Questo è quello che ho visto in Cattedrale, il giorno del Vascelluzzo. Nella sua omelia durante la funzione pomeridiana il nuovo Arcivescovo Mons. Giovanni Accolla avrebbe potuto trattare il tema del Corpus Domini disquisendo in modo dotto e teologico sul mistero eucaristico, con frasi e discorsi che i fedeli erano abituati ad ascoltare in circostanze analoghe.

Egli ha viceversa preferito parlare del Corpo di Gesù come corpo donato, come corpo che si spezza per gli altri; e da qui è poi passato a parlare di coloro ai quali siamo chiamati a donarci se vogliamo porre noi stessi a questa sequela: i poveri, gli ultimi, coloro per i quali nessuno spezza il pane né tantomeno se stesso. E quindi ha richiamato i malesseri che attraversano le nostre società, e coloro che si arricchiscono sulla pelle degli altri, e le diseguaglianze che a pochi cinici assicurano un effimero potere giocato a discapito di una massa sterminata di “dannati della terra”. Le sue parole erano semplici, per nulla paludate, distanti anni luce dai toni enfatici di tanti prelati che intendono in tal modo celare attraverso l’enfasi la loro distanza, il loro totale scollamento dai fatti concreti del mondo e delle persone.

Era molto tranquillo Mons. Accolla, e la sua sobrietà nel celebrare la messa strideva palesemente con l’irritante pompa dell’insopportabile coro, con organista al seguito, che ama trasformare ogni celebrazione eucaristica in un’esibizione da X Factor, di fatto interponendosi con le continue intromissioni canore tra il celebrante e il corpo dei fedeli cui spettano in realtà la preghiera e l’interlocuzione col celebrante.

L’Arcivescovo invece ha preso la parola senza alzare la voce, ha pagato un suo moderato tributo alla tradizione locale, verso la quale aveva già mostrato rispetto in occasione dei festeggiamenti per la Madonna della Lettera, e ha proseguito – appassionatamente – testimoniando con le parole e con lo stile come il mistero eucaristico consista, prima ancora che nelle profondità delle elucubrazioni teologiche, in quella lavanda dei piedi, in quel farsi servo degli altri riconoscendo negli altri, in chiunque altro, un prossimo da amare, un fratello cui riconoscere dignità e verso cui mostrare accoglienza e vicinanza di cuore, in ciò appunto consistendo la tenerezza di Dio.

Mons. Giovanni Accolla sarà probabilmente valutato da qualcuno dei parrucconi che ancora allignano nella Chiesa messinese un semplice “prete”, come di essere un semplice prete è stato accusato Papa Francesco allorquando – assai presto – sono emersi con evidenza il suo modo di intendere la missione pontificale e la sua peculiare modalità di testimoniare il Vangelo. E non erano infine “semplici preti” anche Don Lorenzo Milani, Don Primo Mazzolari? La verità vera è che dai tempi di Padre Franco Montenegro non risuonavano nella nostra città parole così schiette e limpide, dichiarazioni così radicali sugli ultimi, sulle povertà, sui conflitti che uccidono la pace e sulla cattiva politica che li genera.

A questo pastore, il cui arrivo ha ingenerato in molti messinesi cristiani non di facciata una forte speranza di crescita non solo religiosa per la città, auspico lunga permanenza e preconizzo un ruolo sempre più cruciale nella vita civile di Messina.

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emmeaics
emmeaics
1 Luglio 2017 13:53

ma il titolo chi lo ha scelto ??

mm
Editor
2 Luglio 2017 17:03
Reply to  emmeaics

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