Di Alessio Caspanello e Andrea Denaro

MESSINA. Deformazione delle piastre, impalcati che pendono da un lato, appoggi non posizionati correttamente, ruggine, scambi progettuali, macroscopici errori nei lavori: i viadotti “O” e “P” dello svincolo di Giostra, cioè le rampe (mai entrate in funzione) che dovrebbero collegare la galleria san Jachiddu direttamente con lo svincolo, senza la necessità di immettersi sul viale Giostra alto e poi rientrare, sono strutturalmente difettosi e presentano criticità che “mettono in forte dubbio il corretto funzionamento dei dispositivi di appoggio e ritegno delle azioni sismiche trasversali e longitudinali, e le condizioni di spostamento e corretta ripartizione dei carichi dell’impalcato”. In una parola, sono inutilizzabili: e, in effetti, a sei anni dalla prima inaugurazione dello svincolo di Giostra, non sono mai stati aperti al transito. Per motivi di sicurezza e dubbi sulla loro realizzazione.

Lo certifica una relazione commissionata dal comune di Messina a febbraio 2020 a un’impresa esterna specializzata per valutare la possibilità di poterli aprire. Possibilità che è stata categoricamente esclusa dal risultato dell’ispezione. “Alcuni di questi problemi sono riconducibili ad un normale deterioramento e quindi risolvibili con interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, mentre altri denotano un non corretto funzionamento della struttura, con la necessità di interventi per rendere il viadotto in grado di sopportare i carichi da traffico e le azioni sismiche”, spiegava il Comune all’epoca, sottolineando una serie di anomalie individuate che “compromettono il corretto funzionamento dell’impalcato, specialmente sotto azioni sismiche”. Di che anomalie si parla esattamente?

Ce ne sono di derivanti dal tempo, come la ruggine e la deformazione delle piastre, ma anche di derivanti da errori in fase di costruzione, come le targhette di montaggio non eliminate e gli appoggi non posizionati correttamente, o lavori non conformi alle indicazioni progettuali. “Difetti” che non erano emersi da una prima indagine visiva, dal quale era risultato che non vi erano apparenti problemi alla struttura. Apparenti. Poi si è scavato più in fondo.

Innanzitutto, si legge nella relazione redatta dopo la verifica da parte della società FIP MEC, specializzata in apparecchi di appoggio e giunti per ponti, “gli apparecchi di appoggio risentono dei segni del tempo, per cui sono in parte stati aggrediti dalla ruggine, non avendo in questi anni avuto nessuna manutenzione ordinaria o straordinaria, state il fatto che i viadotti non erano aperti al traffico”. Ancora, dalle indagini sono emerse “delle deformazioni delle piastre, anche di parecchi millimetri, che indicano una sollecitazione sull’appoggio non corretta“. Ma c’è molto altro. Per esempio i problemi derivanti dal non rispetto della procedura di costruzione. Cosa dice la relazione in merito?

“In alcuni appoggi sono presenti le targhette di montaggio e trasporto che dovevano essere eliminate in quanto, nel caso contrario, non consentono un corretto funzionamento dell’appoggio che risulta bloccato”, era stato evidenziato nel 2020, così come si era rilevato il fatto che “gli appoggi di progetto sono stati scambiati sulla pila P3 dei due viadotti”, spiega la relazione.

 E ancora, la relazione sottolinea come gli appoggi non siano conformi alle indicazioni progettuali: da progetto, infatti, era stato previsto che su alcuni elementi strutturali fossero presenti appoggi unidirezionali longitudinali, mentre su altri appoggi unidirezionali longitudinali a guida orientabile (tipo speciale): “Questa differenza era stata prevista perché, essendo l’impalcato in parte in curva, la direzione degli appoggi doveva convergere verso il punto fisso e quindi l’appoggio doveva essere in grado di autoregolarsi per posizionarsi nella direzione corretta. Gli appoggi posti in opera sono tutti del tipo unidirezionale semplice quindi non a guida orientabile e quindi non conformi alle prescrizioni progettuali“.

Infine, le altre problematiche riscontrate sono sui ritegni longitudinali (alcuni presentano segni di ruggine, altri “sono bloccati da getti di calcestruzzo presumibilmente eseguiti al momento della costruzione e da presenza di conglomerati bituminosi”), sui ritegni sismici trasversali sull’impalcato (“sono presenti ma spesso non a contatto con i ritegni presenti sulla pila e in ogni caso i cuscinetti di contatto in neoprene sono deteriorati o non in posizione – si legge nella relazione – spesso l’impalcato è completamente appoggiato su un lato e lascia un notevole spazio sul lato opposto), nonché derivanti dalla presenza di un controbaggiolo superiore, “che mette a contatto la piastra superiore dell’appoggio con l’impalcato. Questo controbaggiolo che assume anche spessori decimetrici, non è presente in progetto, non si conosce se è armato o meno, e soprattutto presenta talvolta delle lesioni verticali o orizzontali o lesioni tra in corrispondenza dell’attacco con il viadotto che fanno sospettare che si tratti di un riempimento con malta colata per aggiustare le quote degli appoggi“. 

Un disastro che ha impedito dal 2017, anno di inaugurazione dello svincolo di Giostra, di far passare anche solo una vettura. E meno male, visti i risultati della relazione. Il problema, però, inizia molto prima. I viadotti “O” e “P” sono stati progettati nel 1998 e successivamente sono stati costruiti dal raggruppamento di imprese Torno srl, Gitto srl, Vinci Antonino: le opere, si legge in una delibera del comune di Messina, sono state dirette da Beppe Rodriquez (che è stato anche progettista dello svincolo di Giostra) e collaudate staticamente dall’ingegnere Ferdinando Corriere, che ha emesso l’atto di collaudo il 31 agosto 2009. Paradossalmente, e per pura combinazione, i due viadotti non sono mai stati aperti al transito dopo essere stati costruiti, perchè non erano ancora state completate le rampe di raccordo con i viadotti autostradali, oggetto di un separato appalto e costruiti da un’impresa differente dopo il subentro dell’Anas nella gestione della commessa e direzione lavori nel 2010. Da quella data in poi, nel corso dei lavori è stato necessario introdurre alcune varianti per adeguare le opere alle nuove normative tecniche in zona sismica: a nessuno però è venuto in mente di farlo sulle due bretelle. Una delibera di giunta del 2020, alla quale era allegata la relazione, dava anche mandato al RUP di segnalare alle autorità competenti eventuali responsabilità che fossero emerse “da parte dei soggetti che hanno condotto, eseguito e collaudato le opere in oggetto, in merito ai problemi riscontrati sulle strutture”. Responsabile unico dei lavori che è stato nominato dall’amministrazione comunale proprio tre giorni fa, individuato nella figura di Silvana Mondello. Toccherà a lei capire come procedere per sistemare le cose.

Queste le tabelle che riassumono sinteticamente i problemi relativi ad ogni singolo appoggio. Per quanto riguarda la ruggine, è stato assegnato per ogni appoggio un indicatore che va da O a 5 che indica il grado di danneggiamento subito dall’appoggio in conseguenza allo stato di ruggine presente. Il valore O si riferisce a ruggine non presente e via via gli altri valori del parametro si riferiscono a ruggine sempre in quantità maggiore, fino ad arrivare a 5 che indica la ruggine presente sul piatto di acciaio inox:

 

Subscribe
Notify of
guest

2 Commenti
meno recente
più recente più votato
Inline Feedbacks
View all comments
Lillo
Lillo
3 Novembre 2023 12:51

Naturalmente non pagherà nessuno di quelli che hanno causato questo disastro. Tutti impuniti costruttori e controllori. Altro che ponte.

Alessandro Orlando
Alessandro Orlando
4 Novembre 2023 20:25

Strano però, serviranno altri 8 svincoli