MESSINA. Le amministrative 2022, con l’affluenza più bassa di sempre (55,64%) registrano il punto più basso mai toccato in città sull’interesse nella scelta del nuovo sindaco. Il preoccupante dato di ieri (arrivato stamattina all’alba, uno dei tanti problemi che hanno flagellato questa tornata elettorale) è solo in parte “giustificato” dalle condizioni folli di voto (otto schede e tempi in cabina elettorali lunghissimi, che hanno creato file e attese di oltre un’ora per accedere ai seggi), dalla decisione di far votare un giorno solo, e dal caos organizzativo sorto già da sabato con la rnuncia di un enorme numero di presidenti di seggio. Perchè c’è, da tempo, una generale disaffezione verso le urne. Nel 2008, sfida tra Francantonio Genovese e Giuseppe Buzzanca, il 75,59% degli aventi diritto si recò alle urne e decretò la vittoria di Buzzanca al primo turno. Nel 2013 si persero cinque punti percentuali: il 70,22% degli aventi diritto decretò il ballottaggio tra Felice Calabrò e Renato Accorinti, in una delle elezioni più incredibili della storia, con Calabrò che per 60 voti non vinse al primo turno e fu poi sconfitto al ballottaggio da Accorinti. Altri cinque punti in meno nel 2018, il 65,01%, quando Dino Bramanti non arrivò a vincere il primo turno e al ballottaggio andò “l’outsider” Cateno De Luca, che poi stravinse il secondo turno. Dal 2018 ad oggi, la percentuale si è raddoppiata, abbattendosi di dieci punti, ed arrivando al 55,64%. Vuol dire che, su 192mila aventi diritto, meno di 107mila messinesi hanno ritenuto di doversi recare alle urne a scegliere da chi farsi governare nel prossimo quinquennio (si spera). E che se qualcuno vincerà al primo turno, lo farà col consenso di meno di 43mila persone (su 230mila abitanti).

 

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