Stanno venendo fuori dei nomi, per il consiglio comunale, ma dei nomi che non ci si crede. È a quei nomi che si deve rivolgere lo sguardo se uno ha bisogno di una forte iniezione di autostima. Basta vedere in azione uno qualsiasi dei movimenti per chiudere le liste e torna subito il buonumore.

Altro che navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione: è in questi giorni che sul serio qui si vedono cose che voi umani eccetera eccetera. Non solo gente che non ha mai amministrato nemmeno un pianerottolo si candida a decidere sulle scelte amministrative che vincolano una città per i prossimi cinque anni, se va bene, ma soprattutto gente che, in massima parte, non potrebbe amministrare nemmeno un corridoio di casa.

La qual cosa si inserisce perfettamente nella tradizione di un consiglio comunale che davvero non si riesce ad immaginare come potrebbe essere stato più disastroso, fatte salve le dovute eccezioni, che su queste pagine hanno sempre avuto asilo, ma che se si contano su due mani qualche dito sicuramente avanza.

Si sono aperte le gabbie, signori. E siccome l’ambizione e la velleità degli individui, specie quando questa ambizione si rivela di gran lunga superiore ai talenti posseduti, è un fattore che il politico di razza sa come solleticare, ecco che di ambizioni ingiustificate da vellicare non ne mancano mai.

E siccome il prossimo sarà un consiglio a 32, e non più a 40, la corsa al ribasso si è fatta ancora più serrata. Catastroficamente, i più bravi dello scorso consiglio (così come accaduto in quello precedente), sono quelli che meno possibilità hanno di essere riconfermati. Perché l’apparato preferisce gli yes-men, i soldatini, gli esecutori di ordini. Chi pensa, chi ragiona, chi ogni tanto una mano sulla coscienza se la passa, è visto con sospetto. E per aiutarlo non si muoverà un dito.

Vinceranno i capibastone, sorretti da una grande massa di illusi dalla politica che, a colpi di ottanta, cento, duecento voti, sospingeranno il prescelto verso altri cinque anni di strazi amministrativi e interrogazioni in incomprensibile burocratese sui pali della luce e sulle buche nella strada.

In questa, di consiliatura, c’era gente che fino a quattro, cinque mesi fa, si pensava fosse affetta da sordomutismo, perché in aula non li si è mai sentiti esprimere sillaba. C’è gente che si è vista una decina di volte in un anno. Gente che si è scientificamente scansata tutte le votazioni rischiose. Gente che ha fatto tappezzeria, usurpando gettoni di presenza. C’è chi è già uscito al largo millantando proposte, idee, atti amministtrativi che nessuno ha mai visto e sentito, e forse è meglio così, perché altrimenti ci sarebbe stato da chiamare la neurodeliri, tale è l’inconsistenza e l’imbecillità di alcune cose che si sono sentite nei corridoi di Palazzo Zanca.

Non sono pregiudizi, sono numeri. Numeri che andremo ad esaminare, uno a uno, nelle prossime settimane, giusto perché non si possa dire che è tutto un magna magna. Non è “tutto”. Ci sono le eccezioni. Poche, ma ci sono.

Ecco, è per loro che si dovrebbe votare. E invece, novanta volte su cento, chi chiede il voto per assenteisti, fancazzisti, gente che si è curata affari per cinque anni, giustificando l’assoluta invisibilità in aula col sempiterno “faccio politica tra la gente” (senza che mai poi questa politica diventasse un atto amministrativo, quindi trattasi di fuffa), lo chiede perché “è una brava persona”. Che è una di quelle frasi che dovrebbe fare diventare l’elettore una cattiva persona, di quelle molto inclini alla violenza, appena se la sente rivolgere.

Siccome per il meccanismo scatenato dalla legge elettorale per le amministrative è necessario un robusto effetto “trascinamento”, si sta cercando di imbastire più liste possibile. Solo che le liste vanno riempite. E le promesse fioccano, qualcuno abbocca e per chiudere le liste si stanno facendo i salti mortali. Che in genere si vedono al circo, come i pagliacci. Ecco, la similitudine è fatta.

Quindi sarebbe il caso che le riunioni definitive per la chiusura delle liste le si facesse lontano dal mobiletto degli alcoolici e senza eccedere con gli aperitivi, dato che davvero la situazione attuale sembra possedere una gradazione alcoolica pari a quella di un raduno di alpini. Se le cose stanno così, e non c’è niente all’orizzonte che faccia sperare il contrario e autorizzi all’ottimismo, ci aspettano due mesi (cinque anni, volendo essere realisti) molto, ma molto complicati. Ma mai complicati quanto lo saranno, su queste colonne, per chi vuole fare carne di porco di questa città derelitta.

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