MESSINA. L’equazione è semplice: “Il bilancio del comune di Messina è strutturalmente in coma“, spiega il sindaco Cateno De Luca nel dossier allegato alla relazione di inizio mandato. Quindi le manovre per salvarlo dovranno essere drastiche. E impopolari. E avranno un enorme impatto sul tessuto economico e sociale di Messina, il cui effetto non è ancora quantificabile con certezza. Perchè i numeri avranno conseguenze significative, dirette e indirette, su persone e famiglie, oltre che sui conti di Palazzo Zanca.

“Dal taglio dei costi correnti e dalla riqualificazione della spesa si potrebbero recuperare venti milioni all’anno“, scriveva De Luca nel suo programma elettorale, a maggio. Quando parla di manovra “lacrime e sangue”, quello che intende è questo. Misure di austerità che, rapportate alle condizioni economiche ma soprattutto sociali di Messina, faranno sembrare gli undici anni di Margaret Thatcher al governo del Regno Unito una passeggiata di salute. Esattamente come la “Lady di ferro”, sarà tagliata la spesa sociale improduttiva, e ci sarà spazio per le privatizzazioni. Magari senza la deregulation sfrenata, ma che i privati entreranno nella gestione dei servizi anche essenziali è pressochè garantito: per affiancare (o sostituire) MessinaServizi è certo, per l’Atm è probabile, come è emerso per la prima volta palesemente durante la seduta di consiglio di ieri.

Poi c’è la spesa “improduttiva”: un esempio che De Luca ama spesso portare è quello della pulizia di Palazzo Zanca, fino ad oggi affidata ad una ditta esterna con un appalto che il sindaco vuole cancellare, per affidarla a dipendenti del Comune, nell’ottica di una generale internalizzazione dei servizi comunali oggi appaltati a ditte esterne. Una razionalizzazione delle spese, che comporterà una inevitabile perdita di posti di lavoro, tra diretti e indotto. E questi non sono che “spiccioli”, in una città che si basa e si alimenta sulla ricchezza distribuita dal settore pubblico, in mancanza del quale va in crisi un intero sistema.

Poi ci sono i “colpi grossi”: dalle spese dell’Atm vanno tolti ogni anno cinque milioni di euro, non un centesimo in meno. E se a farne le spese sarà il tram è perchè, secondo i calcoli dell’amministrazione, è la voce che incide di più. Insieme a quella del personale. E infatti, gli interinali non sono stati riconfermati, e la gara per assumerli era stata bloccata.

I servizi sociali sono la terza voce di spesa di palazzo Zanca, dopo debiti fuori bilancio e stipendi dei dipendenti, impattano per oltre il 15% delle spese totali, costano più di 55 milioni di euro all’anno e incidono sulle tasche di ogni messinese per 226 euro. E sono spese che vanno tagliate. La Casa di Vincenzo? Costa ogni anno 250mila euro, e il Comune è disposto a spenderne solo cinquantamila. Di Casa Serena se ne parla per definire “drammatica” la sua situazione, “a fronte di una spesa di 135.817 euro al mese. Nutrita sforbiciata anche in questo settore.

Poi ci sono i rifiuti, la cui gestione è la quinta voce di spesa del bilancio: poco meno di 53 milioni, 14,55% delle spese totali e costo per ogni cittadino di 226,43%. E siccome i rifiuti sono uno di quei settori a costi “rigidi, non ammortizzabili, la soluzione dell’amministrazione è duplice: esuberi di personale (il 30%, aveva spiegato il sindaco appena insediato) e privatizzazione del servizio.

Quindi i servizi “a domanda individuale”, e cioè tutte quelle attività gestite dall’ente, utilizzate a richiesta dell’utente e che non siano state dichiarate gratuite per legge nazionale o regionale, per le quali gli enti locali strutturalmente deficitari sono tenuti a coprire i costi di gestione in misura non inferiore al 36%. Cosa che a Messina non accade, e che provoca un buco da poco meno di cinque milioni all’anno. I maggiori imputati? Gli impianti sportivi, che hanno copertura al 3,7% e lasciano da soli un buco da un milione e mezzo, e gli asili nido, copertura 8,37% e buco da mezzo milione, ma soprattutto le case di riposo e ricovero: copertura dello zero percento e buco da 1,8 milioni. Per tutti, o si taglia pesantemente, o si portano le tariffe a livelli che non generino perdite (quindi piuttosto salate).

Tutte misure che giovano al bilancio per raddrizzarne i conti, ma che potrebbero creare un problema sociale. Perchè a Messina il mercato del lavoro è stato sempre piuttosto sui generis, per quell’equivoco irrisolto, ma che in fin dei conti andava bene a tutti, per il quale la spesa pubblica improduttiva fungeva da ammortizzatore sociale.

E così nascevano dal nulla cooperative per la manutenzione del verde che avrebbe dovuto essere compito di una partecipata, l’Ato3, o si creavano coop che avevano nello statuto lo spalamento della neve, o si assumevano posteggiatori con i fondi che si sarebbero dovuti servire per gli investimenti tecnologici dell’Atm. Tutto questo mentre nelle partecipate per vent’anni si è proceduto ad assumere dipendenti senza un singolo concorso, e al Comune un terzo dei dipendenti attuali sono entrati allo stesso modo.

Il Comune non può dare posti di lavoro -scriveva De Luca nel suo programma elettorale – ma deve determinare le condizioni per fargli creare all’imprese. Il personale in servizio nel palazzo municipale nelle partecipate è sotto il profilo quantitativo più che sufficiente, basta renderlo produttivo, ricollocarlo, e chiudere con le stagioni dell’illegittimo arruolamento di risorse umane nel sistema delle partecipate”. Era tutto nero su bianco, già in tempi non sospetti. Resta da vedere se il consiglio comunale lo seguirà lungo questa strada.

 

 

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Stefano La Rosa
Stefano La Rosa
7 Ottobre 2018 20:53

Che se ne vada al più presto!
Ha già fatto troppi danni.

Nino Principato
Nino Principato
8 Ottobre 2018 12:39

Una volta, quando c’erano la SATS (Società Anonima Tranway Siciliani), ditta privata al posto dell’ATM che partecipata non è in quanto a carico del Comune e la SASPI, altra ditta privata per lo spazzamento e la raccolta dei rifiuti, le cose andavano più che bene. Debiti, stipendi ai lavoratori ed altri oneri erano a carico loro. E’ chiaro che unica strada da percorrere è la privatizzazione.