MESSINA. Un acquario affacciato sul mare dedicato alla figura di Jeannette Villepreux Power, madre dell’acquariofilia e autrice di una delle prime “guide turistiche” della Sicilia (qui un approfondimento). A rilanciare l’idea di un “parco marino” a Messina, tornata fortemente in auge negli ultimi mesi, sono la professoressa Michela D’Angelo e l’architetto Massimo Lo Curzio dell’istituto di studi storici “Gaetano Salvemini”, intervenuti nel dibattito sulla riqualificazione del waterfront cittadino nel tratto compreso fra l’Annunziata e il Viale Boccetta. 

 

 

Il progetto, da realizzare negli spazi dell’ex Fiera o all’interno della cosiddetta area WA1 (tra la foce del torrente Giostra e l’Annunziata), trae spunto dagli studi e dalle ricerche nel campo della biologia marina condotte in riva allo Stretto dalla naturalista francese, considerata l’ideatrice dell’acquario moderno: un’invenzione, datata 1832, resa possibile grazie a una annosa controversia sulla conchiglia di un mollusco, l’Argonauta argo.

«La proposta da noi presentata – spiegano – ha inoltre l’obiettivo di ricordare la funzione che storicamente lo Stretto di Messina con il suo peculiare habitat marino ha avuto per il mondo scientifico anche a livello internazionale, da Nicolaus Kleinenberg ad Anton Dorhn e al loro progetto di istituire una Stazione Zoologica Marina a Messina. Valorizzare l’invenzione dell’acquario avvenuta a Messina significa anche proiettarsi nel futuro, tenendo presente l’importanza che avrebbe anche per lo sviluppo turistico della città. Ridefinizione del waterfront e valorizzazione dell’invenzione dell’acquario a Messina nel 1832 sembrano essere due facce della stessa medaglia e possono rientrare in una azione strategica complementare e integrata nel più complessivo progetto di ridefinizione urbana».

 

 

Ma chi era Jeannette Villepreux Power? Nata nel 1794 a Juillac e consorte del mercante e industriale James Power, visse a Messina per 25 anni, dove si dedicò allo studio e alla catalogazione degli “oggetti marini” presenti nelle acque dello Stretto. Giunta da Parigi nel 1818 a seguito del marito, la giovane francese, abile ricamatrice, si lasciò infatti travolgere dalla passione scientifica per lo studio degli organismi marini, facendo del mare messinese il suo immenso “laboratorio a cielo aperto”, che le offrì «l’opportunità di mezzi che nessun altro sito potrebbe altrove presentare».

«Jeannette – spiega Michela D’Angelo – proveniva da una zona montuosa della Francia e prima di allora non aveva mai visto il mare, di cui si innamorò sin da subito, né aveva alcuna cognizione di scienze naturali. Nonostante ciò, rinunciò alle tentazioni di una vita mondana e agiata per dedicare tutte le sue attenzioni alla ricerca, totalmente da autodidatta. I suoi 25 anni in riva allo Stretto possono essere divisi sostanzialmente in due fasi: la prima dedicata allo studio; la seconda, a partire dagli anni ’30, caratterizzata invece dagli esperimenti».

«L’acquario – prosegue la docente – nasce nel 1832, quando la giovane donna era intenta nello studio di un particolare mollusco che faceva “accapigliare” gli studiosi dell’epoca. Il motivo del contendere? Fin dai tempi di Aristotele ci si chiedeva se questa creatura si costruisse da solo la propria conchiglia o se prendesse la corazza di un suo simile».

A risolvere l’inghippo fu proprio Jeannette, con osservazioni dirette, metodi innovativi e le sue “gabbioline alla Power”, che le consentirono di osservare da vicino l’Argonauta argo.

 

 

Gli acquari da lei inventati e utilizzati furono di tre tipi: il primo è un contenitore in vetro che colloca nella sua casa per poter studiare da vicino i molluschi; il secondo, sempre in vetro, è inserito in una piccola “gabbia” di legno che immerge in mare per osservarli dalla superficie marina; il terzo è una “gabbia” di legno più grande che àncora nei bassi fondali marini per studiare e osservare pesci e molluschi più grandi. Negli acquari in casa, così come nelle gabbie in mare, Jeannette ospita e alleva i molluschi per i suoi esperimenti, grazie ai quali potè dedurre che la femmina dell’Argonauta argo non solo costruisce, ma ripara da solo la sua conchiglia che funge da ovoteca. Nel 1834 Jeannette comunica gli esiti delle sue osservazioni e scoperte all’Accademia Gioenia di Catania e nel 1837 anche alla Zoological Society di Londra, ricevendo apprezzamenti e consigli dal suo segretario Richard Owen, fondatore del Natural History Museum. «Solo a Madame Jeannette Power (nata de Villepreux) – scrive Owen – si deve attribuire l’invenzione e l’utilizzazione sistematica dei contenitori ora chiamati Acquari per lo studio degli organismi marini e principalmente dei molluschi».

L’invenzione delle “gabbioline alla Power” non passò inosservata e riscosse in ambito internazionale molto successo. La sua diffusione passò rapidamente dagli ambienti scientifici e accademici a quelli domestici, a scopo ornamentale. Già nel 1858 l’Enciclopedia Britannica riconosceva a Jeannette l’invenzione dell’acquario e la definiva “madre dell’acquariofilia”. Nel corso delle sue sperimentazioni, Jeanette Villepreux non si limitò all’osservazione delle creature marine, ma dovette affrontare e risolvere numerosi problemi dell’acquariofilia, quale la gestione dell’acqua, l’immissione di piante e rocce e l’alimentazione degli ospiti. Nel suo lungo soggiorno messinese si occupò anche di tassidermia, di paleontologia, di entomologia e di disegno naturalistico.

«Durante la sua esperienza in Italia – prosegue D’Angelo, già professoressa ordinaria di Storia moderna nell’Università di Messina – la donna compì anche un giro della Sicilia a piedi e descrisse tutte le risorse naturali dell’isola in un libro pubblicato nel 1939, “Itinerario della Sicilia”, rivolto soprattutto ai giovani, in seguito al quale lo scienziato siciliano Alessio Scigliani le dedicò un articolo su una rivista, indicandola come un modello che tutte le donne siciliane avrebbero dovuto seguire per istruire le loro figlie e salvarle dall’ignoranza. In seguito, prendendo spunto dal primo testo, Villepreux Power pubblica un secondo libro, Guida per la Sicilia” (1842), rivolta questa volta ai viaggiatori stranieri (poi ristampato due volte a Messina dall’istituto di studi storici “Gaetano Salvemini”, ndr)».

Con questi due volumi Jeannette si congeda così dall’isola: arrivata nel 1818 in Sicilia come “Cenerentola”, ne riparte nel 1843 come “Dama degli Argonauti”, nota negli ambienti scientifici europei e socia di una ventina di società scientifiche siciliane ed europee.

Ma che tipo era Jeannette? Si è fatta un’idea della sua personalità? «Era una donna fuori dai canoni e una persona straordinaria. Avrebbe potuto fare la vita della “signora borghese”, passando da un salotto all’altro, invece trascorreva il suo tempo al porto e sulle barche insieme ai pescatori, che erano soliti lasciarle pesci e molluschi insoliti in un secchio pieno d’acqua fuori dalla sua porta. A metà ‘800 era una cosa piuttosto inusuale».

E come nasce invece l’idea di un acquario sul lungomare? «Il tutto è legato al concorso di idee promosso di recente dall’Autorità di Sistema Portuale, in merito al quale io e il professore Lo Curzio abbiamo pensato di proporre una struttura all’interno dell’ex Fiera, adattandola alla realtà esistente e senza l’utilizzo di ulteriore cemento: non vogliamo fare opere mega galattiche. Già tempo fa avevo proposto l’intitolazione dell’acquario di Villa Mazzini a Jeannette Villepreux e la procedura è ancora in corso».

La biologa francese è stata di recente una delle protagoniste dell’incontro “8 Marzo 8 donne”, promosso dalla Città Metropolitana di Messina, nel corso del quale la professoressa Michela D’Angelo ha ripercorso le tappe salienti della sua vita e l’invenzione dell’acquario.

 

Di seguito le riflessioni di D’Angelo e Lo Curzio in merito all’opportunità di realizzare una struttura marina sul waterfront:

 

 

 

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