Le città visibili nel corso del tempo cambiano organi, sistema venoso, arterie o a volte solo i vestiti e il trucco. Quando le grandi arterie stradali si incrociano con le diverse rotazioni geometriche dei tracciati urbani lì in quelle zone incerte si generano ciclicamente i cambiamenti di progetto. Le auto private aumentano, i trasporti pubblici cambiano natura, gli usi della città si modificano, ecco che allora per piccole o grandi modifiche cambia pure la forma fisica delle strade, delle piazze e degli incroci. Viale san Martino e Piazza Cairoli fino alla via Tommaso Cannizzaro incerte e inquiete sono tra quelle aree in continuo lento cambiamento. Ecco i cinque cambiamenti più significativi

 

Dall’ottocento al novecento

 

Il piano di ampliamento di Messina del 1869 di Spadaro-Morabello-Benincasa, tracciava verso sud nella zona pianeggiante degli orti, il piano della nuova scacchiera, definendo il grande slargo di piazza Cairoli e il vialone ottocentesco che univa porto e città nuova.

La città ottocentesca razionale e spaziosa, dotata di alberature e passeggiate solcate dalle rotaie del tram e connessa con la ferrovia la stazione e la linea di costa, per realizzarsi avrà bisogno di arrivare fino ai primi anni del ‘900, si interromperà con il terremoto del 1908 e proseguirà con quello stesso schema nella ricostruzione.  Dopo il terremoto la forma della piazza Cairoli dotata di aiuole, alberi, giardini e vasche intrepreterà ancora più enfaticamente la tipologia della piazza giardino facendo da cerniera centrale tra la scacchiera urbana iniziata del piano ottocentesco e la scacchiera nuova del piano Borzì sovrapposta alla antica Messina.

Il vialone San Martino dal mare fino a villa Dante e la linea del Tram su rotaia saranno segnati dal doppio filare di alberi alla maniera dei boulevards europei, la grande dimensione della sezione stradale sarà disegnata dal selciato in pietra lavica. Nelle foto d’epoca la strada libera appare ancora come vuoto metafisico in attesa dell’incombente futuro del traffico veicolare. Per tutti gli anni ‘20 e ‘30 le prove di modernità della città combaceranno con la ricostruzione totale del dopo sisma, le spinte del novecento prima giolittiano e poi quelle dell’era della macchina con le estetiche e le politiche del sopraggiunto regime fascista. L’obelisco mussoliniano sarà fino al 1943 a piazza Cairoli. Lì segnerà non solo un punto simbolico di affermazione e propaganda del regime ma si poserà in quel punto sempre indeciso tra la direzione di via Garibaldi e il cambio di direzione del Viale con la dilatazione del rettangolo della piazza. L’obelisco opera di un giovane Giuseppe Samonà, sarà pluri bombardato durante la guerra, accerchiato dagli alleati cascherà giù per decisione dei vincitori. Sul viale si chiuderanno le voragini delle bombe e si varierà il dettaglio dell’arredo urbano.

 

 

La ricostruzione: nuove prove di “landmark”

Dopo aver picconato l’obelisco a forma di fascio, la viabilità del solito punto incerto tra la piazza, la via Cannizzaro e i viali Garibaldi e San Martino sarà disegnata da timidi isolotti salvagente nello stradone su cui atterreranno nuovi oggetti a forma di chiosco per fare da supporto ai pannelli pubblicitari.

Dopo la guerra nuove collocazioni di edifici e nuove rappresentazioni della nuova Italia inviteranno i messinesi alla febbrile opera ricostruttiva e riparativa dei danni di guerra. Dal ‘46 le riparazioni di una città bombardata accompagneranno la nascita della repubblica mentre nel 1951 Messina sopprimerà la linea tramviaria eliminando i controviali alberati in parte del viale, alternando e slabbrando le dimensioni e le proporzioni della sezione stradale in rapporto alla edilizia di bordo, allargamenti di marciapiedi e gli allargamenti delle vetrine dei negozi confermeranno la potenza commerciale dell’economia della nuova Messina. Arriva la prima ondata contenuta di mezzi privati, il vialone libero dagli impedimenti alberati, da Zaera a Cannizzaro, si comincerà a popolare di auto pronte al posteggio e di panciuti autobus verdi bottiglia.

 

Anni ’60, arriva il “boom”

 

Dalla fine degli anni ‘50 agli anni ‘60 e ’70, piazza Cairoli e viale san Martino vedono sorgere i primi palazzi moderni, cascano giù i cineteatri mentre ne nascono di nuovi, cascano giù gli ornati eclettici e appaiono gli ornati moderni della ceramica e del cemento stampato sulle facciate; architetture nuove con le firme degli architetti Rovigo, Pantano e Calandra, degli ingegneri De Cola e Cutrufelli guadagnano l’altezza fino al quarto e al quinto piano.

La strada è ancora piu grande e luccicante, le vetrine locali e globali espongono le marche del carosello Tv e i pali si curvano con le luci al neon sulle auto che aumentano. Cairoli riassume sia la piazza di una cittadina del sud con i vecchi seduti sulle panche di ferro avvolte ai tronchi degli alberi sia lo spazio urbano con i sussulti metropolitani al neon di una Times Square di noialtri. Un sogno di provincia americana incrocia la liberta assoluta del pioniere automobilista con le figure stradali dell’Avenue, della road e persino dell’highway piazzata in centro città.

La sera come al drive in proiettano il cinema delle réclame sul chiosco centrale della piazza. Finita l’epoca del controviale e delle opere stradali fatte di basole laviche e pietre tagliate, ecco arrivare con la modernità anche il prolifico sistema bidimensionale di fare le strade con strisce verniciate della segnaletica orizzontale e verticale, pali paletti segnali e semafori. Una nuova selva di elementi cercherà di definire dove stare, dove camminare e come mettere in forma le strade dalle misure sbragate.

Siamo nel 1975 Piazza Cairoli diventa un immenso parcheggio a raso abusivo mentre con regolare permesso radono al suolo il collegio di S. Ignazio di Loyola progettato da Antonio Zanca. Improvvisamente la crisi petrolifera e le politiche di austerity svuotarono le strade consegnando a noi ragazzini del 1973 delle domeniche a piedi o in bici. Una gran festa, per chi non aveva mai visto, per ragioni anagrafiche, la città così bella, silenziosa, vuota.

Erano domeniche non ancora ecologiche, ma prive (tranne quelle dei medici in visita domiciliare) di qualsiasi automezzo. Da dicembre a giugno del ‘73 vivemmo strane domeniche pedonali. Periodo di ristrutturazione economica che porterà un’austerity complessiva, quella che farà chiudere battenti alle mitologiche attività economiche del bar Irrera di Cairoli e poi a catena ai magazzini storici, gli esercizi alimentari e a tante delle simbologie della cosiddetta messinesità

 

 

Settanta, ottanta, novanta, alla ricerca di un’identità

 

Negli anni ottanta si affaccia in zona la rotatoria, la solita zona incerta tra Cannizzaro e Cairoli diventa rotatoria per ruotare i flussi da Garibaldi verso Cairoli viale basso e Cannizzaro,  le auto aumentano e schiamazzano,  l’aspetto scomposto della città è quasi un programma antropologico di uso della città , suonano tutti felici e contenti, ovunque c’è spazio per piazzare le Fiat Duna, le Lancia Delta, le Fiat Uno e le Renault 5; è super facile scendere dalle auto e comprare ciò che si vuole ai magazzini Sciolto,  alla drogheria o nei nuovissimi stores degli United Colours. Il lato mare della piazza sarà occupato per una o due annate dai ragazzi degli skateboard che con le spinte e le figure acrobatiche dei fliptrick i jump e i grab porteranno aria nuova di una square americana incrociata con la highway

Su quella timida rotatoria sarà infisso di tutto, dal palo della luce a capocchia buono per illuminare le aree portuali, alla sfilza di prove d’artista e alberi natalizi tradizionali e creativi.

Nel 1988 arriva il papa a Messina e sulla rotatoria germoglierà un prato verde come la speranza con inserti floreali, una grande opera di gardening urbano rinfrescherà la città di prati e fiori come non si vedevano dalla visita del Presidente Segni del 1964. Arrivano le rotatorie e arrivano i cordoli per proteggere le corsie preferenziali e per definire il primato del trasporto pubblico dei bus diventati arancioni, le auto sono obbligate a marciare senza più sostare sui bordi dei marciapiedi, il commercio individua in quelle imposizioni viabilistiche la natura delle prime crisi.

Non sanno ancora che il bus Velocittà sarà solo la premessa al tram; tutti gli anni 90 saranno un campionario di nuove incertezze commerciali, la Messina da bere si muove e si sposta fuori dal vecchio centro in dismissione, sulla rotatoria appare persino un albero di natale fatto con i tubi innocenti dei ponteggi e popolato di palle di natale da pista disco e luci stroboscopiche modello Gloria Gaynor; in quegli anni timide prove di pedonalità legata allo shopping si affacciano svogliate sul viale san Martino.

…e poi arrivò il tram

 

Dall’accordo di programma Comune e Provincia del 1996 per la realizzazione di una linea tramviaria, fino alla gara e alla messa in esercizio del tram Cityway del 2003 si fece la piu grande rivoluzione del sistema viario urbano dell’ultimo secolo con vari compromessi e modifiche di percorso; un vialone ridisegnato dalla sezione centrale delle rotaie, una piazza riunificata come grande isola unitaria e riunita simbolicamente dal grande graticolone metallico, porta nuova di un luogo conosciuto, l’apparizione di segni (ingenui) di novità formale si confronteranno con la solita voglia della Messina com’era e dov’era. Il ritorno del tram dopo ‘50 anni ha fatto arrabbiare tanti che volevano ancora il vialone simile alla freeway di santa Monica, mentre dalle loro autoradio si ascoltava solo la canzone “In fondo al viale” dei Gens, volevano la piazza a misura d’auto e cosi come in un perenne rewind sembra sempre di discutere sugli stessi temi.

Un sindaco nuovo ha vinto anche con una sostanziale parte del programma che prevedeva lo smantellamento (ora a fasi alterne) della linea tramviaria, un sindaco uscente che prima da libero cittadino scalava per protesta para ambientalista gli abeti natalizi della piazza Cairoli ha poi da sindaco centrato l’azione e i discorsi sulla pedonalità  nell’incredibile “insostenibilità dell’essere” propria di via dei Mille.

Mentre dal 2007 aspettiamo una nuovissima rotatoria tra Cairoli, Cannizzaro e Garibaldi progettata dallo studio Moduloquattro e che si accompagnava ad uno studio sulla pedonalità di viale san Martino, si procede a spizzichi di maquillage urbano, si aggiungono pezzi e ritagli mentre la piazza Cairoli si popola di eventi natalizi, di Luna Park, di fiere gastronomiche.

Per non farci mancare nulla abbiamo sempre le fazioni pro isola e no isola, i mille e i sanmartini, forse sempre i merli o malvizzi, ma ci sono pure le voci fuori dal coro quelle che sognano una Messina tutta carrabile, un ritorno alla gioia lattoniera delle strade asfaltate in cui l’unica Street art ammessa è quella delle strisce verniciate sull’asfalto, quella delle frecce e della doppia linea continua e in cui l’unica isola ammessa è quella dell‘isola di traffico, quella indicata dalle linee zebrate oblique che non si costruisce ma in fondo facilmente si disegna a terra.

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Davide
Davide
13 Ottobre 2022 10:20

“un ritorno alla gioia lattoniera” è semplicemente geniale!

Margherita
Margherita
15 Ottobre 2022 9:28

Perfetta visione e analisi di piazza cairoli e dei messinesi