MESSINA. Secondo l’Inail, l’istituto nazionale degli infortuni sul lavoro, in provincia di Messina sono 537 i casi di coronavirus contratti sul luogo di lavoro registrati fino a dicembre: con un incremento del 57% rispetto a quelli di novembre. Il dato rappresenta il 15,3% dei 3051 casi registrati in Sicilia. i contagi sul luogo di lavoro a livello nazionale hanno ormai superato la soglia dei 131.000 casi. In questo scenario  la Sicilia con 3.051 casi  rappresenta il 2,7% dei casi sul totale nazionale, Di questi 1.649 sono donne (47,1%), mentre 1.852 (52,9%) sono uomini. Palermo e Catania e  Messina le province più colpite. 

Nel dettaglio della rilevazione dell’INAIL in Sicilia le denunce di infortunio causa Covid-19 sono per il 28,7% dei casi localizzate nella provincia di Palermo con 1.004 infortuni, seguita da Catania con 774 casi (22.1%), Messina con 537 (15,3%), Enna con 273 casi  (7,8%) insieme a Siracusa con 273 casi (7,8%), quindi Ragusa con 220 casi (6,3%), Caltanisetta con 187 casi (5,3%), Trapani con 118 casi (3,4%) e infine Agrigento con 115 casi (3,3%).

Quali sono i settori nei quali si è più contagiati? Lapalissianamente, quelli più a contatto con gli altri contagi, quindi le professioni medico-sanitarie, che in Sicilia volano quasi all’80%, lasciando dietro, di molto, la pubblica amministrazione, seconda.

Tra i tecnici della salute l’88,4% sono infermieri, il 2,7% fisioterapisti e il 2,3% tecnici sanitari di radiologia; – tra i medici oltre il 50% sono medici generici, internisti, cardiologi e anestesisti-rianimatori; – tra il personale non qualificato nei servizi di istruzione e sanitari, prevalentemente ausiliari ospedalieri; – tra le professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali, tutti operatori socio sanitari; – tra i conduttori di veicoli, i conducenti di ambulanze; – tra gli impiegati, prevalentemente amministrativi; – tra le professioni qualificate nei servizi personali, gli operatori socioassistenziali; – tra il personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, navi, ristoranti, ecc., prevalentemente pulitori di locali e interni; – tra le professioni qualificate nei servizi di sicurezza e vigilanza, guardie giurate e vigili urbani.

Esperti legali che osservano come nel rapporto azienda e lavoratore in materia di Covid vi sia un aspetto di criticità nel rapporto con le ATS, Agenzia di Tutela della Salute: “L’impasse – spiega Irene Pudda di Rödl & Partner, esperta in privacy & labour compliance – è dovuta al fatto che il datore di lavoro non è autorizzato a comunicare ai colleghi il nominativo di un dipendente risultato positivo. L’azienda è tenuta a fornire all’ATS le informazioni necessarie perché quest’ultima possa assolvere ai compiti previsti dalla normativa emergenziale e, contemporaneamente, ha facoltà di domandare ai possibili contatti stretti di lasciare cautelativamente i locali aziendali, ma è l’ATS che ha la potestà di contattare i lavoratori per poi applicare le opportune misure di quarantena.”

 

 

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