Mulincianare 

 

In linguistica, uno degli esempi più abusati è quello della neve e degli eschimesi. Si tratta di una teoria proposta all’inizio del secolo scorso dall’antropologo Franz Boas, secondo il quale il vocabolario in uso nelle varie culture sarebbe fortemente influenzato dalle necessità e dagli interessi delle persone che se fanno uso. Così, mentre a un italiano può bastare un unico termine con cui identificare la neve, i popoli dell’estremo Nord, per i quali distinguerne le varie consistenze può rappresentare una questione di vita o di morte, di parole sono costretti a utilizzarne più di 50.

Vero o falso che sia (la questione è annosa), è quantomeno curioso pensare ai tanti lessemi che sono stati coniati per parlare della prevaricazione fisica a Messina, città in cui le sciarre indiscriminate hanno svezzato generazioni di ragazzi. Rimandando alla specifica lettera le infinite varianti delle tumpulate (a ntrasiri e nesciri, a specchio, a ntonacare, a sciddicapiatti, a sciddicamatuni…), e restando in tema “m”, si è deciso di sorvolare sul generico mmiscare per lasciare spazio al ben più raffigurativo mulincianare.

Il riferimento all’ortaggio è palese. Anche se, più che alla forma o alla consistenza delle melanzane, il rimando è al loro tipico colore violaceo, prossimo al prugna: lo stesso pigmento a metà fra il cremisi e il rosso tiziano che possono assumere certi lividi quando le carcagnate sono di quelle che non ti scordi più.

 

 

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Sergio Todesco
Sergio Todesco
3 Maggio 2017 19:10

very good!

Maria
Maria
3 Maggio 2017 23:13

Mammafausa mi ha fatto ricordare di un gioco che facevamo da bambini forse era a “nascondino”?

Ivano Rotondo
Ivano Rotondo
4 Maggio 2017 0:22

mi hai fatto ridere, bravo!
al prossimo giro mettici dentro anche “masticante”, un capolavoro senza tempo

pippolipari
pippolipari
5 Maggio 2017 10:17
Reply to  Ivano Rotondo

quoto! “masticante” è un capolavoro linguistico messinese doc!

Alfio Lanaia
Alfio Lanaia
4 Maggio 2017 12:25

Mi sembra come minimo esagerato il sottotitolo (parole con la M che esistono SOLO (sic!) a Messina), dal momento che alcune parole (minarsela, manciaçiumi) sono almeno pansiciliane. In questi casi, invece di Wittgenstein, basterebbe un vocabolario dialettale per rendersene conto.

Giovanni
Giovanni
4 Maggio 2017 21:54

“Milla” che bell’articolo!!

Giovanna
Giovanna
4 Maggio 2017 22:20

Suffareddu. Lo dice sempre mia mamma ai miei figli. Ma chi aviti u suffareddu ‘nto culu? Per indicare la loro irrequietezza e l’ essere molto vispi.

Sciabbacheddu oltre per indicare il pesce, serve ad indicare la presenza in un luogo di ragazzini.
‘Nto viali oggi c’era un saccu i sciabbacheddu

pippolipari
pippolipari
5 Maggio 2017 10:15

Grande Marino! …alla voce “minarsela” aggiungerei l’evocativo (e mai sentito altrove) “minarla alle bratte” (dicasi di azione inutile, inconcludente)