I Rodriquez sono una famiglia di lontana origine spagnola. Nel 1580 erano giunti in Sicilia come governatori delle isole Eolie, e qui vi erano rimasti, dilapidando il loro immenso patrimonio nell’arco di tre secoli. Leopoldo aveva allora deciso di investire una parte del rimanente in un’impresa industriale fondando, nel 1887, un piccolo cantiere navale, a Messina, dedito soprattutto a piccole costruzioni e, dopo il terremoto, alle manutenzioni per i traghetti e le ferrovie.

Il barone tedesco Hanns Schertel, negli anni trenta, aveva lavorato a un progetto navale innovativo: l’aliscafo. Anche se i primi esemplari avevano destato estremo interesse, la seconda guerra mondiale ne aveva di fatto arenato lo sviluppo, mandando in soffitta progetti e prototipi per oltre un decennio. Terminata la guerra e rientrato dalla prigionia in Russia, Schertel fonda in Svizzera (la Germania per le sanzioni belliche non poteva costruire navi veloci) la Supramar che nel ’53 realizza il primo aliscafo (modello “PT10”), il Freccia d’Oro, testato, sul lago Maggiore, tra Svizzera e Italia. Ma Schertel, con la sua Supramar, non è in grado di effettuare una vera produzione industriale, per cui cerca partner a cui cedere l’esclusiva del brevetto. La prima operazione la farà in Giappone, con il colosso Hitachi, cui si limiterà a vendere il know-how tecnologico per la realizzazione di questi mezzi. Successivamente però cercherà in Europa dei partner più stabili con cui realizzare una collaborazione più stretta e duratura, per vendere e produrre in licenza prodotti finiti. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto in Francia e Inghilterra, Schertel sarà attratto dalla particolare conformazione della Sicilia: una grande isola a poche miglia dal continente.

Carlo Rodriquez, con un’abile trattativa, riuscirà a spuntare un buon accordo e acquisterà dalla Supramar i diritti di costruzione di questi mezzi. A capo dell’ufficio tecnico piazzerà un geniale ingegnere tedesco del team di Schertel, Friedrich Löbau, che si trasferirà sullo Stretto dove vivrà per i successivi 24 anni, praticamente fino alla morte. Insieme, Rodriquez e Löbau scriveranno la storia dell’aliscafo.

L’idea di base, attribuita universalmente all’italiano Enrico Forlanini, è di fatto geniale. L’aliscafo è una nave dotata di ali (proprio come quelle di un aeroplano) collocate sul fondo dello scafo, sott’acqua. Sfruttando la maggiore densità dell’acqua rispetto a quella dell’aria, le ali di un aliscafo possono essere, a confronto con quelle di un aeroplano, molto più piccole e possono sollevare maggior peso. In questo modo, quando l’aliscafo prende velocità, come un aereo al decollo, lo scafo si solleva fino ad uscire completamente dall’acqua, lasciando immerse le sole ali. Questo comporta un enorme vantaggio in termini di resistenza e quindi di velocità e consumi. Tuttavia i problemi di costruzione e controllo sono tutt’altro che banali, motivo per cui, fino ad allora esistono soltanto sperimentazioni e prototipi.

Nel 1956 viene quindi varato il primo aliscafo, il Freccia del Sole (antesignano del modello “PT20”), impegnato nella tratta Messina Reggio Calabria. Sarà il primo aliscafo di linea al mondo. È veloce, sicuro ed economico, in grado di portare 70 persone dall’altro lato dello Stretto nel tempo record di 15 minuti e da Messina a Napoli in 4 ore e mezza. Fu un successo a tutti i livelli, tanto che, nei successivi trent’anni, Carlo Rodriquez produrrà oltre 150 nuovi aliscafi, che sarebbe stato possibile veder navigare più o meno ovunque nel mondo: Mediterraneo, Atlantico, Mar dei Caraibi, Oceano Indiano e Pacifico. Complessivamente 22 paesi, dal Venezuela alla Nuova Zelanda. I cantieri Rodriquez diventano gli unici produttori in tutto il mondo occidentale, facendo concorrenza a sovietici e giapponesi. Rodriquez sottoscrive persino un contratto di concessione per la produzione in Oriente con una giovane rampante industria coreana: la Hyundai.

Nel 1961 Ian Fleming lo cita espressamente nel libro Agente 007 – Thunderball: Operazione tuono quale costruttore del “Disco Volante”, lo straordinario mezzo avveniristico in uso al cattivo di turno. Così viene presentato nel racconto:

“Lo yacht, Disco Volante, era un’imbarcazione con due pattini, costruita per Largo [il cattivo del libro ndr] con i fondi di SPECTRE [l’organizzazione criminale ndr] da costruttori italiani. Leopoldo Rodriquez di Messina, il solo armatore al mondo riuscito ad adattare il sistema Schertel-Sachsenberg a fini commerciali. Con uno scafo in lega di alluminio e magnesio, due diesel Daimler-Benz a quattro cilindri alimentati da due turbocompressori Brown-Boveri, il Disco Volante poteva spostare le sue cento tonnellate a circa cinquanta nodi, con una autonomia, a quella velocità, di quattrocento miglia circa. Era costato duecentomila sterline, ma era l’unica imbarcazione al mondo dotata di quella velocità, con posto per il carico e per i passeggeri, e con il basso pescaggio essenziale per il compito cui era destinata nelle acque delle Bahamas. I costruttori indicano inoltre un’altra particolarità per quest’imbarcazione molto gradita a SPECTRE. Dotati di grande stabilità e immersione minima, gli aliscafi non determinano variazioni del campo magnetico, né provocano onde, entrambe caratteristiche apprezzabili nel caso che il Disco Volante potesse desiderare sfuggire a un inseguimento, in qualche occasione della sua carriera.”

 

L’avanguardistico mezzo non lascerà indifferente neanche James Bond:

“E’ roba italiana,” spiegò Bond. “Costruita da un certo Rodriquez di Messina. Si chiama aliscafo. Ha due pattini sotto lo scafo, e, quando la barca incomincia ad acquistare velocità, questi vengono abbassati così che lo yacht si solleva e praticamente vola a fior d’acqua. Solo l’elica e un pezzo di poppa restano sommersi. Il commissario di polizia dice che può fare cinquanta nodi in acque calme. Naturalmente vanno bene solo per viaggi costieri, ma, quando sono costruiti per un simile scopo, possono trasportare più di cento passeggeri. Questo pare esser stato costruito per trasportarne solo una quarantina. Lo spazio restante è occupato dal quartiere del proprietario e dal carico. Dev’essere costato quasi un quarto di milione di sterline.”

Per la realizzazione dell’omonimo film del 1965, verrà davvero acquistato e opportunamente equipaggiato a set cinematografico un aliscafo PT20 di Rodriquez. Altra curiosità in salsa messinese: il cattivo, Emilio Largo, sarà interpretato da Adolfo Celi, uno dei nostri più grandi attori del cinema, cui è stato dedicato il tratto di strada statale tra Contesse e il Viale San Filippo.

 

Negli anni ’80 Rodriquez acquisisce lo storico marchio Baglietto, definito dal Time “il fondatore della nautica italiana” ma sull’orlo del fallimento: uno dei primissimi e rarissimi esempi in cui un’azienda del Sud ne salva una del Nord. Nel 1987, Carlo Rodriquez fu il primo imprenditore meridionale a quotare in Borsa la sua azienda.

La sua azienda aveva raggiunto i 100 miliardi di fatturato e quasi 1000 dipendenti.

Carlo Rodriquez si spegne nel 1992, potendo lasciare in eredità una Società ancora solida e competitiva, rimasta sempre fuori da scandali e ambienti mafiosi, modello paradigmatico di come si potesse fare impresa sana anche al Sud.

In passato si è parlato di poter esporre, magari su una rotatoria, un aliscafo in disarmo, come molte città usano fare con velivoli storici nei pressi degli aeroporti. Dedicare un tale spazio a Carlo Rodriquez, oltre che un giusto tributo all’uomo, sarebbe un’occasione di raccontare un intero pezzo di Storia produttiva della città.

FiGi

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Vincenzo Galletta
Vincenzo Galletta
22 Settembre 2020 18:21

una storia bellissima che purtroppo Messina non ha saputo e voluto portare avanti