MESSINA. Posta nella maniera più semplice possibile, la questione è questa: c’è una cartella esattoriale da 1200 euro da pagare, e di fronte alla possibilità di rateizzarla o in un anno a cento euro al mese, o in due anni a cinquanta euro, il consiglio comunale ha scelto la prima. Ancora più semplice, “ogni euro che dovremo destinare al rientro dai debiti, è un euro che toglieremo ai servizi, punto”, come ha spiegato l’assessore Guido Signorino in una singola frase.

Il piano di riequilibrio decennale del Comune di Messina, approvato nel 2014 (e sul quale il ministero dell’Interno non si è ancora pronunciato) per rientrare dal mezzo milione di debiti censito nel 2013, resterà decennale. Lo hanno deciso ieri diciotto consiglieri, su quaranta eletti, che con tre “no” e tre “astensioni” hanno bocciato la proposta di delibera che estendeva a vent’anni il periodo di efficacia del piano. Questo è quello che tecnicamente è successo.

In pratica che effetti avrà su Messina questa scelta?

La prima, e più ovvia, è che per pagare i debiti resteranno cinque anni, invece dei quindici se la delibera fosse stata approvata, perché il piano di riequilibrio è comunque del 2014. Questo si traduce, ovviamente, in minor risorse da spendere per i servizi, perché maggiori saranno le risorse da mettere ogni anno a copertura del piano.

Ancora più nello specifico, quali saranno le conseguenze immediate?

Stop a tutto il piano delle assunzioni, tra 29 dipendenti, tre dirigenti, la stabilizzazione dei 79 precari e la ricontrattualizzazione degli attuali impiegati di Palazzo Zanca.

Stop, o comunque forte ridimensionamento, ai servizi sociali “comunali”, come per esempio la Casa di Vincenzo (quelli a finanziamento statale ovviamente rimangono immutati).

Stop al nuovo contratto di servizio Atm che immaginava per l’azienda, per esempio una nuova linea di bus elettrici complementare alla linea del tram, perché le risorse che sarebbero servite per implementarla, il Comune la dovrà impiegare per compensare i minori trasferimenti della regione.

Stop, e l’argomento pare essere particolarmente sentito, alla manutenzione stradale programmata: erano previsto quattro milioni di euro all’anno, in linea con gli ultimi tre anni, probabilmente si contrarranno a un decimo.

E quindi sarà default? No. Intanto perché la massa debitoria si è ridotta di parecchio, e perché comunque, un piano di riequilibrio esiste ancora, e con esso i settanta milioni del fondo di rotazione che porta in dote con sé. Con quelli saranno pagati gli 87 milioni di debiti sicuri riconoscibili.

Restano i circa 60 milioni con le partecipate (30 per Messinambiente e 32 per la ricapitalizzazione Atm), i debiti potenziali legati alla finanza derivata, e quelli latenti legati al contenzioso, che sono circa 100.

Quindi alla fine, nella peggiore delle ipotesi (se cioè in tutte le cause legate al contenzioso Palazzo Zanca uscisse sconfitto da ogni aula di tribunale) la massa debitoria è di 300 milioni di euro. “Il piano di riequilibrio è gestibile perché una parte è finanziata e una è negoziabile“, ha spiegato l’assessore al Bilancio Enzo Cuzzola.

A soffrirne, quindi, sarà lo sviluppo futuro della città. Paradossalmente, quindi, non l’amministrazione guidata da Renato Accorinti, ma la prossima.

Quella che uscirà vincitrice dalle amministrative di giugno.

 

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