Il “non-finito siciliano”, decostruttivismo e brutalismo ante litteram

 

La casa di Frank Gehry, in stile decostruttivista

Usare elementi in lamiera ondulata di scarto come nelle opere (e nella casa) di Frank Gehry? Lasciare le pareti a cemento nudo, sottolineandone la fiera crudezza come nelle costruzioni di James Frazer Stirling?  

Manco a dirlo, a Messina il brutalismo ed il decostruttivismo sono stili architettonici in voga da oltre un secolo, precisamente dal 1908. Alcuni dei cronisti più pigri e distratti , soprattutto quelli che vengono “da fuori” e quindi come tali non avvezzi alla storia cittadina, raccontano ancora dell’esistenza di tali manufatti. Il messinese, urtato nella sua suscettibilità, ribatte che tali esempi di pregevole architettura risalgono “al massimo” agli anni ’80.

Edificio in stile brutalista

Oggi i tipici canoni del decostruttivismo (la lamiera ondulata, qui sostituita dalla più colorata plastica verdolina o dal più vintage eternit) si possono ammirare in luoghi tipo villaggio Aldisio, o Mangialupi, mentre il brutalismo, e il nudo materiale da costruzione lasciato in maschia vista, è più comune nei villaggi. Siccome i trend ci piace crearli, e non seguirli, a queste latitudini le due correnti architettoniche si sono fuse nel peculiare stile “non-finito siciliano”.

 

Brutalismo + decostruttivismo = “non -finito siciliano”

 

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