MESSINA. La mozione l’hanno proposta all’aula Alessandro Russo, Nello Pergolizzi, Biagio Bonfiglio e  Massimo Rizzo di LiberaMe, ma a spiegare ai consiglieri quale sia lo stato dell’arte è stato Felice Calabrò:Il sindaco Cateno De Luca si trova in condizione di incompatibilità con l’altro ruolo che ricopre, quello di deputato regionale, e la sua situazione va avanti dal giorno successivo alla sua elezione a Palazzo Zanca. E potrebbe avere conseguenze.

La mozione, portata in aula ieri pomeriggio, non è stata discussa, ma Calabrò è comunque intervenuto, spiegando in termini di legge cosa sta succedendo. E cioè che la questione dell’incompatibilità di De Luca dovrebbe sollevarla la commissione Verifica poteri dell’Ars, che potrebbe dichiararlo decaduto da deputato regionale se solo riuscisse a riunirsi: problemi di incompatibilità che a loro volta ne hanno colpito i membri hanno impedito alla commissione di svolgere il suo ruolo, sollecitato già un mese fa dal deputato del Pd Franco De Domenico. La situazione potrebbe sbloccarsi con l’intervento del presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè e con una rimodulazione, ma non sono sicuri i tempi, e comunque se ne parlerebbe non prima di dicembre: per quella data, De Luca ha annunciato che sarà già dimesso in favore del primo dei non eletti, il suo “delfino” e successore nel ruolo di sindaco di Santa Teresa di Riva, Danilo Lo Giudice. Ma l’aveva già annunciato un paio di volte prima, quindi non si escludono sorprese.

Sul fronte della sindacatura, Felice Calabrò ha invocato due articoli del Tuel, il testo unico degli enti locali, il 69 ed il 70. Il primo (“Contestazione delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità“) specifica che quando si presenta ad un eletto una causa di incompatibilità, “il consiglio di cui l’interessato fa parte gliela contesta”. Calabrò ha attribuito questa facoltà al parlamento siciliano in cui De Luca continua a sedere. Cosa dovrebbe fare l’Ars? “L’amministratore locale”, quindi De Luca,” ha dieci giorni di tempo per formulare osservazioni o per eliminare le cause di ineleggibilità sopravvenute o di incompatibilità”. L’Ars, invece, entro i 10 giorni successivi alla scadenza del termine “delibera definitivamente e, ove ritenga sussistente la causa di ineleggibilità o di incompatibilità, invita l’amministratore a rimuoverla o ad esprimere, se del caso, la opzione per la carica che intende conservare. Qualora l’amministratore non vi provveda entro i successivi 10 giorni il consiglio lo dichiara decaduto. Contro la deliberazione adottata è ammesso ricorso giurisdizionale al tribunale competente per territorio”. In pratica, l’iter, iniziasse domani, si protrarrebbe per un mese: più o meno il tempo che De Luca si è nuopvamente dato per dimettersi dallo scranno palermitano.

Calabrò, però, ha illustrato un altro articolo del tuel, il 70, secondo il quale la decadenza dell’eletto può essere promossa in prima istanza da qualsiasi cittadino, il “quisque de populo“, ma anche dal Prefetto. In questo caso, la strada è lunga, anche diversi anni. Esattamente il caso in cui si è trovata Messina dal 2008 al 2012, periodo in cui Giuseppe Buzzanca è stato sia sindaco che deputato regionale, proprio come De Luca.

Lʼincompatibilità di Buzzanca nel doppio incarico da sindaco di Messina e deputato regionale (conquistati a maggio e giugno del 2008), è stata sancita dalla Corte costituzionale nel 2010. Un anno dopo, la Consulta si è pronunciata contro una legge, votata dallʼArs, secondo la quale pur in presenza di incompatibilità sancita per legge, sarebbero stati comunque necessari i tre gradi di giudizio di fronte ad un tribunale civile perchè la decadenza potesse colpire. Nella primavera del 2012, Buzzanca perse il ricorso che gli aveva opposto Antonio D’Aquino, primo dei non eletti a Palazzo dei Normanni, davanti al tribunale di Palermo.

La commissione di verifica dei poteri dellʼArs, che aveva il potere (ed i numeri) per scalzarlo dalla poltrona, aveva pilatescamente votato lo stop allʼiter di decadenza interno allʼAssemblea regionale siciliana proprio perchè pendente al tribunale di Palermo c’era il ricorso. Un ricorso era stato proposto anche a Messina, per farlo decadere da sindaco, dal quisque de populo Vincenzino Salimbeni, un comune cittadino senza alcuna carica politica o interesse specifico. In entrambi i casi, il patrocinatore era Antonio Catalioto, mentre il difensore di Buzzanca era Marcello Scurria, oggi uomo di fiducia di Cateno De Luca, e da lui messo alla presidenza della partecipata Arisme. Il ricorso di Salimbeni si è  arenato in Corte dʼappello (dopo il rinvio effettuato dalla Cassazione) per mancanza di interesse da parte del ricorrente (lo stesso Salimbeni).

In totale, perchè di Buzzanca fosse dichiarata la decadenza, la Corte Costituzionale si è pronunciata tre volte (aprile 2010, ottobre e novembre 2011), per il Tribunale di Messina e la Corte dʼAppello le cariche di sindaco e deputato non erano cumulabili, la Cassazione ha rinviato tutto in Corte dʼAppello, il tribunale di Palermo ha sancito la decadenza da parlamentare regionale e lʼArs lʼha votata in aula. Quattro anni. Due mesi dopo essere decaduto dall’Ars, Buzzanca si è dimesso da sindaco (facendola commissariare da Luigi Croce) per presentarsi di nuovo alle regionali del 2012. Una chicca. Ecco, in due  diversi video, come Buzzanca stesso racconta la vicenda.

 

 

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