MESSINA. «Anche in Italia abbiamo la Tour Eiffel. A Messina c’è il grande traliccio dell’Enel che portava la corrente elettrica dalla Calabria alla Sicilia: è poco più basso della Tour Eiffel, in cima ha una grande piattaforma e ci sono anche gli ascensori per salire (c’è solo un montacarichi, ndr). Da anni c’è la proposta di utilizzarlo a scopo turistico. La vista è spettacolare sulla Calabria, sul mare e sulla Sicilia. Un’altra grande occasione per l’Italia non utilizzata. Il costo per attivare questa attrattiva turistica è minimo». A tirare in ballo il Pilone di Capo Peloro, in un filmato su Facebook, è l’attore e scrittore Jacopo Fo, figlio di Franca Rame e del premio Nobel alla Letteratura Dario Fo, che in diretta da Parigi rilancia l’idea di riqualificare il traliccio di Torre Faro. «Qui ci sono migliaia e migliaia di persone. A Messina invece non sfruttano niente. Io ho provato a proporre una soluzione, ma poi non se n’è fatto niente», ribadisce.

Fo non è né l’unico né il primo a mettere “in parallelo” il monumento più rappresentativo della Francia con il Pilone, che nel corso degli anni è stato al centro di innumerevoli proposte di restyling, nessuna delle quali è mai andata a buon fine.

LA STRUTTURA. Dalla cima dei suoi duecentotrentatré metri di altezza (4 in più del grattacielo più alto d’Italia), svetta su Capo Peloro da più di 65 anni, rappresentando uno dei simboli più iconici di Messina e del suo Stretto.

Eppure, non tutti conoscono la storia del Pilone di Torre Faro (qui un approfondimento), progettato dalla Sae a partire dal 1951 e inaugurato il 15 maggio 1956 a più di tremila metri di distanza dal suo gemello calabro, situato sulla sommità della collina di Santa Trada, a 169 metri di altezza sul livello del mare.

Noto a tutti come u Piluni, per decenni ha trasmesso e ricevuto energia elettrica dalla Sicilia al continente grazie a cavi conduttori d’acciaio posizionati a 25 metri di distanza l’uno dall’altro, che furono dismessi nei primi anni ‘90 (già nel 1985 era entrato in funzione il nuovo collegamento elettrico sottomarino). All’indomani della dismissione, il traliccio è stato sottoposto a una totale riverniciatura, mentre dal 2006 è stato aperto al pubblico per un paio di stagioni: la visita richiedeva di salire una scala di 2.240 gradini per raggiungere la piattaforma più alta.

Negli ultimi trent’anni, il mastodonte d’acciaio che domina sui due mari (un’opera d’ingegneria che per anni ha detenuto due primi mondiali), ha avuto una storia piuttosto controversa, fra denunce di abbandono, aperture temporanee al pubblico, riverniciature, progetti di riqualificazione fra i più disparati e “imprese illecite”.

Da allora il traliccio versa in stato di semi abbandono, e malgrado i tanti proclami da campagna elettorale nessuno dei tanti progetti presentati è andato fino ad ora in porto. Niente “Torre Eiffel” in salsa sicula, niente piattaforma con vista sul mare, niente ristoranti a strapiombo sulla spiaggia, niente visite guidate per attrarre turisti. Nada de nada. Solo un gigantesco e inaccessibile monolite bicolor che fa capolino nei selfie estivi e nei depliant online.

E oggi? In attesa di un venturo restyling, prospettato più volte, la struttura è inaccessibile e chiusa al pubblico, malgrado le sue potenzialità… che presto potrebbero essere valorizzate grazie ai fondi del Pnrr, per un importo complessivo di 132 milioni di euro, destinati anche ad altri due “luoghi perduti” dell’estrema zona nord: le Torri Morandi e l’area dell’ex Sea flight.

 

Sul secondo numero di Lettera Emme Magazine una riflessione “provocatoria” sul Pilone:

 

 

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