Bologna. 19:45.
Sto per uscire di casa. È la prima volta dopo quasi tre mesi che lascio Bologna per tornare giù: a Messina. Tra esami, lezioni e una nuova vita da costruire in una nuova città non sono riuscito a tornare giù neanche per l’uscita del Magazine. Il viaggio l’ho organizzato quasi un mese prima: due treni, circa nove ore tra alta velocità, un intercity e una notte a Roma che trascorrerò da un’amica. Il prezzo? Poco meno di 85 euro e mi devo ritenere fortunato. È dal 13 settembre, dal mio primo giorno a Bologna, che controllo il sito di Trenitalia o Italo per organizzare il rientro, ma sfortunatamente solamente a partire da fine ottobre sono stati pubblicati i biglietti per la tratta Bologna-Villa San Giovanni. Prezzo dell’alta velocità? Tra i 110 e i 150 euro nel periodo tra il 21 e il 23, a ridosso degli esami. Aerei? Troppo costosi: perché dovrei sborsare tra i 180 e i 300 euro per una tratta che durante l’anno pago 30 euro? In questa maniera, allungare il viaggio con un pernotto da amici, per risparmiare quei 40 euro, diventa quasi una questione di principio. La politica ha un’attenzione al problema dei fuorisede che è consuetudinaria come gli auguri di Natale con i propri parenti, con gli amici che non senti da anni. All’interno delle stanze del potere di Palermo, come in quelle di Roma, il 1° dicembre si accende una spia rossa che riporta il messaggio “-24 giorni a Natale, parlare del caro-voli”. Nelle scorse settimane sono state varie le dichiarazioni di Renato Schifani, il neopresidente della Regione Siciliana, sul caro-biglietto. Un’attenzione quella della politica che però si ferma il più delle volte agli aeroporti di Catania e Palermo. Negli scorsi giorni, anche la deputata del Movimento 5 stelle Angela Raffa ha presentato un emendamento per un fondo sul caro-voli in legge di bilancio. Bisogna, però, dire che per i residenti in Sicilia che rispettano determinati requisiti già esiste un fondo per il caro-voli, si chiama Sicilia Vola, pensato dal Ministero dei Trasporti. Peccato che l’unica compagnia che attiva sulla tratta Bologna-Catania sia proprio ITA (ex Alitalia) che non predispone di un volo diretto ma con scalo su Roma. Per concludere questa breve parentesi sull’azione della politica, è evidente che la volontà di alimentare il dibattito nel periodo natalizio diviene un modo per accendere i riflettori su una questione antica quanto la Questione Meridionale. Quindi, mi chiedo io: è risolvibile un problema del genere anche mediante una regolamentazione dei biglietti sulle tratte? O è qualcosa di impossibile? Dunque, mi farò prendere in giro anche il prossimo anno dinanzi alle dichiarazioni dell’ennesima/o politica/o sulla creazione di fondi speciali (simil bonus) che non compensano la necessità di un’azione legislativa volta a ridurre i prezzi sulle tratte? Ci penso mentre attendo alla fermata dell’autobus davanti casa. C’è quella nebbiolina che caratterizza permanente la città e sta piovendo. Stasera fa meno freddo del solito: ci sono sei gradi. Il bus mi lascia in via Indipendenza a pochi metri dalla stazione. Lì, alle 20:15, il grande tabellone giallo indica il binario 18 e segnala già dieci minuti di ritardo sul mio treno. Scendo alla stazione di Bologna Alta Velocità che si trova nelle viscere della Centrale. Tre piani di scale mobili per ritrovarsi in un ambiente neutrale e pensato per chi utilizza un servizio differente dagli intercity e dai regionali. Mi siedo su una panchina e mi mangio una piadina riempita con l’ultimo spiedo di braciole che mi sono arrivate con il pacco da giù. Attorno a me pochi studenti e molti lavoratori. Ancora non sto vivendo il caos con il quale mi accoglierà Roma Termini domattina. Il treno arriva al binario con quasi venti minuti di ritardo. Carrozza 6, posto 33. Molti fuorisede stanno tornando a casa: c’è chi guarda una serie tv sul cellulare, c’è chi dorme e poi ci stanno due ragazze. Entrambe romane, entrambe lavoratrici, si sono conosciute sul treno. Probabilmente scendono da Milano. Parlano di Roma e del suo caos, di relazioni e di essere lavorare al Nord. La mia vicina di posto sta, invece, guardando una puntata su Netflix e la vedo sbirciare nel mio pc mentre scrive questo pezzo. A Firenze il treno si svuota e nella tratta fino alla Capitale riesce persino a recuperare quel poco ritardo che aveva. Alle 23:20 Termini è deserta. All’infuori del gate, che separano la zona commerciale dai binari, ci sono solamente poliziotti su un kart e le luminarie degli schermi pubblicitari sembrano accecarmi la vista. Uscendo dal dinosauro mi dirigo verso la fermata del tram: la metro A e la C sono già chiuse e il 19 si ferma alle 23:00. Attendo qualche minuto fino all’arrivo del 14: direzione Togliatti. Scendo sulla Prenestina, all’altezza del Pigneto. Lì mi aspettano Giulia e Viola che mi hanno offerto un calice di vino e un posto letto.
Roma. Ore 8:20
Mi saluto al volo con Giulia che deve andare al lavoro. Esco di casa alle 10 e mi consigliano di non prendere la metro A che è un casino. Opto al volo un autobus che ci impiegherà circa mezz’ora ma che mi offre di fare un breve giro turistico passando per San Giovanni, il Colosseo, i Fori, Palazzo Chigi fino a Termini. In stazione non c’è il deserto che avevo lasciato poche ore prima. Ora è affollata di pendolari che scendono e salgono dai regionali, turisti, e molte persone che si dirigono verso Sud. Mi fermo al binario 12, dove sta per partire un intercity diretto in Sicilia. È pieno. Mi siedo sulla panchina in marmo e mi si avvicina un ragazzo campano. «Ma secondo te questo treno ha le prese? Perché mi sembra vecchio». Ho ancora le cuffiette ma gli rispondo che sinceramente, spero di sì. Ci mettiamo a parlare. Il suo viaggio verso Sud è partito da oltre duemila chilometri più a Nord. È arrivato stamattina a Roma da Stoccolma dove lavora in una cucina. Mi racconta del paese scandinavo e delle differenze: ci abita da cinque anni. Quando mi chiede dove devo arrivare, sentita la risposta, mi augura buona fortuna. Nell’ora di attesa, e prima dell’annuncio del mio treno sul display quadrato della stazione, provo a parlare con qualche altro studente. Nessuno si vuole far riprendere per un’intervista. Ci sono due signori, sulla cinquantina che vengono da Venezia e devono arrivare a Rosarno. Tutta la tratta l’hanno pagata 120, euro quasi il doppio di quanto la pagherebbero in periodo non festivo. «Siamo abituati. Ogni anno è la stessa storia e quindi per questo Natale 2022 non è cambiato più di tanto». Si fanno le 12:06 e viene annunciato il mio treno. Binario 14. Mi muovo insieme alla folla di valigie, borsoni e persone. Aiuto una ragazza a portare su le sue valigie e mi siedo al mio posto. L’ultimo saluto a Roma e il treno inizia la sua apparente corsa verso Reggio Calabria. Sono diciotto le stazioni che attraversa il convoglio: circa il quadruplo di quelle fatte dal treno più veloce su quella tratta. Per ammazzare il tempo mi metto subito a montare il reel del viaggio: esco il caricatore, prendo la presa e niente. Sugli intercity ci sono le prese italiane che non si adattano con le spine Schuko. Il vicino di poltrona, un francese in viaggio con tutta la famiglia, sorride alla scena. Ne parlo con il capotreno e mi risponde con un secco «Non siamo dotati di supporti per queste prese». Per fortuna, dopo un’ora e mezza di viaggio, mi ricordo che dentro la valigia ho il mio vecchio pc con spina italiana che possono adattare al nuovo alimentatore.
Vado alle macchinette per prendere un caffè e alcuni passeggeri mi avvisano che il pos non funziona. In quel momento, passiamo nella prima tratta dalla quale si vede il mare. Due studenti calabresi, che parlavano fino al momento prima di Sapienza e di Roma Tre, si zittiscono. Restiamo tutti e tre a vedere quella striscia blu quasi meravigliati mentre siamo nella pseudo carrozza bar. La famiglia francese scende a Salerno, e sale una famiglia con due bambine. Nel vagone ci sono anche due neonati. Il viaggio perfetto per chi non sopporta gli acuti. Nonostante questo, mi lego la sciarpa sugli occhi e mi addormento finché non arriviamo ai confini calabresi. Un’amica, una volta, mi ha scritto “Se guardi il panorama la Calabria diventa più corta”. Così, ci ho provato, nonostante il buio, ed effettivamente aveva ragione. Tra un centro abitato e un altro si vede che siamo quasi arrivati a destinazione: le luci di natale sui balconi dei palazzi senza intonaco, come lo definì un mio caro amico “stile rinascimento-calabrese”, segnano il panorama. Alla stazione di Rosarno, mi alzo e vado a prendere una bocca d’aria. Sulla piattaforma c’è un anziano genitore che aspetta che la figlia scenda dal treno. Posate le valigie, lei lo abbraccia. Lui si commuove e qualche lacrima scende fino ai suoi lunghi baffi che gli segnano la faccia. Il mio viaggio sta per terminare con i soliti dieci minuti accademici di ritardo. Nella fila per scendere dal treno c’è una famiglia originaria di Capo d’Orlando. Vengono da Carpi, e per il figlio, un bambino di circa otto anni, è la prima volta in Sicilia in inverno. La madre lo avvisa che non è la stessa cosa di scendere in estate: non potrà andare al mare, e che nel loro paese non c’è nulla. Il bambino rimane, comunque, contento perché potrà rincontrare gli amici estivi e i suoi nonni. Sono quasi le 20. A Villa San Giovanni non ci sono scale mobili, né ascensori. Chi scende dal treno si aiuta a vicenda: c’è chi porta in due un passeggino o un valigione. Nel sottopassaggio inizia la fila per prendere i biglietti dell’aliscafo. Una fila di circa 80 metri e sul molo ci sono già un centinaio di persone che attendono di imbarcarsi. In maniera inconscia scelgo di prendere la Caronte per godermi la notte sullo Stretto. Certo ho allungato di quasi quaranta minuti il mio viaggio, ma sinceramente ne valeva la pena. Sul ponte della nave, mi si aprono varie riflessioni in merito ai commenti di un articolo che ho scritto sul caro biglietti: secondo molti il Ponte sullo Stretto sarebbe la soluzione al problema. Io, da studente di Economia e Diritto, ci ho riflettuto quasi due settimane e la risposta è “no”. No, perché il Ponte farebbe risparmiare sulle tempistiche e non sui costi che devono essere oggetto di un intervento legislativo. Anche con il ponte, le compagnie di aerei, treni e autobus lucrerebbero sul ritorno a casa dei fuorisede per le feste. Continuerebbero a lucrare sulla gente del Sud che è vittima di un meccanismo di estrattivismo che porta forza lavoro, intellettuali, studenti, e speranze verso altri territori. Verso il Nord. Arrivato a Messina mi gusto la tanto desiderata focaccia tradizionale e mi auguro che il prossimo anno posso spendere meno di 80 euro per il viaggio, senza affrontare cambi e ore di intercity, e magari sperando che della questione del caro-biglietto se ne parli a gennaio per quello che succederà a Pasqua 2023 e per il Natale futuro.