MESSINA. Dopo quattro anni dal trionfale annuncio di un restyling della Fontana di Orione da parte dell’ex Amministrazione comuale guidata da Cateno De Luca, (forse) si comincia a vedere la fine del tunnel: con una determina di venerdì 14 ottobre il Comune di Messina ha dato il via libera alla gara d’appalto e affidare la famosa “fase diagnostica”, ovvero quelle indagini propedeutiche alla fase di progettazione per il restauro del monumento che più volte erano state annunciate, scaricando addirittura il lavoro sull’Opificio Pietre Dure di Firenze che, invece, non ne sapeva nulla. Con una delibera di Giunta di novembre 2021, infatti, l’Amministrazione e la Soprintendenza dichiaravano di aver raggiunto un accordo per affidare il progetto esecutivo, dopo la fase diagnostica basata proprio sulla relazione dell’Opificio (qui l’articolo). Il problema era che la strutta fiorentina non aveva idea di doversene occupare, perché con la relazione del luglio dello stesso anno sostenevano (e così era) di aver terminato il proprio lavoro e spiegavano chiaramente come nell’opera del Montorsoli fossero presenti problemi a livello strutturale, consigliando di rivolgersi ad altri esperti. E infatti, a dimostrazione di ciò, ad un anno e qualche mese da quella relazione arriva la determina per lanciare la gara d’appalto che affida quella “fase diagnostica”, per cui sono stati previsti centomila euro e di cui se ne occuperà la ditta che si aggiudicherà l’affidamento delle indagini.

Dopo il sopralluogo di luglio 2021, infatti, era stata redatta una relazione dove si accennavano i problemi del prestigioso monumento cinquecentesco: di carattere strutturale e per cui «abbiamo consigliato di rivolgersi ad un ingegnere strutturista», spiegava Simone Forcinai, chimico dell’Opificio Pietre Dure di Firenze che si occupa di analisi sui beni culturali. Per i fiorentini il lavoro era terminato lì. E spiegavano di non essere stati ricontattati per nessun altro incarico. Sulla questione era intervenuto anche il consigliere comunale del Pd Alessandro Russo, con un’interrogazione rivolta al commissionario straordinario Leonardo Santoro, subentrato al sindaco dimissionario De Luca (qui il link).

Fase diagnostica che si attende ormai da agosto del 2019, quando la Soprintendenza non ha permesso all’Amministrazione di mettere le mani sulla fontana per farla analizzare dall’Opificio Pietre Dure di Firenze. L’incontro con i fiorentini è tardato causa impegni della struttura toscana e causa covid. Ma poi è arrivato e si è giunti a tutt’altra conclusione rispetto a quella fornita dall’Amministrazione qualche mese fa. Nella delibera di Giunta di novembre si annunciava in maniera trionfante un accordo trovato fra Palazzo Zanca e la Soprintendenza di Messina, proprio sulla base della relazione dell’Opificio. Cosa prevedeva? Una ripartizione delle competenze fra i due enti, messe nero su bianco: il Comune di Messina impegna materialmente le risorse e appalta i lavori per la “fase diagnostica”, la Soprintendenza fornisce il progetto esecutivo di restauro (qui l’articolo completo).

L’Opificio ha già fornito le linee guida sulle quali verrà realizzato il progetto dopo aver effettuato la “fase diagnostica”, sosteneva la Soprintendenza, anche se di questa fase non si aveva alcuna notizia, visto che i fiorentini nella relazione indicavano solo dove dovrebbe concentrarsi la campagna di indagini: le verifiche sono altri a doverle effettuare, ovvero degli ingegneri strutturisti. «Durante il sopralluogo si è potuto constatare che le maggiori criticità si manifestano sul gruppo delle Naiadi: numerose fratture si dipartono dalla pila centrale e attraversano il monolite interessando, soprattutto, due delle figure – si leggeva nella relazione – Il dissesto sembra avere origine alla quota dove la vasca, collocata subito sopra il gruppo scultoreo, insiste sull’elemento centrale. Le fratture, già presenti e documentate nelle immagini risalenti al restauro del 1992, appaiono progredite e si registra un disallineamento dei frammenti marmorei. La concentrazione delle lesioni su uno dei fronti ed una leggera inclinazione che sembra di percepire osservando la vasca, ci conducono a ipotizzare che il dissesto possa essere dovuto ad uno stress meccanico da trazione/compressione; lo sbilanciamento dell’invaso causerebbe una ridistribuzione non controllata del carico ed una focalizzazione degli sforzi con un conseguente collasso del materiale lapideo. Per motivare l’eventuale inclinazione assunta dalla vasca sarebbe utile procedere con accertamenti sul tipo e sulla consistenza del sistema di fondazione, in un volume significativo di sottosuolo, e conseguentemente con lo studio della stabilità del sito in cui ricade la fontana», continuano i tecnici nella relazione, che pertanto ritengono «necessario il coinvolgimento di un ingegnere strutturista con comprovata esperienza nel campo del restauro dei beni culturali che possa definire con precisione e coordinare la campagna di indagini volta ad accertare il livello di danno della struttura e prevederne la sua evoluzione nel tempo. Sulla base di quanto è stato possibile osservare durante il sopralluogo si consiglia una campagna di indagini conoscitive utili a definire le cause delle lesioni nel gruppo delle Naiadi e dei soprastanti elementi scultorei», spiegavano.

Cosa dovrebbe comprendere la campagna di indagini secondo l’Opificio: «Rilievo geometrico e di dettaglio della fontana, mediante scansione tridimensionale e fotogrammetria (SFM); Restituzione e rappresentazione grafica, modellazione 3D dei dati; Rilievo morfologico dimensionale sia della parte fuori terra che della parte interrata (quest’ultima utile ai fini della progettazione del consolidamento della pila centrale della fontana); Rilievo dello stato fessurativo e delle lesioni presenti; Indagini termografiche per individuare difetti strutturali non percepibili o non perfettamente visibili ad occhio nudo; Indagini radar per determinare la posizione degli inserti metallici all’interno del marmo e le discontinuità strutturali; Indagini dello stato di rilassamento e di discontinuità interne con test a ultrasuoni corredati da elaborazioni grafiche; Indagine endoscopica per individuare lo stato di degrado delle tubazioni che corrono all’interno della fontana, il loro percorso e i materiali che costituiscono il sistema idraulico; Indagini geognostiche del basamento e delle fondazioni (georadar), finalizzate a precisare le caratteristiche dei terreni e le geometrie dei materiali di fondazione, anche con rilievi endoscopici; Indagini geologiche del cunicolo interrato».

Da cosa derivano i problemi del monumento secondo l’Opificio? «Il terremoto del 1908 e gli interventi di restauro che ne sono conseguiti, in particolare quello del 1923-1924, hanno determinato una profonda trasformazione dell’assetto originario della fontana con l’inserimento di numerosi vincoli metallici e tasselli integrativi. La presenza dell’acqua ha rappresentato un fattore aggiuntivo di vulnerabilità per le forme di degrado che essa induce. Non trascurabili sono, inoltre, i danni dovuti ai tensionamenti dell’impianto idraulico interno alla struttura. La fontana, in ragione della sua esposizione, subisce una notevole escursione termica; il diverso coefficiente di dilatazione del metallo delle tubazioni rispetto al materiale lapideo è una delle cause che conduce a tali tensioni».

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gia da me
gia da me
16 Ottobre 2022 20:41

TUTTE MINC_____TE !!!

Basterebbe con pochi soldi: smontarla, catalogare i singoli pezzi e restaurare le parti che ne hanno bisogno. E poi rimontare il tuttto su una nuova fondazione idonea !!

(della serie: mentre i medici studiano … il malato muore !)