MESSINA. Non sono bastate le forze congiunte di comune di Messina, la città metropolitana, l’Autorità portuale, Confcommercio, Confindustria e due direzioni dell’Agenzia del Demanio, più un protocollo d’intesa con il British Council e la Vision per convincere il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (Mibact) a sganciare i 290mila euro di finanziamento chiesti nell’ambito del bando “finalizzato a favorire l’innalzamento della qualità progettuale volta a migliorare le condizioni di offerta e fruizione del patrimonio culturale in raccordo con le fasi di attuazione della programmazione 2014-2020”.  Messina ha presentato un progetto ed è stata esclusa, piazzandosi terzultima su cinquanta.

Il progetto, presentato “Stretto di Messina “Naturalmente” cultura. Progetto integrato per il Sistema culturale dello Stretto“, e sembrava bello ambizioso. Forse troppo. “Si configura come una serie di azioni volte ad esaltare lo Stretto di Messina com area naturale di attrazione culturale secondo una strategia di integrazione del patrimonio storico-artistico ed architettonico, e la creazione di un sistema di accoglienza basato su valori identitari, in grado di rispondere alle esigenze di un rilevante flusso di turisti e visitatori in transito, ed incidere efficacemente sullo sviluppo dell’area grazie soprattutto all’identificazione dei modelli di gestione pubblico/privato capaci di inserire il territorio nelle più importanti reti di attrazione culturali europee”.

Solo? Macchè. Il progetto prevede ” un piano integrato del patrimonio culturale, materiale e immateriale, di Messina in relazione con l’area dello Stretto che delinei una strategia in grado di essere lo Stretto riconoscibile (sic) nel panorama delle grandi reti culturali europee”, e “progetti di fattibilità socioeconomica su singoli landmark individuati nella strategia di valorizzazione dell’area dello StrettoQ”. Azione, questa, volta ad aumentare la possibilità di attrarre investimenti pubblici e privati“. Dove? Dappertutto: riserva di Capo Peloro, porto storico, fiera, forti, monasteri basiliani. Il tutto dovrebbe portare all’istituzione di una “cabina di regia permanente di portatori di interesse sul sistema culturale”.

Chi avrebbe materialmente realizzato tutto sto ben di Dio di programmi? InnovaBic, società partecipata dal comune di Messina, che detiene il 33% delle quote (come la Provincia, mentre l’Università ha il 34%): “La principale forma di collaborazione prevista è quella con la società in house providing InnovaBic srl”, che in dieci mesi avrebbe dovuto stilare il documento strategico per il sistema culturale dello Stretto di Messina. Con affidamento diretto da 150mila euro. Dei progetti di fattibilità economica, per otto mesi e 160mila euro se ne sarebbero occupati dipendenti del comune e consulenti esterni.

Sfortunatamente, tutto il progetto non ha impressionato il Mibact, che su un punteggio massimo di cento punti, dato da cinque parametri, al Progetto di Messina ne ha attribuiti solo 42. La soglia minima stabilita per l’ammissibilità al finanziamento era di 65/100. I parametri riguardavano il livello di coerenza della strategia d’area, la coerenza degli obiettivi, la chiarezza del fabbisogno di progettualità e la coerenza con le misure comunitarie da cui provengono i fondi. 

 

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