MESSINA. Il pubblico ministero Antonio Carchietti ha chiesto 47 condanne e 4 assoluzioni nel processo per i contributi elargiti alle persone che, a seguito dell’alluvione del 2009, furono costretti a lasciare le loro abitazioni di Scaletta Zanclea ed Itala. Il pubblico ministero ha chiesto condanne ad un anno ciascuno nei confronti di 47 imputati. A vario titolo, l’accusa contesta truffa e falso ideologico. Chiesta invece l’assoluzione con la formula “perché il fatto non costituisce reato” per Letterio Alì, comandante della Polizia Municipale di Scaletta Zanclea, Giuseppe Trimarchi,  comandante della Polizia Municipale di Itala, Salvatore Calabrò, responsabile dell’ufficio tecnico di Scaletta Zanclea, e Giovanni Cuppari, responsabile dell’ufficio area tecnica del Comune di Itala, chiamati a rispondere di omissione in atti d’ufficio. Infine il pubblico ministero ha proposto il non luogo a procedere nei confronti di altre 5 persone perché defunte.

Il primo ottobre 2009 l’alluvione che distrusse Giampilieri colpì anche le zona di Scaletta Zanclea e Itala, oltre ad altri centri della riviera jonica, facendo in tutto 37 vittime, centinaia di feriti e procurando danni a case, strade ed attività economiche. Molte persone furono costrette a lasciare le loro abitazioni per trasferirsi da parenti amici o in albergo. A seguito dell’alluvione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri emanava un’ordinanza con la quale dichiarava lo stato di emergenza per le zone colpite prevedendo anche un contributo per chi aveva dovuto trovare una sistemazione perché la casa aveva subito danni o perché era stata sgomberata. Secondo quanto emerse dalle indagini, superata la fase emergenziale, alcuni residenti sarebbero tornati nelle loro abitazioni di Itala e Scaletta Zanclea. Le indagini furono condotte dai carabinieri che fecero controlli ma anche verifiche sui consumi di acqua e corrente elettrica. Si è arrivati così al processo. Secondo l’accusa, dopo aver attestato nella richiesta di contributo di risiedere presso parenti, amici o in albergo, delle famiglie avrebbero fatto ritorno nelle loro case. Per la difesa di alcuni imputati c’è una spiegazione alternativa sui consumi di acqua e luce che sono giustificabili con il fatto che i residenti tornavano nelle loro case per pulire, prendere qualche abito o sistemare quello che era stato distrutto e poi andavano via.

Il processo che si svolge davanti alla Seconda sezione penale del tribunale, prosegue a febbraio per gli altri interventi dei difensori.

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