MESSINA. “La Sicilia è una regione con oltre 4,9 milioni di abitanti, possiede quindi un’ampia e articolata esigenza di connessione con il resto d’Italia e dell’Europa Unita, che è mortificata dalla scarsa qualità delle infrastrutture di collegamento, tra le quali si deve annoverare anche la mancanza di un attraversamento stabile dello Stretto di Messina”. E’ a pagina 39, delle 158 totali, che la relazione ministeriale sull’attraversamento stabile dello Stretto, esprime per la prima volta esplicitamente un giudizio sulla necessità del ponte.
Otto mesi di studi da parte della commissione designata dal ministero delle Infrastrutture, per arrivare alla conclusione socio-economica che l’isola, e il mezzogiorno d’Italia nel suo insieme, da un collegamento stabile con la penisola italiana non ne avrebbero che benefici. Economici, soprattutto in prospettiva futura.
Questo perchè, spiega la relazione, “La Sicilia è, tra i casi studio considerati, l’isola che presenta il più elevato potenziale di collegamento tra quelle che oggi non posseggono un collegamento stabile con la terraferma e il suo rapporto popolazione/distanza è molto superiore a quello di diverse isole che posseggono già un collegamento stabile”.
Un dato interessante è introdotto da una considerazione: “La distanza geografica è amplificata dalla qualità dei collegamenti, che comportano, a parità di distanza percorsa, costi e tempi di viaggio maggiori rispetto a quelli che si devono affrontare nell’Italia Centro Settentrionale”. Cosa vuol dire questa distanza? “Nel raggio di 1.200 chilometri da Milano abitano 114 milioni di persone; nello stesso raggio da Messina (la località della Sicilia più vicina al continente) abitano 25 milioni: il 22,7 %. Sempre nel raggio di 1.200 chilometri da Milano esiste un territorio in grado di produrre 24,7 miliardi di euro di PIL; nel territorio identificato dallo stesso raggio da Messina, il PIL prodotto è di 2,1 miliardi di euro: solo l’8,7 % del primo”, spiega l’elaborato, concludendo che “Un’impresa produttiva localizzata a Milano ha al suo intorno un mercato potenziale con un valore che è 11,5 volte quello della sua omologa localizzata a Messina”. Una circostanza che cambierebbe col ponte? No, secondo la relazione. Non conseguentemente, almeno. “Questo è un dato geografico strutturale, che non è destinato a cambiare in modo significativo, almeno fino al pieno sviluppo socioeconomico della sponda sud del Mediterraneo”, si legge.
E quindi, a parte l’ovvia velocizzazione nei collegamenti via terra, su gomma e su ferro, in cosa il ponte fornirebbe opportunità di sviluppo? “La valutazione dell’opportunità di realizzare un collegamento stabile attraverso lo Stretto di Messina non può essere affrontata senza adeguare la visione italiana del mondo alle nuove condizioni che si sono determinate negli ultimi decenni ed ai trend evolutivi”, suggerisce la relazione. Quali sono le nuove condizioni? “Gli investimenti diretti esteri della Cina nel continente africano potrebbero incrementare lo scambio commerciale di questi ultimi con l’Unione Europea per semilavorati e prodotti finiti , incrementando quindi i traffici mediterranei almeno per i Paesi nord africani”.
Quali sono le nuove condizioni? “In trent’anni si è prodotto un cambiamento di enormi dimensioni: nel 1990 l’Occidente era metà dell’economia mondiale, ora, a distanza di soli trent’anni è divenuto un terzo: mentre il resto del mondo ha mantenuto praticamente lo stesso peso, la Cina è cresciuta di 370 volte, superando il Giappone e candidandosi ad essere la prima economia mondiale”. L’allargamento del Canale di Suez ha incrementato molto le rotte di attraversamento del Mediterraneo, “creando enormi possibilità al sistema portuale italiano, soprattutto del Mezzogiorno, a condizione che questo sia correttamente servito da infrastrutture terrestri che ne esaltino le potenzialità”, spiegano gli esperti. Circostanza che oggi non accade, perchè “la maggior quantità di navi attraversano il Canale di Sicilia senza fermarsi per l’assenza di infrastrutture adeguate”.
Non solo: “La Sicilia ha notoriamente una posizione centrale nel Mediterraneo Centrale ed è di conseguenza un punto privilegiato per l’interscambio marittimo con i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, generalmente raggruppati con la sigla MENA (Middle East and North Africa)”, spiega la relazione. L’interscambio tra l’Italia e i Paesi MENA ha fatto registrare nel 2019 un valore di 53,5 miliardi €, con un leggero saldo attivo a favore delle esportazioni italiane. Da qui l’equazione: “Allora l’estrema vicinanza geografica del Mezzogiorno d’Italia potrà costituire un vero vantaggio di posizione: la Sicilia, con un adeguato sistema di collegamenti terrestri alle spalle, potrà essere la vera “testa di ponte” dell’Europa verso l’altra sponda del Mediterraneo“.
Il capitolo dei trasporti navali introduce automaticamente a quello del traffico su ferro: i treni: “La mancanza di un collegamento stabile è una forte penalizzazione per il trasporto ferroviario, sia passeggeri che merci, in quanto il traghettamento dei terni comporta la loro segmentazione, le necessarie manovre per l’imbarco e la ricomposizione allo sbarco. Con riferimento ai tempi di viaggio di lunga percorrenza, da Messina a Roma, ad esempio, –un treno viaggiatori impiega dalle 7,5 alle 8,5 ore a seconda del servizio ferroviario prescelto (senza o con traghettamento del treno), quando da Roma a Torino, a parità di distanza (circa 700 km), un treno AV impiega meno di 5 ore. Per quanto riguarda il traffico merci, questi limiti hanno, nel tempo, fatto diminuire in maniera importante la massa di merci trasportata attraverso lo Stretto con modalità ferroviaria”.