MESSINA. Il 27 dicembre del 1908, 140mila messinesi vanno a dormire: passa la mezzanotte, il 27 diventa 28 e, dopo le 5.20, ottantamila di essi non si sveglieranno più, uccisi dal terremoto che è a tutt’oggi considerato il secondo più grave nella storia moderna dell’emisfero occidentale per tributo in vite umane. Un’apocalisse della quale ancora oggi si sente una sinistra eco, ma che diede il via alla prima legislazione antisismica, ed alla prima mappa di classificazione sismica. E oggi? A centoundici anni da quei minuti che cancellarono dalla faccia della terra mezza Messina, come si comporterebbe la città se ci fosse un altro sisma della stessa intensità (7,2 gradi richter)? Male. Molto.
Esiste uno studio, già pubblicato sul sito dell’università di Messina (ma non più accessibile), che racconta di dati catastrofici: secondo la “mappa di danno”, il 52% degli edifici eccedono uno scenario di danno lieve, il 44% uno di danno “severo” ed il 38% un collasso strutturale. La cosa più inquietante dello studio, però, sono le X che nascondono le cifre delle vittime previste in caso di collasso strutturale di quel 38% degli edifici: cinque X a coprire cinque cifre, il che vuol dire decine di migliaia di vittime. Il fatto che non sia una svista, lo conferma la stessa metodologia, X a coprire le cifre, seguita nella previsione delle perdite economiche: dieci cifre, quindi miliardi di euro. Lo studio, portato avanti da dieci ricercatori, è del 2008.
Se questo non è bastato a far salire un brivido di paura lungo la schiena, a provocarlo di sicuro ci sono le cifre del documento elaborato dal dipartimento di protezione civile del comune di Messina, anni fa. Lo scenario è questo: magnitudo Richter di 7,24, undicesimo grado della scala Mercalli, una replica esatta del terremoto del 1908. E la città scompare. Crollano 82mila e 583 abitazioni, su un totale di centoventimila, quasi 27mila rimangono inagibili, in 183mila (su una popolazione di 250mila persone) vengono coinvolti nei crolli e quasi sessantamila restano senza un tetto sulla testa. Messina viene di nuovo cancellata dalla carte geografiche.
Esiste a palazzo Zanca, è tutt’ora in vigore e da anni sottoposto ad aggiornamento, un piano di protezione civile elaborato da Antonio Rizzo, esperto a titolo gratuito e ingegnere, basato su tre scenari: Il primo, catastrofico, che corrisponde grossomodo ad una replica del terremoto del 1908, e che ha numeri da film dellʼorrore riportati poche righe sopra: un evento che cancellerebbe la città una seconda volta ma che fortunatamente, secondo i calcoli, investirebbe lo Stretto di Messina una volta ogni 2475 anni: ovvero quello che i sismologi chiamano il “periodo di ritorno”, lʼintervallo medio di tempo intercorrente tra un terremoto e un altro di pari magnitudo (o intensità) nella stessa zona.
Il secondo scenario è quello di un evento ugualmente distruttivo, ma più lieve: nono grado della Mercalli e 6,30 di magnitudo Richter, esattamente la scala del sisma de LʼAquila del 2009. Il tipo di catastrofe entro i limiti della quale il piano del comune di Messina funzionerebbe per come è stato progettato. Si tratterebbe sempre di un evento di “tipo c”, quindi non gestibile con sole risorse locali, ma i numeri sono molto meno drammatici: da 4258 ad oltre diecimila abitazioni crollate, da 31mila a 41mila inagibili, abitanti coinvolti in crolli compresi tra diecimila e 23mila, ma un numero di senzatetto che oscilla tra quasi settantamila ed oltre novantamila.
Lʼultimo scenario, tra settimo ed ottavo grado della scala Mercalli e di magnitudo Richter 5.39 (il sisma emiliano del 2012 più forte è stato di 5.9 gradi richter) vede tra 200 e 500 case buttate giù dal terremoto, più o meno quattromila inagibili, un migliaio di abitanti coinvolti nei crolli e meno di diecimila senzatetto. Però cʼè un problema. Gli scenari di danno hanno un livello di incertezza molto elevato, che deriva dallʼutilizzo di modelli di calcolo semplificati e dati di base “poveri”, di tipo statistico, rilevati durante lʼultima campagna di censimento Istat del 2001. Un sistema “empirico” di questi tipo, però, presenta due ordini di problemi per Messina: non tiene conto dellʼaccelerazione nellʼespansione edilizia dovuta allʼentrata in vigore del piano regolatore del 2002, che ha allargato enormemente le maglie dellʼedificabilità in zone “critiche”, e la presenza dei villaggi. E nella cintura dei villaggi, spesso lʼedilizia è di qualità parecchio scadente. E le nuove costruzioni? Le norme antisismiche sono restrittive, quando sono rispettate, quello che preoccupa sono i luoghi in cui palazzi sono stati edificati: quindi lungo declivi scoscesi, o su suoli “non coerenti”. Un edificio, in pratica, potrebbe sopportare un sisma a livello strutturale, ma sprofondare a causa della liquefazione del terreno o addirittura “scivolare” lungo il pendio sul quale è stato costruito.
Ci guardi la Madonna della Lettera.
Pregare la Madonna non è annoverata tra le misure antisismiche
forse sarebbe meglio mettere Messina in sicurezza con dei isolatori sismici e strutture antisismiche