Siamo stati orgogliosi della mentalità di questa città per una settimana e già questo, per gli standard messinesi, non è un male. Poi abbiamo deciso che i colori del Pride potevano essere nuovamente affumicati dallo smog a piazza Cairoli e va be’, ci abbiamo provato e ci proveremo ancora, per fallire sempre meglio secondo i dettami di Samuel Beckett. Tuttavia non possiamo abbatterci, non dobbiamo abbatterci, dobbiamo solo continuare a fare quello che ci piace: ascoltare musica e provare a non farci rapire dalle sabbie mobili culturali paleolitiche che ci minacciano. Ed è proprio per questo che oggi la playlist servirà a capire chi possiamo essere nella vita, nella nostra dimensione.

Claver Gold & Kintsugi – Calicanto

 

L’intro in giapponese del primo singolo tratto dal nuovo lavoro congiunto di Claver Gold e Kintsugi ci aiuta per capire che la solitudine, reale o percepita, è una questione presente nella storia del mondo da decenni, secoli, millenni. La resa malinconica della penna del rapper di Ascoli e del tappeto musicale dei producer bolognesi, che insieme avevano sfornato quel capolavoro senza tempo chiamato Melograno, è all’altezza delle aspettative come tutto Lupo di Hokkaido, l’EP fuori da qualche settimana che nella scena rap italiana sembra quasi spaesato. “Metà della scena è da lobotomia, gli altri son fratelli e stanno dalla mia” rappa Claver in Tana del lupo: per quanto ci si può sentire soli in un contesto che non piace, la ricchezza non sta nell’insultare quelli per voi sbagliati, ma nel trovare quelli come voi, fare gruppo e provare a cambiare le cose per il meglio.

 

Stokka & MadBuddy – Quando un giorno tornerai

 

Ieri, dopo un’estenuante trattativa, Maurizio Sarri è diventato il nuovo allenatore della Juventus. Una cosa che sembrava molto difficile se non impossibile solo qualche mese fa, ma che pian piano è diventata sempre più concreta. Ogni tanto succedono fatti che sembrano incredibili ma che hanno anche le loro logiche, spesso nascoste a noi comuni mortali, ma immagino che i tifosi napoletani si siano sentiti come me e tanti altri quando, qualche mese fa, Stokka e MadBuddy hanno annunciato che avrebbero messo un punto a quello che nel post Facebook hanno definito “progetto”, ma che in realtà è stato di più, molto di più per chi si è affezionato negli anni al loro stile, più quadrato Stokka, più onirico MadBuddy. Due che questa terra ce l’hanno nel sangue, che ogni tanto tornano giustamente in mente e vanno celebrati per tutto il bene che hanno fatto.

 

George Michael – Careless whisper

 

 

La playlist arcobaleno di quindici giorni fa ha ovviamente spiazzato qualcuno, perché condensare in pochi brani tutto quello che c’era da dire quel giorno era davvero impossibile. Tuttavia, quello che rende bello questo spazio è che quando fate delle critiche vengono recepite e, di tanto in tanto, c’è anche spazio per il diritto di replica, per cui ecco il grande assente di quella playlist, il buon George Michael. Lo troviamo con il seducente sax che apre Careless whisper, che per chi scrive rappresenta probabilmente il brano più bello di un artista che nel 1984 scalò le chart mondiali proprio con questo singolo, oltre a Freedom degli Wham e al progetto benefico Band Aid. C’è chi nella vita non riesce a concludere molto e c’è chi arriva in meno di dodici mesi al primo posto in classifica con tre progetti differenti: non male George, dai.

 

Puddle of mudd – She hates me

 

Capire chi siamo e dove possiamo arrivare nella vita implica anche comprendere chi abbiamo attorno. Lo sanno bene i Puddle of mudd che nel 2002, nel disco Come clean, trovavano l’illuminazione in questa She hates me, che nella versione non censurata si intitola She fuckin’ hates me ed è un toccasana se volete urlare qualcosa mentre guidate. Il brano di per sé non esprime chissà quali concetti spiritualmente elevati, è semplicemente uno sfogo di un ragazzo mollato da poco dalla fidanzata (nella fattispecie, il chitarrista della band Jimmy Allen) che realizza di avere vissuto una bugia, con parole probabilmente troppo grandi da parte di lei che lo avevano ridotto in pezzi. È giusto celebrare l’amore, è giusto anche sfogare l’odio senza vergognarsene. Che poi si alza la pressione, si sta male e tutte queste brutte cose.

 

Pearl Jam – Indifference

 

 

Venerdì gli Zen Circus hanno suonato a Milano e la sera dopo Eddie Vedder era sul palco del Firenze Rocks. Questa introduzione mi serve per ringraziare Luca, Giovanna e Christian, che mi hanno mandato video e audio di due concerti di artisti che hanno segnato la mia vita tanto da volerli tatuati sotto pelle, per sempre con me. Zen e Pearl Jam sono gruppi che mi hanno regalato tanto, i toscani negli ultimi dieci anni, Vedder e soci sopratutto negli anni precedenti, quando non finivo una giornata senza ascoltare almeno un loro disco; ce n’è sempre stato uno, Vs, che non era il mio preferito ma mi incuriosiva tantissimo. Pubblicato nel ’93, è un album di lotta senza quartiere, di rabbia cieca contro qualunque forma di potere, contro gli uomini, contro l’establishment, contro tutto. E mi incuriosiva parecchio come, dopo undici tracce di frustate e violenza, la chiusura fosse questa Indifference, delicata come un fiore di loto. Mi incuriosiva e in parte non capivo come si potesse chiudere così quello sfogo, ma poi credo di averlo compreso e ne ho provato a fare tesoro nella mia vita. Spero che ci possiate riuscire anche voi, facendola scorrere in cuffia mentre pensate a come poter migliorare, insieme, la nostra città.

 

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