MESSINA. Continua il dibattito riguardo i lavori di ristrutturazione dell’ex Teatro in Fiera, a prendere parola questa volta l’ex Ministro alle PA del governo Letta, Gianpiero D’Alia che su un post su Facebook pone l’accento su alcuni punti sottolineando come il dibattito dovrebbe nascere ora e non “a cose fatte”.

Di seguito il contributo:

Ho letto con interesse il dibattito, stimolato dal principale quotidiano di informazione cittadina, sulla demolizione e ricostruzione dell’ex Teatro in Fiera.

Non entro nel merito della vicenda, perché sono francamente in dubbio sulla utilità o meno dell’intervento, e cioè se sia stato giusto decidere di ricostruire tale infrastruttura (C’è bisogno di un altro teatro? Chi dovrebbe gestirlo? L’Autorità Portuale si occupa di eventi culturali? Con quali risorse?) e se sia stato giusto localizzarla nello stesso sito.
Rilevo solo, con amarezza, che, da tempo, ci siamo abituati in città a fare “i dibattiti del giorno dopo”, e cioè “a cose fatte”, come se non vi fosse stato tempo e modo prima di discutere e di decidere in maniera condivisa.
Nel caso del Teatro in Fiera  se non ricordo male la decisione di stanziare le somme, progettare e eseguire l’intervento è di parecchi anni fa e su tale opera si sono tenute due conferenze di servizi nelle quali il Comune di Messina è intervenuto manifestando il proprio assenso.
Sarebbe stata quella la sede per aprire una discussione pubblica consentendo a tutti di intervenire e, comunque, era quello il tempo in cui aprire l’interessante dibattito di questi giorni.
Certo, tutto si può fare e, quindi, si può rescindere il contratto d’appalto con l’impresa che ha iniziato i lavori, pagargli il risarcimento del danno e lasciare questo spazio così com’è, ripulito dalle macerie.
Faccio fatica a pensare che una tale responsabilità, che ovviamente non è solo politica, possa prendersela il vertice della Autorità Portuale che, come è noto, non è investito di un mandato elettorale.
Questa è una responsabilità della politica perché è una scelta politica, tardiva, confusa, per quanto si voglia, ma tutta politica. Spetta, pertanto, ai responsabili della politica (Sindaco, Consiglio Comunale, deputazione nazionale e regionale, Governo centrale e regionale) formalizzare la scelta di non realizzare l’intervento assumendosene direttamente la responsabilità politica e amministrativa (senza scaricare sul Presidente dell’Autorità Portuale).
In realtà, non siamo nuovi ai dibattiti del giorno dopo.
Potrei citare tanti casi analoghi di non tanto tempo fa.
Ad esempio, il “dibattito del giorno dopo” sulla nuova Autorità Portuale di Sistema.
Ricordo ancora la sottoscrizione del documento, da parte di tutte le forze politiche e sociali (deputati nazionali e regionali dell’epoca, sindacati, organizzazioni di categoria, ordini professionali), che chiedeva la istituzione della più grande autorità portuale di sistema del paese che vedesse insieme Messina e Gioia Tauro.
Sulla base di quel documento, il Ministro delle Infrastrutture pro-tempore Maurizio Lupi, nel Decreto Legge di riforma delle Autorità Portuali, ha tempestivamente accolto la richiesta messinese.
Il giorno dopo l’approvazione della legge, molti di quelli che firmarono il documento si sono sfilati.
Forse non lo avevano letto o se l’avevano letto non l’avevano capito.
Si avversò la nascita dell’Autorità di sistema con Gioia Tauro con due argomentazioni obiettivamente forti, così sintetizzabili: 1) Messina non avrà la governance dell’Autorità (in mano ai calabresi); 2) la ‘ndrangheta si impossesserà dello Stretto.
Bisogna constatare oggi, senza polemica alcuna, che il governo della “piccola” Autorità dello Stretto (più che una Autorità una sorta di Vigile Urbano dello Stretto) è saldamente in mani “non messinesi” e che la ‘ndrangheta, stando ai fatti di cronaca di questi ultimi mesi, ce l’avevamo già sulle navi traghetto senza essercene accorti.
Potrei farne tanti di esempi ma non serve.
Serve, invece, evitare di commettere gli stessi errori in futuro.
Proprio per queste ragioni ritengo utile il dibattito aperto, perché offre la possibilità di fare una riflessione e una discussione vera “il giorno prima”.
Perché siamo in tempo a discutere e a decidere su di un pezzo significativo e importante del nostro “affaccio a mare” e dobbiamo farlo ora senza perdere altro tempo.
Infatti, il Piano Regolatore del Porto (se qualcuno mai avesse avuto il tempo di leggerlo) prevede la possibilità di riqualificare tutta l’area di affaccio a mare di Corso Vittorio Emanuele II, con l’abbattimento della recinzione che separa la sede stradale dall’area portuale.
Si potrebbe, pertanto, decidere di pedonalizzare tutta l’area che dalla Dogana arriva alla Passeggiata a mare, con un intervento di riqualificazione concordato tra Comune, Autorità Portuale e Capitaneria di Porto, restituendo in poco tempo alla città un pezzo importante della sua storia.
Ed ancora, l’area della Fiera di Messina, secondo il P.R.P., può essere oggetto di un intervento di riqualificazione urbana che, al di là del Teatro in Fiera, riguardi l’intera cittadella fieristica.
Infatti, oltre al restauro dei padiglioni vincolati, in cui a esempio allocare un museo civico, lo strumento di pianificazione portuale consente la demolizione degli altri padiglioni e la realizzazione di ampi spazi a verde e a servizi pubblici di diretta fruizione cittadina, con l’abbattimento della “muraglia” di confine tra città e fiera e l’apertura di un affaccio a mare più ampio e importante di quello oscurato dal teatro.
È questa l’occasione per aprire la discussione e per decidere ed è questo lo spazio su cui la politica deve intervenire per tempo.
Il nostro Primo Cittadino, che come è noto non ha bisogno di consigli, dovrebbe avviare una discussione serie con l’Autorità Portuale per l’ approvazione del Piano di Inquadramento Operativo (strumento attuativo del P.R.P.) per decidere e realizzare gli interventi sopra indicati che non costano tanto e sono di pronta esecuzione.
Già solo questi due interventi di riqualificazione determinerebbero un profondo cambiamento della città nel suo rapporto con il mare.
Per questo ritengo surreale che si discuta ancora della proprietà comunale di aree portuali e di una nuova perimetrazione dei confini dell’Autorità Portuale.
Non so proprio cosa debba farsene il comune di aree che non può gestire (al di là del merito del contenzioso che dura da decenni) e non comprendo quale sia l’interesse della città a prendersi aree della Autorità portuale che non ha le risorse per gestire e che può gestire bene quest’ultima, se vi fossero atti di indirizzo politico e di controllo chiari ed efficaci.
L’Autorità Portuale ha le capacità di realizzare gli interventi che servono alla città ma la città deve avere le idee chiare su ciò che vuole fare, su come lo vuole fare e in che tempi lo vuole fare.
Da ultimo, proprio per evitare anche in questo caso di fare l’ennesimo “dibattito del giorno dopo”, ricordo che a giugno scade la concessione quadriennale della rada di San Francesco.
Visto che in meno di due anni si dovrebbero completare i lavori del porto di Tremestieri non sarebbe il caso di discutere e di decidere anche su cosa si vuole fare di questa pezzo significativo e importante della città?
O vogliamo aspettare il giorno dopo?
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