MESSINA – Dal Cas alzano le spalle: “Siamo rimasti in tre, chi conosce il territorio dovrebbe saperlo”, spiega  il direttore generale, Salvatore Pirrone, facendo riferimento alle ultime polemiche col sindaco della città metropolitana, Renato Accorinti. E continua: “Ieri hanno fatto l’ultimo sopralluogo, dopodiché facciamo la gara entro questo mese, messo nero su bianco a verbale”. 

Due anni dopo, quindi, dovrebbero essere finalmente affidati i lavori di ripristino della rimozione della frana, messa in sicurezza della collina e ripristino della viabilità autostradale.

Ma il condizionale è d’obbligo, è il caso di sottolineare. E la notizia reale al momento è che i lavori non sono stati neanche appaltati a due anni di distanza. Perché dal 5 ottobre del 2015 quando la collina venne giù, invadendo la corsia lato monte della A18, tanti sono stati gli annunci. A cominciare dal giorno dopo. Quando a calpestare i detriti appena caduti si erano precipitati tutti: dai deputati – Beppe Picciolo, per esempio – agli assessori – Maurizio Croce e Giovanni Pizzo – ai maggiori esperti nazionali. 

Nonostante la sfilata di autorità ed esperti, da allora l’unico avanzamento è stato il fissaggio di una rete di contenimento per evitare che la frana potesse invadere perfino la careggiata est. Solo questo.

Mentre a novembre del 2016, la procura di Messina notificava dieci avvisi di garanzia per disastro ambientale e falso ideologico. Oltre gli avvisi anche il sequestro di  alcuni complessi, 200 abitazioni in tutto, e il costone sopra la frana di Letojanni. “Le acque sversate illecitamente potrebbero essere inquinate. Abbiamo riscontrato condotte omissive”, aveva spiegato Giovannella Scaminaci, procuratore aggiunto. Secondo le indagini della procura di Messina a causare la frana gli sversamenti illeciti delle abitazioni sovrastanti il tratto autostradale oltre una serie di omissioni da parte di chi era tenuto a realizzare interventi già indicati nel piano assetto idrogeologico nel 2013. In sintesi: quel terreno era pericoloso e il rischio frana era stato aggravato dalla costruzione di alcuni complessi tra gli anni ’70 e ’80.

Un anno dopo gli avvisi, la procura dovrebbe essere vicina alla conclusione, da definire ancora la valutazione della condotta degli indagati. Ma a breve l’esito delle indagini potrebbe portare a processo almeno dieci persone.

Poco prima l’annuncio degli avvisi di garanzia, proprio un anno fa si dissipava la querelle sulla titolarità dell’intervento. Il Comune di Letojanni, la Protezione civile o il Cas doveva fare i lavori? Questione risolta già un anno fa – era del Cas – con pochissime conseguenze. O meglio, nessuna.

Gli interventi a fine settembre. Questo l’ultimo annuncio di un direttore generale che si vede però inerme rispetto all’esigua forza lavora di cui dispone.

Lo scorso aprile, infatti, un nuovo stop: ad aggiungersi alle lungaggini anche l’esito dell’ultima operazione della Dia di Messina e Catania, che lo scorso 12 aprile ha svelato un sistema di incentivi progettuali che andavano ad ingrossare gli stipendi degli impiegati del Consorzio autostrade a fronte di lavori di cui non esiste alcuna traccia. Sistema per cui sono stati sospesi 12 dei 57 dipendenti indagati, tra cui il progettista della messa in sicurezza della frana sulla Messina – Catania, Alfonso Schepisi.

Lo scorso maggio la notizia che la direzione lavori sarebbe stata “prestata” dalla Protezione civile. Che pareva una buona notizia ma a quattro mesi di distanza mostra più la sostanza di una non notizia, visti gli inesistenti esiti.

Perciò ricapitolando: due anni per definire chi dovesse occuparsene, una volta definita la titolarità non c’è più il progettista, poi viene “prestato” ma da maggio ad oggi ancora i lavori non sono stati appaltati.

La notizia, possiamo concludere, è una sola: quella frana è inamovibile, così come lo è la politica siciliana.

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emmeaics
emmeaics
15 Settembre 2017 9:24

e speriamo che non trovino qualcuno sotto se e quando sbancheranno la carreggiata !