Tre operazioni che hanno portato all’arresto di due persone ed una terza  in esecuzione ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal Gip del Tribunale di Patti, per i reati di sequestro di persona, estorsione, atti persecutori e lesioni personali nei confronti della ex fidanzata. E’ il frutto del lavoro, tra lunedì e martedì, dei Carabinieri delle Compagnie di Patti e Sant’Agata di Militello

A Patti, i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile, allertati da una richiesta al 112 che segnalava una lite in corso tra un uomo e una donna, hanno individuavano un’autovettura, a bordo della quale i due coniugi separati erano intenti a discutere animatamente. L’uomo, 41 anni, che di fatto impediva alla moglie di scendere dal mezzo, non desistendo dai suoi intenti persecutori e dalle minacce, è stato subito arrestato.

A Capo d’Orlando, poi, un 40enne alutino, che non accettava la fine della relazione con la ex compagna, totalmente fuori controllo, ha cercato di entrare nell’appartamento con ogni mezzo, minacciandola a gran voce di morte. I Carabinieri, allertati da alcuni vicini, hanno bloccato l’uomo, evitando un epilogo peggiore.

A Sant’Agata di Militello, i Carabinieri, hanno arrestato un pregiudicato 34enne di Randazzo, già gravato da precedenti specifici, in esecuzione ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal Tribunale di Patti, per i reati di sequestro di persona, estorsione, atti persecutori e lesioni personali nei confronti della ex fidanzata. L’uomo, nel corso degli ultimi mesi, si era reso autore di reiterati comportamenti vessatori, minacciosi e violenti, nei confronti della ex compagna 37enne, tali da cagionare a quest’ultima un perdurante e grave stato d’ansia e di paura, nonché fondato timore per la propria incolumità. I Carabinieri, nel corso delle indagini, documentavano diversi episodi di violenza e di segregazione in casa, operati dal giovane nei confronti della donna. L’uomo, addirittura, sempre sotto minaccia, richiedeva alla ex. 10.000 euro per “uscire” dalla sua vita.

Entrambi gli arresti operati in flagranza venivano convalidati dall’A.G. e l’uomo soggetto a o.c.c. veniva associato presso il carcere di Barcellona P.G.

Quelli descritti sono solo gli ultimi di una lunga serie di arresti operati dai Carabinieri in tale ambito. La violenza sulle donne spesso resta tra le mura delle abitazioni, perché le vittime non denunciano chi le picchia e i motivi del silenzio sono i più disparati. I maltrattamenti vanno avanti per anni e, nel peggiore dei casi, si concludono con un omicidio. Si tratta peraltro di delitti (maltrattamenti in famiglia, atti persecutori, minacce, percosse, lesioni, violenza sessuale etc.), che hanno un fortissimo impatto sociale poiché colpiscono trasversalmente classi, famiglie, generazioni, gruppi etnici di riferimento e rappresenta ormai un fenomeno con un alto numero oscuro di reati non denunciati. Negli ultimi anni, nella provincia di Messina, sono sempre più numerose le donne vittime di violenza che si sono rivolte ai Carabinieri, presenti in ogni angolo della provincia, chiedendo aiuto per se stesse e per i loro bambini. E queste richieste di aiuto sono state valutate con grande attenzione dai militari, che, talvolta, di fronte a una donna che si era presentata in una Stazione dei Carabinieri apparentemente solo per sfogarsi e raccontare fatti che potrebbero essere inquadrati in un “normale conflitto di coppia”, hanno poi scoperto situazioni ben più grave caratterizzata da umiliazioni, soprusi di ogni genere e violenze fisiche e psicologiche.

Questa capacità di riconoscere queste silenziose richieste d’aiuto e i cosiddetti “reati sentinella”, consente di poter applicare le giuste procedure nel minor tempo possibile a vantaggio della vittima, garantendole la massima tutela ed una risposta più immediata e risolutiva possibile: le vittime di reati di genere non saranno abbandonate mai neanche sotto il profilo economico potendo accedere alle risorse del fondo per le vittime della violenza di genere ed i loro familiari.

Grazie ai nuovi strumenti normativi in possesso, le vittime non hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni o stravolgere le loro abitudini di vita: il maltrattante o il persecutore, se non arrestato, è stato comunque allontanato dalla casa familiare con il divieto di avvicinamento alla persona offesa e ai suoi congiunti. E nei casi in cui c’è stata una violazione di questo divieto sono scattate immediatamente le manette a seguito della violazione delle prescrizioni previste dall’appena citata misura cautelare.

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