LiveSicilia, intervista del 4.2.2019 a Cateno De Luca.

“Sa cosa ho spiegato a Raffaele Lombardo?

No, cosa gli ha spiegato?

“Gli ho detto chiaro e tondo: ‘Raffaele, la politica è cambiata. Si basa sulla iperbole’. E lui mi ha chiesto: ‘Su che cosa?’. E io: ‘Sulle minchiate, Raffaè’ ”.

Sulle minchiate. Ne è convinto?

“Si tratta di un paradosso, ovviamente. Ma è vero che la comunicazione è rivolta a un elettorato non sempre attento, spesso uterino. E devi farti ascoltare…”

Avevamo avuto finora un sindaco soltanto sopra le righe. Pronto furbescamente a blandire l’anima piccoloborghese di tanti messinesi delusi (et pour cause, dal loro punto di vista) dal “sindaco tibetano”, come sprezzantemente e con assai poca fantasia descrivevano Renato Accorinti.

Dicevo di De Luca. La strepitosa traiettoria di costui è un modello esemplare del cursus honorum di molti politici, soprattutto meridionali, ma anche nordici negli ultimi anni, basti pensare alla gran parte dei quadri leghisti. Un provinciale che si erge dapprima a difensore degli interessi della sua gente e poi, via via che cresce il suo consenso, avverte di non poter restare ingabbiato nella camicia di forza del familismo, non andrebbe assai avanti, e quindi si propone come rottamatore, cavallo matto, uomo che spariglia qualunque equilibrio, e così via.

Per offrire di sé un’immagine coerente con la prassi, s’inventa una casta antagonista, anche se nel frattempo di quella casta lui è diventato parte integrante dato che ha messo in piedi un patronato e un movimento, è approdato al Parlamento Siciliano, ha amministrato due comuni. E così aumenta il bacino dei consensi, potendo contare sulla mancanza di una società civile in grado di valutarlo per quello che è realmente, per il ruolo che lucidamente ha deciso di assumere, quello di capopopolo.

Alzando la voce, promettendo mari e monti (da un Casinò a una sopraelevata cheneancheigiapponesicel’hannocosì) costui attira sempre più consensi. All’homo messanensis non piace molto la descrizione realistica di quanto avviene intorno a sé. Preferisce di gran lunga la sua fantasmatica rappresentazione. Così il nostro sindaco ha buon gioco nel ricoprire di volta in volta i panni dello sceriffo, del vendicatore mascherato, del fustigatore di costumi… Una sorta di Spartacus de noantri, tanto veemente e cazzuto che neanche Kubrick ne avrebbe potuto immaginare di simili.

Ultimamente egli si è con successo cimentato nel turpiloquio e nel vilipendio. Siamo in periodo di Coronavirus, la tensione sale ed è opportuno dunque “alzare l’asticella”, tutti quei poveri cittadini suoi estimatori sequestrati a casa devono abbeverarsi con qualche sorso di trasgressione, sennò si annoiano.

E dunque, via alle dirette stile Guerra del Golfo, via ai droni da Grande Fratello (quello di Orwell, non di Mediaset), via alle fuffe mediatiche fatte di conteggi fasulli, fotomontaggi, comparsate pubbliche (sistematicamente senza mascherina, che ne coprirebbe i sembianti).

Questa pandemia pare aver sortito per il nostro sindaco un salto di qualità, una sorta di mutazione genetica, facendo emergere in lui pulsioni oscure che sarebbe preferibile tenere sempre accuratamente celate, specie per un uomo delle Istituzioni.

Un dato che dovrebbe far riflettere tutti i suoi seguaci, ogni giorno sempre più convinti dai messaggi che loro propina di essere dei “figli della luce” assediati nella loro enclave di strapaese. Anche per loro, costui ha costruito a tavolino un’identità nella quale riconoscersi e ritrovarsi solidali.

Infine il grande salto, l’acme della visibilità, l’accesso ai regni patinati di quei due giganti della comunicazione che fanno di nome Barbara D’Urso e Massimo Giletti. Un trionfo, sancito anche dalle attenzioni crescenti di testate nazionali e internazionali.

Cateno si incammina così verso l’immortalità. Ha come abbandonato la sua mera realtà materica per assurgere a modello antropologico. Sulla scia di Salvini, a cui lo accomuna la profonda spiritualità e il rimanere fermo alla fede dei padri.

Mi fermo qui. E immagino che effettivamente nel suo splendido paesello (lo dico seriamente, ben conoscendo Fiumedinisi, ne ho perfino restaurato la Vara dell’Annunziata tanti anni fa…) il piccolo Cateno sia stato un molto promettente chierichetto. Da ragazzo avrà pure fatto, alla vigilia della festa grande, i Viaggi in ginocchioni, quelli che i fedeli compiono con la candela in mano da San Pietro alla Matrice…

Poi qualcosa è cambiata. Il giovanotto si è alzato, si è iscritto a 14 anni alla D.C. e ha deciso di mostrare al mondo intero quanto vale.

E adesso ce lo ritroviamo sindaco di Messina.

E io, sob, l’ho pure votato….. (sia chiaro, solo al ballottaggio!).

 

 

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Nicolò D'Agostino
Nicolò D'Agostino
14 Aprile 2020 14:07

Bravo… hai scritto un articolo per “Noi” ma non per il popolino che lo segue. È un scaltro villico. E Noi degli stupidi “cittadini”