A un mese dall’annuncio ufficiale da parte delle aziende farmaceutiche sono arrivati i risultati: il vaccino messo a punto dalla Pfizer e dalla BioNTech sembra essere efficace al 90%, dato ben oltre superiore alle aspettative. Nonostante infatti  lo studio sia ancora in corso, i risultati sembrano più che incoraggianti considerato che fino a qualche settimana fa numerosi esperti avevano ipotizzato che un vaccino contro il coronavirus sarebbe stato efficace nel 60-70% dei casi.

A diffondere i primi dati le aziende americana e tedesca, che hanno lavorato in collaborazione nell’ultimo periodo e che ora sono in attesa dell’analisi dei dati sulla sicurezza e dell’autorizzazione delle agenzie regolatorie.

Secondo quanto analizzato il vaccino è adatto alla popolazione tra i 16 e gli 85 anni e serviranno due dosi a persona.

Le fasi uno e due della sperimentazione avevano verificato la produzione di anticorpi nei volontari, la fase tre invece è servita a calcolare l’efficacia del vaccino e ha interessato 43.538 volontari. In questa fase a metà dei volontari è stato iniettato il vaccino, all’altra metà un placebo. In tutto, in entrambi i bracci della sperimentazione, i contagiati sono stati 94. Non è noto quanti in ciascun gruppo, ma il rapporto dovrebbe essere, appunto, di uno a nove. 

Finora non sembrano essere emersi problemi sulla sicurezza del vaccino. Le iniezioni possono causare in alcuni soggetti febbre, spossatezza e dolori muscolari che sembrano essere ben tollerati, come avviene già con altri vaccini impiegati negli adulti, anche se gli effetti collaterali transitori sembrano essere un poco più marcati rispetto ai vaccini contro l’influenza stagionale. Ancora comunque non sono noti molti particolari, come ad esempio se il vaccino possa prevenire i casi più gravi riducendo la letalità del virus, quanto tempo duri la “copertura” immunitaria o se possa evitare il contagio da parte di asintomatici.

Pfizer potrebbe chiedere l’autorizzazione per il proprio vaccino alla Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia federale statunitense che si occupa di farmaci, entro la terza settimana di novembre. Molto dipenderà dalla disponibilità della FDA di accettare i dati raccolti in due mesi su metà dei volontari che hanno partecipato allo studio. La casa americana come fanno tutte le aziende farmaceutiche durante la fase finale di sperimentazione, ha comunque già avviato la produzione del vaccino in modo da averlo pronto.

Secondo quanto affermato dalla società, entro la fine dell’anno potrebbero essere fornite 50 milioni di dosi e nel 2021 si potrebbe arrivare a produrne 1,3 miliardi. Le prime dosi andrebbero all’America, subito dopo ci sarebbe l’Europa. Infatti sembra che la Commissione Europea stia contrattando con la BioNTech-Pfizer per il pre-acquisto di una prima manciata di dosi da dividere fra gli stati in base alla popolazione.

Uno dei problemi del nuovo vaccino sarà la distribuzione, infatti le fiale vanno mantenute a -70°c fino alla somministrazione e freezer così potenti non sono disponibili ovunque.

Il vaccino è basato sull’RNA messaggero (mRNA), la molecola che si occupa di codificare e portare le istruzioni contenute nel DNA per produrre le proteine. Provando a semplificare: vaccini basati su questo sistema impiegano forme create in laboratorio di mRNA  che contengono istruzioni per produrre alcune proteine specifiche del coronavirus. In questo modo il sistema immunitario impara a riconoscerle e a contrastarle nel caso in cui si entri in contatto con il virus. Oltre la Pfizer, anche l’azienda farmaceutica statunitense Moderna ha annunciato di essere a buon punto con le sperimentazioni.

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