ROMA – Nessun risarcimento, almeno per il momento. Questo chiede la presidenza del Consiglio dei ministri appellandosi contro la sentenza del tribunale di Messina che ha riconosciuto la responsabilità dei magistrati di Caltagirone: non ascoltarono le denunce di Marianna Manduca. “Mio marito ha un coltello e minaccia di uccidermi”, così la donna aveva avvertito gli inquirenti che da giugno in poi ignorano i suoi allarmi. Il 3 ottobre successivo fu uccisa dal marito, Saverio Nolfo, con sei coltellate al petto e all’addome.

Per questo il Tribunale di Messina lo scorso giugno, dopo cinque lunghi anni di battaglie giudiziarie, aveva riconosciuto le negligenze di quella procura con una sentenza che impegnava la presidenza del consiglio dei ministri al pagamento di 260 mila euro, più spesse giudiziarie e rivalutazione anno per anno.

Ma adesso il ricorso in Appello potrebbe frenare tutto, in fatti la presidenza del consiglio ha contestualmente presentato richiesta di sospensiva dell’efficacia del risarcimento: “Io e la mia collega, Licia D’Amico, troviamo molto grave e assolutamente infondata la richiesta d’appello  – ha commentato l’avvocato di Calì, l’ex magistrato, Alfredo Galasso – ma soprattutto la richiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva, con l’argomentazione che se adesso Calì dovesse ricevere i soldi e loro dovessero vince nei gradi successivi, non c’è la certezza che il mio assistito possa restituire i soldi. Una richiesta, questa ancor più che l’Appello, che ci appare gravissima”.

La vittima aveva tre figli maschi che furono presi in adozione da un lontano parente, Carmelo Calì. La richiesta di risarcimento per i tre figli, adesso di 15, 13 e 12 anni è stata avanzata da Calì. Il processo, iniziato cinque anni fa, ha dovuto passare un giudizio di ammissibilità, richiesto nel caso di responsabilità dei magistrati. L’ammissibilità era stata bocciata sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello. La Cassazione poi boccio le  corti messinesi e finalmente il processo civile ebbe inizio.Dopo cinque anni il 7 giugno scorso la Prima seziona civile ha depositato la sentenza riconoscendo la responsabilità negli ultimi sei mesi di vita di Marianna della magistratura.

Adesso però, dopo il ricorso in Appello della presidenza del Consiglio la palla passa alla Corte d’appello di Messina. E per il momento i tre ragazzi potrebbero non ricevere neanche un centesimo.

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