MESSINA. Manca un ultimo step per la piena fruizione dell’intera infrastruttura che consentirà di imboccare la tangenziale di Messina anche dall’Annunziata senza dover obbligatoriamente salire o scendere dal viale Giostra: sono le rampe (mai entrate in funzione perchè inutilizzabili e pericolose) che collegherebbero l’autostrada alla galleria San Jachiddu, duramente criticate da una relazione che il comune di Messina ha commissionato nel 2020 per valutare la possibilità di poter aprire i viadotti “O” e “P”. Dopo 15 anni, la fine del tunnel sembra avvicinarsi: a breve il Provveditorato alle opere pubbliche per la Sicilia e la Calabria (che è subentrato al Comune di Messina nella gestione dell’appalto) avrà per le mani il progetto definitivo che permetterà ai messinesi di arrivare all’Annunziata imprecando un po’ meno. Alla Emme Service spa di Bolzano (a cui è stato affidato l’aggiornamento dello studio di fattibilità tecnico economica a giugno 2024) mancano solo i risultati delle ultime prove.

Di che indagini si tratta? Una valanga di prove tecniche per comprendere come intervenire sull’infrastruttura: «Prove sul calcestruzzo, prove geotecniche, sui materiali utilizzati, sul ferro, sulle fondazioni delle pile per esaminare l’impalcato e anche sul terreno alla base, per valutare se necessita di un rinforzo», ha spiegato l’ex Provveditore Francesco Sorrentino (venerdì è stato il suo ultimo giorno in Sicilia), specificando che, in ogni caso, verranno cambiati gli appoggi. E forse anche l’intero sistema di appoggi, sostituendolo con un sistema di isolamento sismico della struttura (opzione a cui aveva accennato qualche giorno fa il vicesindaco Salvatore Mondello, confermata anche dall’ex Provveditore). Ma questa idea è solo al vaglio, il suo perseguimento non è certo.

Quando, quindi, i messinesi avranno il loro svincolo in piena funzionalità? Sulla durata dei lavori bisogna aspettare il progetto, ma l’ex Provveditore si è pronunciato sui prossimi step, con delle previsioni: «Le indagini verranno ultimate a fine settembre (quindi in questi giorni, ndr) dopodiché verranno trasmesse ai laboratori di analisi che esamineranno i risultati. Dopo circa 20-25 giorni, quindi a fine ottobre, avremo anche i risultai delle prove sui materiali utilizzati, che serviranno per redigere definitivamente il progetto (che dovrebbe essere pronto a fine novembre e che verrà esaminato nel comitato tecnico amministrativo del Provveditorato a dicembre). A gennaio dovrebbero venire appaltati gli interventi e verso marzo potrebbero essere consegnati i lavori». 

Secondo la relazione del Comune di Messina, erano due le possibili linee di intervento per rimediare al disastro che vede vittime le due bretelle (e i messinesi): la via “breve”, operando in fase di lavorazione, riportando alle quote corrette i sistemi di appoggio che non erano stati costruiti a livello (e poi a livello riportati con sistemi rudimentali, non corretti e pericolosi), e sperando che il tutto basti, per avere poi comunque due bretelle dalla funzionalità limitata perchè non adeguate alla normativa antisismica. Oppure, la via “lunga” (quella che sembra verrà perseguita), che dettava come oltre ai lavori bisognerebbe rifare, a monte, tutti i calcoli di progetto, e poi adeguare quello che ne resterebbe. In entrambi i casi, l’impalcato sarebbe (e sarà) materialmente “separato” dalle sue pile per la sostituzione dei giunti: più o meno quello che è accaduto con il viadotto Ritiro. Qui i dettagli e i costi delle due linee.

Per quanto riguarda la seconda opzione, quella che sembrerebbe essere stata presa in considerazione dal Provveditorato e, quindi, dalla Emme Service spa per la redazione dello studio di fattibilità (per la conferma ufficiale bisogna aspettare i risultati delle ultime indagini), prevede, in linea generale, di “eseguire un calcolo della struttura in condizione statiche e sismiche e sostituire tutti gli apparecchi di appoggio e i dispositivi sismici con dissipatori in modo da far diminuire l’azione sismica agente sulle pile e sulle spalle determinando condizioni di una possibile verifica con le accelerazioni sismiche previste dall’attuale normativa”, si legge nella relazione del 2020. In questo caso, quindi, bisognerà calcolare l’impalcato con le nome vigenti e con dissipatori sismici adeguati, verificare le sottostrutture, eseguire lo studio del sollevamento dell’impalcato e sulle conseguenze sulla struttura, sostituire tutti gli appoggi e i dispositivi sismici longitudinali e trasversali, predisporre un piano di manutenzione e, infine, eseguire una nuova prova di carico sull’impalcato.

Seguendo questa linea di intervento (che, si legge nella delibera relativa alla relazione, “appare suggestiva e porterebbe ad un notevole vantaggio nel futuro sulla vita dell’opera”), bisogna tenere conto che questa “è condizionata dai risultati delle calcolazioni in quanto potrebbe emergere che la struttura non può essere adeguata alla nuova normativa sismica. In questo caso, volendo comunque perseguire questa strada, si dovrebbe ricorrere ad un miglioramento sismico e valutare un parametro di miglioramento adeguato alle condizioni sismiche locali”.

Quanto sta costando (e costerà) tutto questo? Non si sa di preciso, ancora. Se fosse stata intrapresa la prima linea di intervento la cifra sarebbe stata di circa un milione e mezzo (secondo i costi previsti nel prezzario ANAS 2019), ma per definire il quadro economico della seconda opzione bisognerà aspettare lo studio di fattibilità tecnico economica (che poi è anche il progetto definitivo), il cui costo si aggira intorno ai 130mila euro (più altrettanti per le indagini e le prove).

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