A far chiarezza in merito sono gli studi del celebre filologo Arrigo Castellani, pubblicati nel 1995.
Le sue ricerche hanno infatti dimostrato che fu il De Aetna (ovvero “Libro sull’Etna”) di Pietro Bembo, nel 1496, la prima opera in assoluto in cui compaiono virgola, punto e virgola, apostrofi e accenti con lo stesso significato che, secoli dopo, ancora oggi continuiamo a dare in tutto il mondo occidentale.

Raffaello Sanzio, Ritratto di Pietro Bembo, olio su tavola, 1504, Museo di belle arti, Budapest

Pietro Bembo, è considerato uno dei padri della lingua italiana, scrisse il De Aetna, sua prima opera, a seguito del suo percorso di formazione culturale avvenuto a Messina.
Il raffinato umanista di origine veneziana, in fase di formazione giovanile, si era recato (come accadeva frequentemente a quel tempo) in riva allo Stretto per apprendere il greco, conoscenza essenziale per studiare la filosofia e la letteratura classica. La tradizione greca era infatti fervente a Messina, definita dagli stessi umanisti del tempo come “altra Atene”, sia per la ininterrotta presenza della comunità greco-bizantina (Messina ancora oggi è riconosciuta come città di minoranza linguistica greca) sia per il ruolo chiave dell’umanista greco Costantino Làscaris (ricordato in città da una piccola traversa del viale Boccetta). Quest’ultimo, in fuga da Costantinopoli caduta in mano turca nel 1453, dopo un certo peregrinare, si era stabilito a Messina sfruttando l’occasione di accedere ad una biblioteca di codici greci non facilmente disponibili nel continente.
In questo modo riuscì a creare un circuito culturale di primo piano, attirando in città, oltre allo stesso Bembo, Giorgio Valla, Angelo Gabriel, Urbano Bolzanio (umanisti tutti dimenticati dalla toponomastica messinese) insieme ai messinesi Francesco Maurolico e Cola Bruno.

A Messina, Pietro Bembo trascorre due anni e, a seguito di una sua esplorazione sull’Etna, scrive il De Aetna, libro pioneristico non solo per gli aspetti linguistici e paragrafematici, ma anche per l’approccio strettamente proto-scientifico con cui viene raccontata un’escursione naturalistica da Messina fino alla cima del vulcano in eruzione. Nel De Aetna, Bembo, racconta le bellezze di una terra fertile e lussureggiante, vantando la bontà delle uve mamertine e la bellezza delle rovine di Taormina. Non manca però una battuta velenosa sui messinesi: “è noto che per la sfrontatezza e la piena libertà delle parole sono chiamati addirittura trilingui”.

In una lettera a Maurolico, Bembo scriverà nostalgicamente trent’anni dopo aver lasciato la Sicilia: “Vedi bene che nessun’altra e più amabile lettera mi è stata recapitata in tutto questo anno come la tua. Infatti hai eccitato il ricordo, rievocandolo dolcemente ai sensi e all’anima, di quel tempo in cui vissi a Messina per imparare le lettere greche, e che di tutti gli altri tempi che poi ho vissuto non solo fu il più felice ma anche il più fruttuoso, oltre alla memoria del santissimo ed ottimo uomo Costantino Lascaris, mio precettore.”

Nominato cardinale nel 1539 da papa Paolo III, Pietro Bembo muore a Roma nel 1547.

L’etnea Adrano lo ricorda con una via, a Messina invece non v’è traccia.

FiGi

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Anonimo
Anonimo
28 Marzo 2020 11:40

Ora c’è il linguaggio da social, quello che fa mettere puntini sospensivi ogni tre parole.
Scherzi a parte, trovo molto interessante questa rubrica.
Complimenti per l’idea.