MESSINA. Un sistema di gestione “primitivo”, col caricamento a mano dei dati in fogli excel, tamponi molecolari somministrati in tre strutture pubbliche diverse (Policlinico, Papardo e ospedale di Barcellona) e in due laboratori privati, e una capacità di processare circa 900 test al giorno. Se la “seconda ondata” a Messina dovesse colpire con i numeri che stanno registrando Catania e Palermo, potrebbe essere un grosso problema.

La situazione attuale è che ieri a Messina si erano registrati 106 casi di nuovi positivi, e oggi i contagi sono 92. Nello stesso periodo, la provincia di Catania ne ha contati 316 e 258, e quella di Palermo 277 e 209. Eppure a Messina, da venerdì 31 ottobre, il sindaco Cateno De Luca, con ordinanza, ha disposto la chiusura delle scuole, perchè una relazione del commissario per l’emergenza covid Carmelo Crisicelli confessava le difficoltà nel tracciamento dei contagi e suggeriva, in via prudenziale, di chiudere gli istituti, perchè impossibilitato a tenere sotto controllo “l’albero genealogico” dei positivi.

Un campanello d’allarme non di poco conto: l’azienda sanitaria provinciale si è trovata ad affrontare la crisi sanitaria della pandemia da coronavirus, quindi una situazione straordinaria, con risorse ordinarie, che già non la rendevano un modello di efficienza (e per correre ai ripari, l’assessorato regionale alla Salute ha previsto, ma non ha ancora emanato dei bandi per rimpinguare il personale operativo in posti lasciati sguarniti).

Cosa sta succedendo? In sostanza, il trend del contagio registra un costante quanto inesorabile aumento soprattutto nella fascia di età 20/50, e all’Asp iniziano a non riuscire più a garantire il tracciamento dei contatti: allertare, cioè, chi è stato a contatto con un soggetto poi rivelatosi positivo, e sottoporlo a un tampone. Questo, a cascata, potrebbe avere effetti allarmanti, perchè il numero dei tamponi somministrati si alzerebbe in proporzione con l’aumento dei contagi, fino a superare la capacità di analisi di Messina e provincia, territorio in cui, oltre agli ospedali, le strutture private di supporto in grado di utilizzare la tecnologia di biologia molecolare per l’analisi dei tamponi con “Reazione a catena della polimerasi (Pcr)“ sono solo due. E sono già state coinvolte. E questo comporterebbe ritardi nel caricamento dei dati, e impossibilità di stabilire quarantene mirate e tamponi a chi è ragionevolmente sospettato di aver avuto contatti con positivi. Con un effetto moltiplicatore che potrebbe diventare preoccupante

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