Nella scorsa settimana sono giunte diverse critiche da una parte di mondo musicale, solitamente fuori dai radar del mainstream, verso qualche gruppo alternativo italiano a causa dell’annuncio della loro partecipazione a Sanremo. Detto che questo attacco del pezzo ci aiuta a capire perché questa parte è fuori dal mainstream pur valendo molto, la playlist odierna ha l’obiettivo di ripescare cantanti o band che, nonostante la propria partecipazione al Festival della canzone italiana, non ha cambiato il proprio percorso artistico per piacere a più gente possibile, ma ha semplicemente utilizzato il palcoscenico più osservato dai nostri compaesani per allargare il proprio bacino di utenza e farsi salutare al supermercato.
Perturbazione – L’unica
Nell’anno del Signore 2014 la direzione artistica del Festival è per il secondo anno di fila affidata a Fabio Fazio, che tra tante pecche ha la peculiarità di pescare da un bacino di utenza molto sottovalutato: nel 2013 sceglie i Marta sui tubi, l’anno dopo Marlene Kuntz e Perturbazione. Tra i tre gruppi, quello capitanato da Tommaso Cerasuolo è quello che porta il brano più convincente, che infatti scosta relativamente di poco i propri consensi. Il brano è allegro, non tradisce la precedente discografia della band piemontese e vince il premio Sala stampa, arrivando sesta nella classifica finale. Da allora hanno pubblicato un altro disco, Le storie che ci raccontiamo, uscito nel 2016 e che ha raggiunto il quarantacinquesimo posto nelle classifiche di vendita.
Afterhours – Il Paese è reale
La classifica finale del Sanremo 2009 è a dire il vero orripilante. Anche con tutta la tolleranza del pianeta, vedere uno dopo l’altro Marco Carta, Povia e Sal Da Vinci mettere davvero i brividi. La seconda edizione (dopo quella del 2005) condotta da Paolo Bonolis vede la partecipazione di uno dei gruppi più influenti nella scena rock italiana, gli Afterhours di Manuel Agnelli che portano a casa il premio della critica Mia Martini grazie alla loro Il paese è reale. Il brano viene eliminato alla seconda serata senza poi essere ripescato, ma apre la parentesi “impegnata” di Agnelli, proseguita con la pubblicazione dell’omonima compilation qualche mese dopo (un modo, a suo dire, per lanciare nomi meno affermati), di un evitabile reload di Hai paura del buio? e della sua presenza a X-Factor. Da allora hanno pubblicato due dischi e l’ultimo, Folfiri o Folfox, ha anche raggiunto la vetta FIMI nel giugno 2016.
Eiffel 65 – Quelli che non hanno età
“Nessuno ha l’età per non amare questa musica, basta la buona volontà”. Quando gli Eiffel hanno messo piede sul palco dell’Ariston era il 2003 e a condurre c’era Pippo Baudo, che nell’intervista prima di Quelli che non hanno età ha chiesto ai tre i rispettivi nomi, ma poi ha detto una frase che non ricordavo e che fa capire perché in Italia certe cose non si possono fare: manca la buona volontà. Il trio arriva a Sanremo a progetto praticamente terminato, tant’è che poi arriverà una lunga pausa interrotta dalla reunion “monca”, senza Gabry Ponte, ma l’esperimento del Festival serve a raggiungere un’ottima fama anche in Italia dove erano sì conosciutissimi, ma non da tutti. Quelli che non hanno età è una classica canzone Eiffel, la critica li snobba e il disco vince il platino, in sintesi la situazione musicale italiana in poche parole.
Elio & le storie tese – La terra dei cachi
Non ho seguito per ragioni di età il Festival di Sanremo del 1996 (ero prossimo a compiere 7 anni ed ero più interessato a Roberto Baggio che alla musica), quindi non parlerò delle polemiche sul televoto che i maldicenti sostengono essere stato manipolato da Pippo Baudo o chi per lui per far vincere Vorrei incontrarti tra cent’anni anziché La terra dei cachi. La canzone di Elio e le Storie tese, però, fu brillantissima e a posteriori avrebbe potuto dare una ventata di novità reale al festival: il pubblico l’accolse con gaudio, forse non cogliendone ogni sfumatura, vinse il premio della critica e spiazzò tutti, compresa la stessa band che, sapendo di essere un pesce fuor d’acqua, chiese a Vessicchio che fosse coinvolta tutta l’orchestra per rendere l’arrangiamento il più colorito e pieno possibile. Il risultato fu strabiliante, e sicuramente il migliore tra i brani proposti a Sanremo da Elio e soci, poi diventati forse troppo didattici e autoreferenziali per riottenere il medesimo effetto.
Vasco Rossi – Vado al massimo
Delle due partecipazioni a Sanremo di Vasco Rossi (come concorrente) si parla spesso della seconda, quella di Vita spericolata penultima, dell’abbandono del palco prima del termine del brano, del rocker fatto e finito. Quella però più emblematica forse è la prima, del 1982, quando il Blasco si presentò sul palco per cantare Vado al massimo. Al termine, infatti, mise il microfono in tasca per passarlo poi al concorrente successivo, tale Christian. Il filo era però troppo corto, quindi lo stesso microfono finì rovinosamente per terra facendo un bel tonfo che i più interpretarono come un vile gesto di rivolta nei confronti del festival. Posto che forse era così, forse no, Vasco Rossi da lì cominciò a diventare chi è oggi (ovvero la personalità artistica più influente del nostro paese), Sanremo lo provò invano a masticare l’annata successiva, le strade si separarono più o meno per sempre e ora possiamo capire meglio che partecipare al festival rovina la propria musica e la propria immagine solo se non si ha la personalità adatta per fare questo meraviglioso mestiere.