MESSINA. Riceviamo e pubblichiamo una riflessione del direttore del dipartimento di economia Michele Limosani, che si concentra sulle conseguenze della pandemia e sulla necessità di superare gli scontri fra “tifoserie”.

 Di seguito il suo contributo:

«Il paese vive un momento delicato e il governo nazionale è chiamato ad assumere decisioni fondamentali per condurre la nostra comunità fuori dalla crisi sanitaria ed economica che lo attanaglia. Proviamo a sintetizzare le questioni più rilevanti dal punto di vista economico.

Abbiamo un problema che ci trasciniamo da tempo e per il quale non possiamo chiamare in causa i francesi, i tedeschi e neanche gli olandesi; il debito pubblico. Un “macigno” che condiziona fortemente i margini di manovra della politica fiscale del nostro governo e le prospettive di ricostruzione post Corona Virus. Un debito che ha rallentato la crescita del nostro sistema economico ed ha esposto il paese, più volte in questi ultimi anni, al rischio di una crisi finanziaria. Una crisi che in assenza di un deciso intervento della Banca Centrale Europea – prima con Draghi e adesso con la Lagarde – sarebbe esplosa trascinando sull’orlo del baratro il nostro paese.

La crisi sanitaria ha determinando un forte calo nei livelli di produzione e un aumento della disoccupazione in tanti paesi sviluppati; una crisi la cui intensità è ancora difficile da stimare e la cui durata dipenderà dalla capacità di convivere, prima, e di arrestare, dopo, la pandemia. Nel frattempo i diversi Stati sono chiamati a fronteggiare gli effetti dirompenti di tale crisi, offrendo liquidità alle imprese e alle famiglie, e a programmare per tempo interventi e risorse finanziarie sufficienti per compensare le perdite subite dal settore privato e sostenere la successiva fase di ricostruzione.

Ora, pensare di affrontare da soli questa sfida è sconsigliabile anche perché si corre il concreto rischio di lasciare in eredità alle future generazioni un livello del debito pubblico ai limiti della nostra capacità di poter onorare gli impegni assunti. La ricerca di soluzioni e strategie condivise a livello europeo rimane quindi la strada maestra; un contesto in cui è auspicabile prevalga un sentimento di solidarietà e di cooperazione tra i paesi membri e non solo l’ossequio formale alla rigida aritmetica dei conti pubblici.

Per affrontare questi temi serve quindi una buona dose di “ragion pratica”; una disamina lucida, razionale – scevra da pregiudizi ideologici – delle diverse opzioni in campo, come paese e come membro fondatore dell’Unione Europea. Così come pure si rende necessaria una maggiore consapevolezza e partecipazione dei cittadini alle scelte e ai rischi che come paese siamo chiamati ad assumere.

Dividersi in fazioni, come in una partita di calcio, o arringare le tifoserie con slogan che contano sulla semplificazione del linguaggio – che spesso tradisce la verità e nasconde le complessità delle questioni – non aiuta il paese. Appare spesso strumentale la posizione assunta nel recente dibattito politico dai partiti di opposizione, così come può sembrare un azzardo la scelta della maggioranza di affrontare in solitudine la delicata situazione sociale ed economica; un tempo straordinario richiederebbe soluzioni politiche straordinarie, la massima unità nel paese e la mobilitazione delle migliori risorse in campo scientifico, economico e culturale.

Ci sarà tempo comunque per ritornare sulle questioni lasciate aperte e sui tanti nodi irrisolti della vita politica ed economica del nostro paese. Prioritario in questo momento è seguire la via maestra e mettere in salvo la nostra comunità».

 

 

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