MESSINA. Annunciata a grandi linee dal comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica di ieri, è arrivata puntuale l’ordinanza sindacale che di fatto mette una pietra tombale al divertimento notturno messinese, con relative conseguenze su locali, ristoranti e attività commerciali, già in grossa difficoltà per le misure di contenimento imposte durante il lockdown. Il motivo? Troppi assembramenti e la presunta “movida selvaggia” per le strade della città, in realtà parecchio vuote e desolate, a parte qualche rara eccezione (che potrebbe essere arginata con i necessari controlli).

A influire sulla scelta del coprifuoco, che impone regole proibizionistiche in linea con gli anni ’20 e ’30, fino al 30 giugno, sembrano essere stati anche due recenti eventi di cronaca (non citati comunque nel documento): la lite notturna di qualche notte fa (non una grossa novità in città) e il caso di una ragazzina di 12 anni che si è sentita male bevendo (sebbene la madre in parte abbia smentito), a causa degli omessi controlli da parte dei gestori di qualche pub.

Cosa prevede l’ordinanza? Ristoranti, bar, pizzerie, pub, gelaterie, chioschi, dovranno chiudere necessariamente all’una dal lunedì al giovedì, e all’1:30 venerdì sabato e domenica, con una tolleranza di mezz’ora per lo smontaggio degli arredi solo per gli esercizi di ristorazione.

Per tutti loro è vietata la vendita, sia al banco che per l’asporto, di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione a partire dalle 20, fatta eccezione, senza fornire ulteriori spiegazioni, per le medie e grandi strutture di vendita e di centri commerciali. I distributori automatici di bevande alcoliche dovranno essere fermati alle 19.

L’unica possibilità di farsi un drink dopo il tramonto, in pratica, è quella di farsi servire al tavolo ed ivi restare ad libitum, perchè una volta alzati non è più possibile ordinare un cocktail o una birra.

E non è possibile nemmeno portarsele da casa, o comprarle in un supermercato (che può venderle tranquillamente, al contrario di bar, ristoranti e pub): l’ordinanza prevede infatti il divieto di consumare bevande alcoliche su “aree pubbliche o private ad uso pubblico compresi i parchi, giardini, spiagge, arenili, torrenti, e ville aperte al pubblico”, ma anche lidi, a partire dalle 20.

Si fermerà anche la musica: stop a dj-set, concerti o anche solo alla diffusione entro l’1.00, e l’una e mezza nei fine settimana.

Il ragionamento alla base dell’ordinanza draconiana è questo: siccome “si sono verificati assembramenti di persone in violazione alle misure di prevenzione COVID-19 adottate a livello nazionale e regionale, sia in tema di rispetto di distanze di sicurezza, sia con riguardo all’uso dei dispositivi di protezione individuale, che nella maggior parte dei casi si sono determinati in prossimità degli esercizi nei quali è consentita la vendita da asporto di bevande alcoliche, con conseguente consumo in loco delle stesse, sia all’interno che all’esterno, e che l’obbligo allo sbicchieramento delle bevande non impedisce i fenomeni di assembramento che si sono verificati ugualmente”, allora “è emersa la necessità di adottare misure straordinarie”.

Già al momento dell’annuncio in tanti avevano manifestato il loro scontento (e talvolta sconcerto) per le misure imposte, evidenziando il rischio di possibili assembramenti all’interno dei locali, le possibili ripercussioni sul turismo (soprattutto giovanile) e conseguenze potenzialmente devastanti sull’economia dei locali. Perplessità anche sulla strategia del “proibizionismo” e del pugno di ferro, considerato come l’ultima toppa a una situazione che non si è saputa gestire in altri modi e che raramente in passato ha portato ai risultati sperati, rischiando al contrario di esasperare la situazione.

Messina non è l’unica città che sta attuando forti restrizioni alla “movida”: altrove, misure pressochè uguali sono state adottate da molti sindaci, pur non essendoci alcun motivo scientifico che correla orari di chiusura dei locali o tantomeno consumo di alcolici al pericolo di contagio da coronavirus.

 

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