MESSINA. È un pensionato di 70 anni, L.C., il responsabile dello spaventoso incendio che il 9 luglio dell’anno scorso ha devastato le colline tra l’Annunziata e San Michele, tenendo sotto scacco mezza città.

I carabinieri hanno eseguito nel capoluogo un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari su richiesta della Procura, guidata dal Procuratore Maurizio de Lucia, a carico dell’anziano ritenuto responsabile dei reati di incendio boschivo doloso aggravato e disastro ambientale aggravato. L’arresto nell’ambito dell’operazione denominata “Efesto”, condotta dai carabinieri del Nucleo informativo.

I carabinieri sono riusciti ad individuare il punto di innesco delle fiamme nella zona a monte del torrente San Michele, in località Pisciotto, su un cespuglio di rovi accanto alle pompe di sollevamento dell’acqua del Comune di Messina.

Si è scoperto che l’incendio aveva avuto origine all’interno di una proprietà privata e grazie a immagini di telecamere ed anche alle immagini satellitari visionate dagli investigatori ci si è concentrati sul proprietario. Lo studio accurato delle immagini di alcune telecamere di video sorveglianza, in sistema con l’esame dei tabulati di traffico telefonico delle celle di telefonia che servono la zona e del traffico prodotto dalle utenze in uso ai primi sospettati, ha consentito di restringere il campo di ricerca all’anziano.

Si è scoperto che il giorno prima l’incendio, aveva fatto dei lavori di scerbatura su dei roveti che infestavano i confini di un fondo di sua proprietà e che intorno alle 9.30 del 9 luglio 2017 aveva deciso di disfarsi delle erbacce appiccando il fuoco. A causa delle condizioni meteorologiche il fuoco è sfuggito al suo controllo tanto che l’anziano, spaventato, si è allontanato dal terreno senza richiedere l’intervento dei soccorsi.

L’incendio, alimentato dal forte vento di quel giorno e da temperature torride, si era esteso a dismisura fino a raggiungere le zone di Portella Castanea, Monte Ciccia ed a lambire le abitazioni sul versante dell’Annunziata ed il plesso universitario Papardo. Per spegnere le fiamme ci vollero due giorni, una lotta contro il fuoco che ha richiesto il coordinato intervento di Carabinieri, Polizia di Stato, Protezione Civile, Corpo Forestale, Vigili del Fuoco, con aerei Canadair è stata anche necessaria l’evacuazione del personale e degli animali presenti nel dipartimento di veterinaria della struttura universitaria. Due i fronti del fuoco: uno nel costone di Monte Ciccia e l’altro nella zona di Portella Castanea. Alla fine in fumo erano andati 550 ettari di terreno e tutto il demanio dell’Annunziata era stato distrutto. L’incendio ha provocato danni di diversa intensità tenuto conto dell’orografia del terreno e della vegetazione presente, posto che si poteva notare che, a fronte di aree interessate dalle fiamme in modo quasi omogeneo, ve ne erano altre meno compromesse.

Tale insieme di circostanze ha provocato, già dopo pochi mesi dall’incendio, un cambiamento nella successione, nella struttura e nella composizione della nuova vegetazione, oltre che un’alterazione della struttura della superficie del terreno dalla quale è scaturita una diminuzione della capacità di trattenimento dell’acqua piovana con i rischi facilmente immaginabili per la popolazione.

Il gip, concordando con le conclusioni cui era giunta la Procura della Repubblica, ha quindi ritenuto l’indagato responsabile dei reati di incendio boschivo aggravato in quanto il fuoco era suscettibile all’espansione su un’area boscosa, cespugliosa e arborata, oltre che su terreni coltivati e pascoli limitrofi a dette aree. L’attitudine del fuoco ad espandersi risulta comprovata dalla presenza del forte vento che ha influito in maniera significativa per dare forza all’incendio stesso ed ha reso difficile il compito del personale impegnato nelle operazioni di spegnimento. Il comportamento risulta, altresì, aggravato dal fatto che l’incendio era suscettibile di espandersi in aree abitate ovvero protette e perché ha cagionato un danno grave ed esteso.

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