MESSINA. Si chiamavano sempre feluche, ma erano di origini greche. Delle barche a vela, caratterizzate da un palo a prua che serviva per raccordare le vele, che possono essere considerate il prototipo delle feluche tradizionali che oggi pescano il pesce spada nello Stretto di Messina. Quando, infatti, ci si rese conto che salendo sul palo di prua si riusciva a vedere l’esemplare in superficie, questo fu utilizzato come ponte per arpionarlo.

Nel tempo le imbarcazioni si sono evolute, pur restando ancorate in un punto fisso e statico all’interno della costa, solo ed esclusivamente come centro di avvistamento a lunga distanza. A rincorrere e arpionare il pesce spada erano i “luntri”, che ricevevano indicazioni dalle feluche dopo l’avvistamento. Successivamente, il primo luntro che lo vedeva iniziava ad inseguire l’animale tentando di arpionarlo. Il massimo consentito dalla tecnologia di allora.In seguito, con l’introduzione dei motori negli anni ‘30, le feluche sono state dotate di propri propulsori e si è cominciato a dare la caccia con le stesse imbarcazioni, spostando il comando in cima alla torre di avvistamento, chiamata “antenna”, in modo tale che chi avesse le retini del timone potesse inseguire il pesce. Anche la costruzione delle barche stesse è cambiata: sia il palo centrale di avvistamento che il prolungamento a prua per arpionare sono passati dal legno al ferro, per permettere a più persone di stare in quella che viene definita “gabbia”. Dopo quest’ultima evoluzione, avvenuta in corrispondenza con l’integrazione dei motori, nulla è più cambiato e le feluche sono rimaste le stesse. A differenza di altre specie che popolano lo Stretto, la presenza del pesce spada rimane più o meno costante. Anzi, il numero è maggiore rispetto ad una decina di anni fa, quando c’è stata una piccola crisi per la diminuzione degli esemplari.

IL FUTURO DELLE FELUCHE. «Si tratta di una delle attività tradizionali che caratterizzano la città di Messina. Come tale, ed essendo un’attività sostenibile e integralista rispetto alle evoluzioni del settore, va valorizzata e preservata, nonché lustrata come fiore all’occhiello – spiega Antonella Donato, presidente dell’Associazione Pescatori Feluche dello Stretto, nonché titolare di un’attività di pesca e turismo – Quello a cui stiamo lavorando insieme alla Regione Siciliana è un piano di valorizzazione delle feluche. Finora hanno avuto solo oneri mentre è giusto che ricevano anche onori, visto che è diventata un’attività di nicchia, sconosciuta e non difesa dalle normative nazionali ed europee. È giusto ripagare la tenacia dei pescatori».

A lavorare per la valorizzazione delle feluche è stata anche la deputata del M5s Valentina Zafarana, che ha presentato una proposta di legge, inclusa nella legge quadro sulla pesca nel 2019, divenuta poi decreto legge: «L’obiettivo è tutelare l’identità e la specificità della pesca delle feluche, attraverso il sostegno delle attività degli imprenditori ittici e la valorizzazione del pesce spada dello Stretto di Messina, un prodotto che rientra a pieno titolo nelle eccellenze enogastronomiche siciliane. La legge prevede, inoltre, risorse e strategie per diversificare il reddito dei pescatori impiegati nel sistema di pesca delle feluche, con lo sviluppo di attività complementari come la formazione degli operatori, l’istituzione di marchi di tutela, campagne di informazione e progetti orientati al turismo, oltre che per la ricerca scientifica, storica, etnografica e antropologica».

Ad impegnarsi a tal proposito anche l’attuale amministrazione comunale, che ha annunciato di aver ottenuto un finanziamento per un riparo delle barche (attualmente attraccano in una scogliera dismessa che non permette alle imbarcazioni un ricovero in totale sicurezza). Anche qui il fine è sempre lo stesso: «Valorizzare e preservare il patrimonio delle feluche affinché diventino patrimonio dell’umanità», ha dichiarato in un video l’assessore Carlotta Previti. 

 

Dal secondo numero di Lettera Emme Magazine.

Foto in copertina tratta dal documentario “Sea of legends”

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