La Zona Falcata, quel polmone verde fra i due mari
Ore 13:30. Pausa pranzo. Rachele saluta le colleghe e si incammina a passo spedito verso il parco. Ha con sé la ventiquattrore e uno zainetto di pelle marrone che ha comprato giusto il giorno prima in un negozio sul Viale San Martino. Al suo interno, un panino col prosciutto, una bottiglietta d’acqua frizzante e una piccola porzione di gelato alla vaniglia.
A lei, che di mestiere fa la traduttrice per una casa editrice di design, non è mai piaciuto pranzare al chiuso. Quantomeno non in una giornata assolata di primavera, non quando si ha la fortuna di lavorare a due passi da un viale alberato che si insinua fra due mari.
Rachele ha sempre adorato la Zona Falcata. I negozietti vintage pieni di cianfrusaglie ai bordi delle strade, il gracchiare dei gabbiani appollaiati sugli scogli e soprattutto quella sensazione impagabile di trovarsi a stretto contatto con la grande Storia della sua città. Del resto – riflette scartando la carta stagnola che avvolge il panino – basta guardarsi intorno per rimanere ammaliati: la Real Cittadella, la Lanterna del Montorsoli, il bacino di carenaggio e in fondo, dove un tempo ci stavano i militari («oh Signore, i militari!»), il Forte San Salvatore e la Madonnina del porto.
In più c’è il mare. Anzi, i mari. Che poi è sempre lo stesso ma è come se fossero due. Quello interno, racchiuso nella Falce, e quello più selvaggio che dà sullo Stretto.
Dopo un attimo di indecisione – le capita sempre – decide di sedersi su una panchina rivolta verso la città, che vista da qui è più bella che mai.
Non è un periodo facile, per Rachele. Con tutti quei casini sul lavoro, Alessandro che non le risponde ai messaggi e quella perenne sensazione di sentirsi inadeguata. Qualsiasi cosa faccia. Qualsiasi cosa accada.
Eppure le basta davvero poco per cancellare dalla mente i pensieri neri… Qualche cucchiaino del suo adorato gelato alla vaniglia, il vento che le scompiglia i capelli e la quiete innaturale di quel parco silenzioso che si affaccia sul mare.
Le basta essere lì, appena pochi minuti al giorno, per ritenersi in qualche modo fortunata.
“Pensa se non sfruttassimo un luogo così bello”, riflette inghiottendo un sorso d’acqua. “Saremmo veramente dei coglioni”.