MESSINA. È stata eseguita ieri, dai poliziotti del Commissariato di P.S. di Capo d’Orlando l’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa su richiesta del sostituto procuratore Andrea Apollonio dal GIP presso il Tribunale di Patti Andrea La Spada, nei confronti di un quarantacinquenne di Capo d’Orlando.

L’uomo è stato sottoposto alla misura perché resosi responsabile di atti persecutori ai danni di una ragazza e di un giocatore della squadra di basket “Orlandina”, militante nel campionato di basket di serie A2. I due erano perseguitati per identiche ragioni: il giocatore per avere la pelle nera, la ragazza per avere simpatie nei confronti della locale squadra di basket e quindi anche per i giocatori di colore. Coinvolti nella deplorevole vicenda anche un secondo giocatore di basket, anch’egli di colore, e la sua compagna.

Quanto ricostruito, grazie alle indagini degli agenti di Polizia coordinati dal sostituto Apollonio della Procura della Repubblica di Patti, capeggiata da Angelo Cavallo, ha evidenziato che l’uomo, dal mese di gennaio di quest’anno, attraverso la creazione di falsi profili su social network e tramite post pubblici su profili di altri utenti, perseguitava ossessivamente le sue vittime con continue minacce di morte, nascondendo sempre la propria identità, spingendo la ragazza e i due cestisti a rivolgersi alla polizia, denunciando i fatti.

L’hater inoltre istigava anche altri utenti social a commettere atti di violenza per motivi razziali ed etnici nei confronti delle persone di colore, rendendosi altresì responsabile di gravi minacce di morte ai danni delle quattro vittime, cagionando loro un grave stato d’ansia e di paura, nonché un fondato timore per la loro incolumità e quella dei loro amici e conoscenti, inducendole, inoltre, a modificare le proprie abitudini di vita.

“Vi brucerei vivi”, “muori negro”, “sono un razzista convinto” sono solo alcune delle frasi minacciose che l’uomo, ossessionato da sentimenti di invidia e di disprezzo per la pelle nera, rivolgeva alle sue vittime. Faceva inoltre intendere che sapeva dove abitassero e che sarebbe passato presto alle vie di fatto, salvo essere tempestivamente arrestato e ristretto ai domiciliari, con divieto assoluto di comunicare con l’esterno

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