MESSINA. Dura da dieci giorni, e non ci sono spiegazioni: è l’emergenza rifiuti che attanaglia Messina dal 10 maggio, pomeriggio in cui, sbaraccato il Giro d’Italia, in occasione del quale grossa parte della città era stata ripulita, la città è ripiombata in atmosfere da catastrofe ambientale. Cassonetti pieni e non svuotati per giorni, metri e metri di sacchetti a invadere marciapiedi e sedi stradali, cittadini esasperati e amministratori imbarazzati, risposte balbettanti o silenzi misteriosi. Con la differenza che, rispetto alle crisi precedenti, che una qualche spiegazione ce l’avevano, quello che è successo in questi dieci giorni è inspiegabile.
Nessuna chiusura alla discarica in provincia di Catania in cui Messina conferisce i suoi rifiuti, nessuna epidemia di guasti a mezzi o impianti, niente ferie, o ponti lunghi, o picchi di malattia. Niente. E allora? Cosa è successo per far diventare Messina un immondezzaio a cielo aperto?
A Messinambiente nessuno si sbilancia. Anche perché la partecipata è ad un passo dal collasso. Con una procedura fallimentare ancora pendente, un mese e mezzo di tempo per convincere il tribunale di Messina della bontà di un piano di rientro sul quale deve esprimersi il consiglio comunale, con una proroga del contratto di servizio che scadrà definitivamente a fine giugno, e con la società che dovrebbe prenderne il posto, la MessinaServizi Bene Comune, costituita ma senza che le sia stato ancora assegnato il servizio (in discussione in aula) e ancora priva dell’autorizzazione regionale a trattare rifiuti, il futuro in via Dogali è nebulosissimo.
Al punto che nessuno lo dice direttamente, ma la coincidenza tra il voto che tarda in aula, il futuro incerto ed i disagi di questi giorni, a qualcuno sembra troppo strana per essere solo una coincidenza.
Dall’emergenza si sta lentamente venendo fuori solo oggi, ma in parecchie zone della città la situazione resta drammatica. Secondo i vertici di Messinambiente, in questi giorni vanno in discarica 350 tonnellate al giorno di rifiuti, 50 in più della media settimanale. Quindi o c’è una produzione anomala di spazzatura, e non è questo il caso, oppure per giorni è rimasta spazzatura non raccolta. Non sembra una ragione plausibile, invece, quella dello stop dell’impianto di Pace dovuto all’incendio di un mese fa abbondante: intanto perché lì i rifiuti non potrebbero starci, nemmeno come “base intermedia” tra la città e la discarica di Motta, e poi perché in un mese non si erano segnalati particolari disagi dovuti allo stop della struttura.
Per favorire il passaggio della corsa rosa, Messinambiente aveva spostato quasi duecento cassonetti. Che ancora non sono tornati al loro posto. E siccome le abitudini per molti sono evidentemente più importanti di igiene e decoro, la spazzatura ha continuato ad essere depositata lì dove fino a dieci giorni fa c’era un cassonetto. E lì, in molti casi, è rimasta. Un concorso di colpe.
Anche gli interventi non sembrano seguire un filo logico: metà del viale Regina Elena è ormai “bonificato”, l’altra metà annega nell’immondizia. In alcune strade, un marciapiede è pulito, nell’altro i cassonetti traboccano. Addirittura, in certi casi su tre cassonetti vicini, due sono stati svuotati ed uno è rimasto col suo carico intonso.
Sul sito di Messinambiente, poi, c’è una sezione dedicata ai report di intervento sulle discariche abusive aggiornato giorno per giorno. Per coincidenza, dal 10 maggio, è attiva solo la pagina relativa al report di oggi, 18 maggio: le altre, dal 10 al 17 ( con l’eccezione del report di sabato 16 maggio), riportano un provvidenziale “Internal server error”.
Nel frattempo, la spazzatura per strada è diventata motivo di imbarazzo per i messinesi che sono costretti ad allargare le braccia davanti ai numerosissimi turisti che in questi giorni sono sbarcati a Messina. Turisti per i quali la spazzatura a cielo aperto è una curiosità diventata quasi un’attrazione.
purtroppo l’ex dispensatore di carbone Ialacqua che quando era a Lega Ambiente bacchettava anche un bambino che sputava un masticante adesso non solo non si auto consegna una miniera di carbone dove seppellirsi ma non ha neanche il buon senso di dimettersi.