Trentottesima puntata (qui le altre) della rubrica che aiuta a riscoprire i grandi personaggi della Storia che, pur legati a Messina, dalla città dello Stretto non sono in alcun modo celebrati dalla odonomastica locale.

Proveniente da una famiglia di umili origini a Trebisonda, allora capitale del piccolo impero dei Comneni, nato a seguito della conquista di Costantinopoli da parte dei Crociati a danno dei Bizantini, il giovanissimo Basilio (o, secondo altre teorie, Giovanni) si trasferì proprio a Costantinopoli. Qui, sotto la guida di Giovanni Cortasmeno, Bessarione studia filosofia, matematica e astronomia e, nel 1423, prende l’abito monastico basiliano, assumendo il nome di Bessarione. Negli anni seguenti affinerà le sue conoscenze umaniste, approfondendo i filosofi neoplatonici, lo stesso Platone e Tommaso D’Aquino, seguendo gli insegnamenti di argomento astronomico e matematico, per cui si dedicherà alla copiatura di codici antichi. Della sua povera biblioteca personale fanno parte Strabone, Cirillo, Euclide e Tolomeo.

A circa trent’anni, l’imperatore bizantino Giovanni VIII Paleologo lo nomina arcivescovo di Nicea con l’obiettivo strategico di farlo partecipare allo storico concilio di Ferrara e Firenze (1438-39). In questo concilio, in cui si reca con l’amico Niccolò Cusano, furono (accanitamente) dibattute le tesi teologiche di cattolici e ortodossi relativamente all’annosa questione del “Filioque”. Il tema del contendere, che tutt’oggi segna un solco insormontabile tra le due religioni sorelle, era se, nella formulazione del Credo, si dovesse aggiungere il termine Filioque (letteralmente “e dal Figlio”) nella frase “Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio.” Per gli ortodossi, questa precisazione comportava una pericolosa processione come da due principi distinti, in contraddizione con l’unità della Trinità. Di contro i latini sostenevano che, al contrario, non sottolineare la processione dal Figlio fosse evidenza di una separazione trinitaria. Naturalmente le implicazioni erano tutt’altro che solo dogmatiche. Gli ortodossi cercavano infatti di contrastare il pericolo di una attribuzione diretta di un potere che il Papa, riconosciuto dai cattolici come unico vicario di Cristo sulla terra, arrogava a sé. Nonostante Bessarione parta sostenendo le tesi ortodosse, durante il concilio si convince delle tesi latine e muta opinione, forse anche allo scopo di sollecitare la riconciliazione tra le due chiese, auspicando in una loro riunione.

Negli anni successivi Bessarione incarna sempre di più il ruolo di collante tra le due culture, quella greca, in declino e sotto l’incombente minaccia turca, e quella latina, più florida e potente. Per questo motivo, si interessa dei problemi dell’ordine monastico basiliano in meridione. I basiliani sono monaci di ispirazione greca tuttavia presenti anche in occidente, specie al sud Italia dove l’influsso bizantino è stato più forte e, nel 1446, Bessarione viene nominato protettore e visitatore apostolico dei monasteri basiliani dell’Italia meridionale e della Sicilia.

Nel 1455 Bessarione è sul punto di diventare Papa. Otto cardinali su quindici lo appoggiano al conclave, tuttavia il pregiudizio nei confronti della sua provenienza greca e della sua conversione recente hanno la meglio e a spuntarla è Alfonso Borgia. Si dice che sia la sua folta e lunga barba, intonsa secondo l’uso dei monaci greci, a destare le maggiori perplessità nel conclave. Bessarione allora viene inviato a Messina dove, tra il 1456 ed il 1465, per nove anni, è Archimandrita di Messina e Barone della Terra di Savoca. L’archimandrita, titolo che ancora oggi spetta all’arcivescovo di Messina con sede presso la concattedrale del Santissimo Salvatore, regge oltre 60 monasteri basiliani, tra Sicilia e Calabria, tra cui vi figurano alcuni dei più fulgidi gioielli architettonici del nostro territorio quali la chiesa dei Santi Pietro e Paolo d’Agrò, la chiesa di Santa Maria di Mili e quella dei Santi Pietro e Paolo a Itala.

La missione di Bessarione è quella di occuparsi di questo antico ordine monastico, quello basiliano, in forte declino e avversato come eretico dalle cattoliche dinastie di Angiò e Aragona. Questi monaci, isolati nei vari centri del sud Italia, hanno bisogno di una nuova guida culturale e morale. Per questo Bessarione sana le loro finanze, redige un compendio della regola di S. Basilio e, il primo febbraio 1461, convince il Papa Pio II ad autorizzare l’istituzione a Messina di due cattedre di greco con stipendi annui di 60 scudi a carico dei monasteri greci dell’isola. Una delle due cattedre sarà occupata da Costantino Lascaris, il più grande fautore della rinascita dello studio di lingua greca in Italia, ricordato oggi da una via nei pressi del Viale Boccetta e maestro di Pietro Bembo, Giorgio Valla e del padre di Francesco Maurolico. I 76 volumi in lingua greca di Lascaris, da lui donati alla città di Messina, saranno poi confiscati nel 1678 dalla Spagna e trasportati a Madrid dove ancora oggi fanno bella mostra nel patrimonio librario della Biblioteca Nacional de España.

I volumi raccolti invece da Bessarione nella propria biblioteca verranno donati a Venezia. Sono preziosi codici che Bessarione ha raccolto, ricopiato e tramandato, alcuni di essi sono manoscritti greci che non sarebbero altrimenti mai arrivati in Occidente e ai giorni nostri. Questo immenso patrimonio libraio costituirà il nucleo fondativo della prestigiosa Biblioteca Marciana: si tratta di 746 codici, di cui 482 in greco e 246 in latino, cui si aggiunsero successivamente altri 250 manoscritti. Facendo data dal 1468, anno della lettera di donazione di Bessarione, nel 2018 la Biblioteca Marciana ha per questo recentemente festeggiato i 550 anni di vita. Nel 1462, quando Bessarione è ancora a Messina, viene nominato Patriarca latino di Costantinopoli, ruolo che gestirà dalle rive dello Stretto in quanto la capitale dell’impero romano d’oriente era caduta in mano turca 9 anni prima.

Alla fine del suo periodo messinese, Bessarione continuerà il suo lavoro di cucitore di culture, prima a Grottaferrata, poi in giro per l’Italia e l’Europa. Morirà a Ravenna nel 1472 al rientro da una fallimentare missione in Francia effettuata per perorare una crociata volta a liberare Costantinopoli dal dominio turco.

Più volte la Comunità Ellenica dello Stretto di Messina ha promosso manifestazioni culturali dedicate a Bessarione e ne ha chiesto anche l’intitolazione di una via. Se è vero che a Roma, Milano, Padova e persino Mazara, Bessarione ha delle dediche odonomastiche, la nostra città invece continua a ignorarlo.

FiGi

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