Genovese nel corso dell’Esecutivo provinciale della Cisl Messina: i dati testimoniano una lieve ripresa dell’economia sul territorio dell’occupazione con 125.500 assunzioni nel 2017, in aumento di 14mila unità rispetto al 2016 ma sempre inferiori al 2014. “Ma – ha detto Genovese – si tratta di assunzioni per l’80% a tempo determinato che confermano la precarietà del lavoro”. E non è il più inquietante dei fenomeni. Perché il lavoro, quel poco che c’è, va a chi ha bassa scolarizzazione e nessuna competenza accademica specifica.


 

Chi ha deciso di andare oltre la laurea, e dedicarsi alla ricerca o perfezionarsi in un master, è meglio che prepari le valigie, perché trovare lavoro è pressoché impossibile. Nonostante numeri generalmente in salita rispetto al quinquennio, in provincia di Messina nell’ultimo anno sono stati assunti solo la miseria di 38 dottori di ricerca e 388 possessori di master o specializzazione. Non stupisce, quindi, che tra i titoli di studio, quello che teoricamente garantisce più lavoro sia praticamente la terza media. Addirittura, chi non ne possiede nessuno, di titolo di studio, è avvantaggiato rispetto a chi è laureato: oltre 14mila analfabeti assunti contro meno di settemila laureati. E infatti, la tipologia di lavori a disposizione parla chiaro.

 

 

Per un pelo, la maggioranza delle assunzioni del 2017 non sono state di lavoratori “non qualificati”: bassa manodopera, facilmente surrogabile perché senza una specializzazione in un qualsiasi settore, e quindi rimpiazzabile senza troppe difficoltà (e patemi) al termine del contratto, perché l’80% delle nuove assunzioni del 2017 sono a tempo determinato. Sul totale delle assunzioni effettuate nel 2017 pari a 125.506, ben 101.426 sono “a termine”, mentre i contratti a tempo indeterminato, pari a 16.178, costituiscono solo circa il 13% sulle assunzioni totali.

Ovviamente, essendo questa la fotografia del mercato del lavoro, a soffrirne sono le professionalità complesse: legislatori, imprenditori e alta dirigenza. Il che fotografa perfettamente il tessuto economico e imprenditoriale della città: terziario e commercio, soprattutto, e praticamente nulla che imponga capacità manageriali e ricerca e sviluppo: la polaroid di un territorio depresso, in cui innovazione è una parolaccia, e in pratica non esiste nessun settore produttivo che possa generare ricchezza (e non “trasferirla” da un soggetto all’altro).

“Un impalcato imprenditoriale fortemente sbilanciato verso il commercio ed i servizi in genere, e poco presente nei settori classici produttivi”, scrive Francesco Rubino, del Centro Studi Cisl Messina, che parla anche di un tessuto “imperniato sui settori del commercio e dei servizi e molto minore nei settori produttivi dell’industria, delle costruzioni; tiene anche se in diminuzione il settore dell’agricoltura”.

(Fonte e grafici Centro Studi Cisl Messina)

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[…] in treno, sto tornando a casa per Pasqua, e mi capita di leggere un articolo sul lavoro (che non c’è) a Messina, in generale, ma anche -ed è drammatico- per laureati, […]

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[…] dato che però stride con un recente studio condotto dalla Cisl Messina, secondo il quale il mercato del lavoro in riva allo Stretto respinge i “cervelli” e le eccellenz…, privilegiando invece precariato e bassa specializzazione: su 125.500 assunzioni registrate nel […]